Le lezioni della storia

Gli ebrei hanno un diritto morale alla sovranità politica e hanno l’obbligo morale di proteggere i diritti delle minoranze

Editoriale del Jerusalem Post

Il disegno di legge attualmente in discussione sul carattere ebraico di Israele ha scatenato parecchie polemiche. I critici sostengono che il disegno di legge, che mira a incardinare nel diritto il fatto che lo stato di Israele è lo stato nazionale del popolo ebraico, vìola i diritti della minoranza araba all’interno del paese e compie un’ingiustizia dichiarando che la lingua araba gode di uno “status speciale”, anziché essere di fatto “lingua ufficiale” del paese insieme all’ebraico, una condizione mantenutasi dal periodo del Mandato Britannico senza che fosse sancita da una legge scritta.

I sostenitori sostengono che il disegno di legge non fa che ancorare nel diritto i peculiari elementi ebraici e israeliani dello stato senza danneggiare i diritti dei cittadini non ebrei.

Senza entrare nei dettagli della proposta legislativa, vi sono alcuni principi che a nostro parere devono essere affermati. E’ importante dichiarare in modo chiaro e inequivocabile che lo stato d’Israele è stato istituito in modo che il popolo ebraico potesse esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione nella propria patria storica. Allo stesso tempo, è essenziale che questo stato ebraico tenga fede a quanto proclamato nella sua Dichiarazione di Indipendenza in materia di salvaguardia dei “precetti di libertà, giustizia e pace insegnati dai profeti ebrei” e di tutela “della piena eguaglianza sociale e politica di tutti i suoi cittadini senza distinzione di razza, sesso o religione”.

Entrambi questi pilastri etici dello stato d’Israele derivano dall’esperienza storica. Da un lato, la storia ha dolorosamente insegnato al popolo ebraico che non può contare sulla benevolenza delle nazioni del mondo per proteggersi dall’oppressione e dall’odio violento. Il diritto a una sovranità ebraica è un imperativo etico che dovrebbe essere condiviso da tutta l’umanità.

D’altra parte, secoli di discriminazione culminati nella Shoà hanno insegnato al popolo ebraico quali sono i pericoli dell’intolleranza, del razzismo e dello sciovinismo religioso. Proprio come la Bibbia comanda agli ebrei di essere sensibili alla sofferenza dello straniero “perché foste stranieri in terra d’Egitto”, così anche gli ebrei contemporanei devono essere attenti alle esigenze e ai diritti delle minoranze che vivono in uno stato ebraico. Una democrazia robusta che sancisce nella legge i diritti fondamentali delle minoranze indipendentemente da “razza, sesso o religione” è la migliore garanzia contro i potenziali eccessi di uno stato esclusivamente ebraico.

Finché Israele mantiene una forte maggioranza ebraica, è perfettamente possibile bilanciare le due dimensioni, quella ebraica e quella democratica, dello stato di Israele. La considerevole minoranza araba non si identificherà mai completamente con i simboli nazionali dello stato d’Israele come la bandiera con la sua stella di David, l’inno nazionale che comprende un verso sull’”anelito dell’anima ebraica” e le festività nazionali che ricordano le vittorie dello stato ebraico, le tragedie della Shoà e le feste tradizionali della religione ebraica (d’altra parte lo stesso si potrebbe dire delle bandiere, degli inni e delle festività di diversi altri paesi democratici con minoranze interne).

Ancorare nella legge questi simboli, o la Legge del Ritorno che concede la cittadinanza automatica agli ebrei della Diaspora (una delle fondamentali ragion d’essere d’Israele), o la legge che tutela lo Shabbat come giorno di riposo, non è in contraddizione con il carattere democratico di Israele. La libertà di espressione, l’eguaglianza davanti alla legge, il diritto alla rappresentanza politica, alla libertà religiosa e a altri basilari principi democratici possono essere garantiti senza compromettere il carattere ebraico d’Israele.

Nonostante esista da quasi settant’anni, lo stato d’Israele non ha cambiato un dato di fatto della vita ebraica: gli ebrei non possono dare per scontato il loro diritto ad esistere. Agli israeliani piace pensare che la creazione stessa dello stato d’Israele abbia sanato l’ansia esistenziale degli ebrei.

Con il ritorno degli ebrei nella patria storica, pensano di essere diventati semplicemente una nazione tra le nazioni. Ma come scrisse Saul Bellow nel suo Gerusalemme, andata e ritorno (1976), “la ricerca di un sollievo dall’ansia è la vera realtà di Israele. Il nazionalismo non è una realtà paragonabile … Gli ebrei non sono diventati nazionalisti traendo forza da qualcosa che somigli al blut und eisen [sangue e ferro] germanico, ma perché erano i soli tra i popoli della terra a non vedere sancito un incontestato diritto naturale ad esistere nella terra dove sono nati”.

Una legislazione che cerca di ancorare nella legge il diritto del popolo ebraico a vivere nella terra dei propri padri non è che un ulteriore tentativo di normalizzazione, una ricerca di sollievo dall’ansia. Gli ebrei hanno il diritto morale alla propria sovranità politica e hanno l’obbligo morale di proteggere i diritti delle minoranze. Non solo questi due principi non si escludono a vicenda: essi derivano dalle stesse lezioni della storia.

(Da: Jerusalem Post, 10.5.17)

Vedi su Times of Isrel il testo (in inglese) del disegno di legge