L’esercito più legale del mondo

Per la prima volta le Forze di Difesa israeliane svelano il processo giuridico-decisionale che guida ogni operazione anti-terrorismo

Il tenente colonnello Eran Shamir-Borer, capo affari strategici del Divisione diritto internazionale dell'Avvocatura Generale delle Forze di Difesa israeliane

Il tenente colonnello Eran Shamir-Borer, capo affari strategici del Dipartimento diritto internazionale presso l’Avvocatura generale delle Forze di Difesa israeliane

Precise informazioni di intelligence, strette consultazioni con gli avvocati, rigorosi criteri per gli attacchi: un ufficiale dell’Avvocatura generale militare israeliana ha spiegato in un briefing, domenica scorsa, come hanno operato esattamente le Forze di Difesa israeliane durante l’operazione Margine Protettivo, i 50 giorni di conflitto della scorsa estate tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza, e come hanno risolto i dilemmi di fronte a ogni bersaglio dal momento che uno dei principali intenti era quello di evitare il più possibile danni ai civili. “Se un avvocato dice che un bersaglio non è legale, il comandante non può contestare la valutazione e non può ordinare l’attacco”, ha spiegato l’ufficiale.

Il briefing di domenica si è tenuto in concomitanza con la diffusione da parte del Ministero degli esteri israeliano di un approfondito rapporto governativo sulla guerra dell’estate scorsa che anticipa il rapporto della commissione del Consiglio Onu per i diritti umani, previsto per la fine del mese.

Durante il briefing è stato mostrato per la prima volta un documento top secret che documenta il processo messo in atto dalle Forze di Difesa israeliane quando si tratta di identificare il bersaglio di un’operazione. L’obiettivo in questione era l’abitazione di Ibrahim al-Shawaf, un importante membro del braccio armato della Jihad Islamica a Khan Younis. La casa serviva anche da centro di comando e controllo e da deposito di armi. Il documento descrive il processo decisionale prima dell’attacco all’edificio, compreso il parere degli avvocati delle Forze di Difesa israeliane che approvarono l’attacco, ma non prima d’aver posto una serie di condizioni. Il documento riporta l’esatta ubicazione della casa con tanto di coordinate, e informa su chi era presente nel bersaglio: il comandante militare, la sua famiglia e altri attivisti della Jihad Islamica.

Descrizione dell’obiettivo: parte di un complesso residenziale m 23 x 23, l’obiettivo è un edificio a un piano di metri 13 x 13.

Armi presenti nell’obiettivo: kalashnikov, tubi di metallo, attrezzature per la produzione di missili compresi i Grads.

Siti sensibili della zona dell’obiettivo: non vi sono siti sensibili in un raggio di 100 metri.

Metodo per colpire l’obiettivo: attacco di caccia per distruggere il deposito di armi evitando vittime civili.

Condizioni per l’esecuzione dell’operazione (stabilite dagli esperti legali delle Forze di difesa israeliane): osservazione e monitoraggio in tempo reale, attacco notturno, preavviso efficace mediante colpo d’avvertimento a salve o a basso impatto sul tetto dell’edificio per avvertire gli occupanti che è in arrivo un attacco vero e proprio.

Nome dell’ufficiale che dà l’autorizzazione: omissis

Alla fine l’attacco ebbe luogo e i filmati successivamente esaminati hanno mostrato esplosioni secondarie a conferma dell’informazione di intelligence secondo cui la casa era in effetti usata come deposito di armi.

Il tenente colonnello Eran Shamir-Borer, alto ufficiale del Dipartimento di diritto internazionale dell’Avvocatura generale militare, ha presentato il documento nella conferenza con i giornalisti sottolineando che questa è la prima volta che le Forze di Difesa israeliane espongono uno dei documenti della loro procedura decisionale durante le operazioni. “Questa procedura si basa sul diritto internazionale – ha spiegato Shamir – E lo scopo di tutte le parti coinvolte nel processo è quello di garantire il rispetto delle norme. Ci sono stati migliaia di obiettivi come questo nel corso dell’operazione Margine Protettivo. Abbiamo pianificato gli obiettivi sia prima che durante l’operazione, e sono stati inseriti nella banca-dati degli obiettivi. L’intelligence ci forniva le informazioni in base alle quali ci convincevamo che un certo obiettivo, sebbene si presentasse come un edificio civile, era in effetti un bersaglio legittimo. In questo caso l’abitazione era un deposito di armi ed era il luogo dove venivano operativamente pianificati attacchi contro Israele, il che la rendeva un obiettivo militare. L’intelligence ci forniva inoltre informazioni su quanto avveniva attorno all’obiettivo, permettendoci di rispettare il principio di distinzione (tra civili e militanti) e quindi di rispettare il principio di proporzionalità”.

Shamir ha spiegato che gli avvocati militari sono coinvolti sin dalle fasi iniziali della progettazione degli attacchi. “Il compito degli avvocati è quello di determinare se si tratta di un obiettivo militare, di preservare il principio della proporzionalità ed anche di partecipare alla presentazione di diversi scenari operativi. Nelle forze armate israeliane il parere del consulente legale fa la differenza. Se l’avvocato dice che un bersaglio non è legale o che lo scopo militare non lo giustifica, nessun comandante può contestarlo né ordinare l’attacco. In alcuni casi l’avvocato dice al comandante: puoi attaccare, ma a certe condizioni. Devi dare un effettivo preavviso agli abitanti dell’edificio, avvisarli telefonicamente, fargli sapere dell’attacco e dar loro il tempo di mettersi al sicuro. Nel caso dell’attacco a Khan Younis gli avvocati hanno approvato l’attacco con condizioni di questo genere, raccomandando di mantenere il monitoraggio visivo in tempo reale per monitorare la presenza di civili”.

Shamir ha poi fatto alcune considerazioni generali sulla guerra tra l’esercito israeliano e Hamas. “Si tratta di un conflitto con un nemico non-statale – ha spiegato – il che crea una asimmetria di fondo fra uno stato che rispetta il diritto di guerra e una o più organizzazioni terroristiche che non lo rispettano. Il campo di battaglia stesso è una zona civile. Abbiamo ottenuto una grande quantità di documenti che indicano come questa sia una precisa strategia di Hamas, che addestra i suoi combattenti ad agire sistematicamente all’interno della popolazione urbana. A Saja’iyya abbiamo trovato una guida su come combattere in un centro abitato che dava l’esplicita indicazione di attirare i soldati israeliani il più possibile nelle zone più densamente abitate da popolazione civile”.

Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, parla alla tv Al Aqsa dell’uso dei civili come scudi umani, facendo riferimento ad un episodio della notte dell’8 giugno 2014 quando le Forze di Difesa israeliane evitarono di causare vittime civili annullando un attacco aereo. Abu Zuhri incoraggia i palestinesi a Gaza a insistere con la pratica degli scudi umani per bloccare le operazioni anti-terrorismo israeliane.

Shamir ha ricordato che v’erano migliaia di siti nella striscia di Gaza che godevano di protezione completa, in parte grazie a un accordo con le Nazioni Unite. “Avevamo una mappa con migliaia di strutture sensibili colorate in arancione, in modo che tutte le nostre forze sapevano quali erano questi siti. Questa mappa veniva costantemente aggiornata. Instaurammo una prassi per cui due volte al giorno le Nazioni Unite ci fornivano le coordinate dei luoghi più sensibili e noi li passavamo alle unità sul campo. E’ la prima volta che viene divulgato questo particolare. Dieci minuti dopo che avevamo ricevuto le informazioni dalle Nazioni Unite, queste arrivavano alle nostre truppe sul campo”.

Shamir ha anche portato l’esempio di come i consulenti legali approvarono l’attacco su una scuola da cui venivano sparati colpi di mortaio. “In generale siamo stati attenti ad evitare di attaccare edifici scolastici, ma ci sono state delle eccezioni. Avevamo identificato un complesso, a Saja’iyya, che comprendeva alcune scuole compresa una delle Nazioni Unite, un ambulatorio e una moschea. Durante l’operazione, giorno dopo giorno venivano sparate da quel complesso decine di proiettili di mortaio contro Israele. Il 25 agosto, dopo che erano stati sparati undici colpi di mortaio, decidemmo di attaccare. Abbiamo dato istruzioni alle truppe su come effettuare l’attacco all’edificio scolastico, come preavvertire e come adottare misure categoriche per assicurarsi che non vi fossero civili all’interno. Alla fine i mortai sono stati attaccati, e non ci risulta che vi siano stati morti o feriti civili. Naturalmente “Hamas ha approfittato di questa situazione – ha aggiunto Shamir – diffondendo documenti che esortavano gli abitanti del quartiere a non dare ascolto agli avvertimenti dalla Forze di Difesa israeliane e a non allontanarsi. A coloro che sgomberavano veniva detto di tornare indietro. In alcuni casi Hamas ha espressamente impedito alla gente di andarsene”.

Le forze israeliane stanno per colpire un terrorista palestinese a Gaza, ma annullano l’operazione quando lo vedono rifugiarsi dentro un’ambulanza

Una delle questioni che ha scaldato l’opinione pubblica è il conteggio delle vittime nella striscia di Gaza, e quante di esse fossero civili. Shamir: “Hamas ha ordinato la rimozione di ogni simbolo militare dai corpi dei terroristi morti affinché non fossero considerati combattenti, e ha ordinato di creare deliberatamente confusione sul numero delle vittime. Le loro linee-guida prescrivevano esplicitamente di impedire la pubblicazione dei nomi dei combattenti uccisi e ci sono riusciti molto bene. Noi abbiamo istituito un team di ufficiali dell’intelligence che ha lavorato per nove mesi, raccogliendo materiale da svariate fonti allo scopo di determinare l’identità dei morti. In base alle informazioni che abbiamo raccolto, dei 2.125 morti non meno del 44% erano sicuramente combattenti armati, mentre il 36 % erano non-combattenti. Il rimanente 20% è composto da maschi di età compresa tra i 16 e i 50 anni il cui ruolo è ancora da determinare con certezza: alcuni verosimilmente erano armati, altri no”.

Chiaramente chi pretende di conoscere con esattezza identità e ruolo di ogni vittima, e di conoscerla già dalla scorsa estate, non fa che diffondere dati inattendibili.

“Sappiamo bene – ha continuato Shamir – che dichiarare un grande numero di vittime civili mira a dimostrare che Israele ha agito in maniera sproporzionata. Ma in quanto legali, sappiamo che questo non ha alcun valore giuridico. Il principio della proporzionalità sancito dal diritto di guerra non si applica ai numeri complessivi, bensì ad ogni singolo attacco preso separatamente: si deve determinare in ogni singola circostanza se il comandante ha dato o meno ordini esagerati in funzione della minaccia da fronteggiare. E’ così che viene misurato il principio di proporzionalità”.

Tra le informazioni fornite dal rapporto governativo israeliano vi è una tabella con tutti i siti sensibili nella striscia di Gaza che erano off limits per i soldati israeliani come ospedali, scuole, luoghi di culto e strutture delle Nazioni Unite. Il rapporto contiene anche varie foto aeree di quartieri di Gaza da dove vennero continuamente sparati razzi e mortai contro Israele. Ogni sito di lancio è contrassegnato da un pallino rosso, e ci sono foto in cui un intero quartiere è coperto di pallini rossi, come è il caso di Saja’iyya.

(Da: YnetNews, 15.6,15)

Il rapporto del governo israeliano ricorda che l’11 luglio 2014 il “ministero dell’interno” controllato da Hamas a Gaza diffuse sul suo sito web delle linee-guida in cui si leggeva, fra l’altro: “Chiunque sia ucciso o martire deve essere definito un civile della striscia di Gaza o di Palestina, prima di parlare del suo status nella jihad o del suo grado militare. Non dimenticate di aggiungere sempre civile innocente o cittadino innocente nel riferire degli uccisi in attacchi israeliani sulla striscia di Gaza. Non diffondete foto di capi militari, non citate i loro nomi in pubblico e non lodate i loro successi nelle conversazioni con amici stranieri”. (Da: Times of Irsael, 15.6.15)