Lennesimo pretesto

Rivendicazioni territoriali infondate per poter dire che loccupazione di Gaza non è finita.

image_883Il disaccordo fra moderati di destra e di sinistra, in Israele, verte sostanzialmente su una questione: esiste un confine che possa accontentare i palestinesi abbastanza da far sì che accettino di vivere in pace accanto a Israele? La sinistra crede di sì e continua a cercare questo punto magico. La destra pensa che sia un’impresa impossibile, che i palestinesi non saranno mai appagati e chiederanno sempre “qualcos’altro”…
In effetti, l’Autorità Palestinese non ha ancora assunto il controllo dei territori sgomberati da Israele nella striscia di Gaza e già chiede di più. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha fatto propria la teoria secondo cui Israele occuperebbe ancora delle terre palestinesi nella parte nord della striscia di Gaza. Quando per la prima volta, alcune settimane fa, questa rivendicazione venne avanzata dal ministro palestinese per gli affari civili Mohammed Dahlan al vice primo ministro Shimon Peres, gli israeliani ne furono sorpresi ma cercarono di ignorarla. Ora che ne parla Abu Mazen, la richiesta diventa la posizione ufficiale dell’Autorità Palestinese.
Non si tratta di un semplice esercizio di propaganda. Questa rivendicazione territoriale comporta delle conseguenze concrete: i palestinesi si rifiutano di discutere miglioramenti del valico di Erez fra striscia di Gaza e Israele sulla base dell’argomento che esso si troverebbe su “territorio occupato”. Un domani qualcuno porrebbe lanciare razzi o mortai sul moshav Nativ Ha’asarah, che sorge nell’area in questione, e sostenere che agisce nel quadro di una “giusta guerra di liberazione”.
(Qualcosa del genere avviene sul confine settentrionale dove, dopo il ritiro israeliano unilaterale sul confine internazionale nel 2000, i terroristi jihadisti Hezbollah e il governo di Beirut si rifiutano di chiudere il conflitto sostenendo che Israele occupa ancora le Fattorie Sheba, un fazzoletto di terra che, anche secondo l’Onu, non appartiene al Libano.)
Ecco come stanno in realtà le cose in base al lavoro fatto da Shaul Arieli, uno degli esperti che hanno contribuito alla stesura delle mappe per il cosiddetto accordo virtuale di Ginevra (2003). Le linee di cessate il fuoco del 1949 (alla fine della prima guerra arabo-israeliana), divenute le linee degli accordi armistiziali di Rodi fra Israele ed Egitto, erano leggermente diverse dai confini attuali della striscia di Gaza (rimasta allora sotto controllo egiziano). Tuttavia, un anno dopo l’armistizio di Rodi, veniva siglato un accordo di scambio in base al quale Israele otteneva l’area a nord della striscia di Gaza, dove sorgono Erez e Nativ Ha’asarah, e in cambio cedeva una porzione di terra più ampia nella parte orientale della striscia di Gaza. La linea armistiziale così modificata è quella che restò in vigore fino al 1967. È lungo questa linea che vennero schierati i soldati delle Nazioni Unite. È questa la linea che compariva nelle mappe degli Accordi di Oslo degli anni ’90, senza alcun reclamo da parte palestinese. È questa la linea che appare anche sulle mappe palestinesi ufficiali usate nei colloqui per l’accordo virtuale di Ginevra.
Ora Abu Mazen vuole tornare alle linee originarie del 1949, ignorando il fatto che tutti gli accordi di pace e tutte le decisioni dell’Onu hanno fatto riferimento alla situazione creata dal protocollo del 1950, e rimasta in vigore sul terreno fino al 1967, e non al testo degli accordi di Rodi del 1949. Per Abu Mazen, questo significa poter sostenere che l’occupazione israeliana a Gaza non è finita con il completamento del disimpegno.
Il primo ministro israeliano Ariel Sharon respinge la cosa, e ha proibito al ministro Haim Ramon di mandare a Dahlan una lettera contenete l’impegno a discutere in futuro questa rivendicazione palestinese in cambio del riavvio dei colloqui sui valichi di confine.
L’ostinazione palestinese su questa rivendicazione senza fondamento rafforza l’impressione che Israele non abbia di fronte un valido interlocutore di pace, che i palestinesi si comportino da eterni estorsori, che vogliano solo danneggiare Israele erodendo il suo territorio e la sua posizione internazionale.
Abu Mazen dice di voler tornare al tavolo dei negoziati per lo status definitivo, ma questo suo comportamento non fa che rafforzare i sostenitori delle soluzioni unilaterali, e dimostra che i palestinesi non hanno appreso nulla dalle conseguenze della loro intransigenza a Camp David.

(Aluf Benn su: YnetNews, 6.09.05)