LEuropa si sta svegliando?

Osservatori e diplomatici analizzano la recente distensione israelo-francese.

image_827Quando il presidente francese Jacques Chirac inonda Israele di elogi e complimeti, bisogna capire quali sono le sue intenzioni. L’intervista che ha concesso ad Ha’aretz alla vigilia della visita a Parigi del primo ministro israeliano Ariel Sharon conteneva espressioni eccezionalmente calorose. Osservatori e fonti ben informate offrono diverse interpretazioni per spiegare la recente ammirazione di Chirac per il sua “grande amico” Israele.

Rapporti bilaterali e processo di pace. Nel 2002 la Francia di Chirac ha deciso di separare le relazioni bilaterali dal processo di pace. Da allora, come dimostrano la visita di Sharon e le parole di Chirac, gli sviluppi concreti delle relazioni rispecchiano un significativo miglioramento che non si vedeva dai tempi della “luna di miele” israelo-francese terminata nel 1967: la cooperazione aumenta a livello politico, economico, culturale, degli affari civili e persino sul piano della sicurezza e dell’intelligence.
Questa cooperazione è diventata ancora più stretta in seguito agli sviluppi del processo di pace e con il desiderio di sostenere l’Ariel Sharon del disimpegno, per il successo del ritiro da Gaza e far sì che esso non rimanga l’ultimo ritiro.

Antisemitismo. Chirac, il primo presidente francese ad aver riconosciuto le responsabilità del paese per i crimini del regime di Vichy, ha deciso di sradicare la piaga dell’antisemitismo. Gli atti di Chirac, dicono diplomatici israeliani, vanno oltre quelli di tutti i suoi colleghi dell’Unione Europea. Il rapporto del ministero degli interni francese pubblicato lunedì scorso offre le prove del questa determinazione: nella prima metà del 2005 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente si è registrato un calo del 48% nel numero di incidenti a carattere antisemita (e un crollo del 67% degli incidenti antisemiti di tipo violento).

Terrorismo. “Nulla può giustificare il terrorismo”, ha dichiarato Chirac nell’intervista. Il presidente francese si rifiuta di considerare il terrorismo palestinese come un’attività legittima di un movimento di liberazione. Secondo gli analisti, Chirac ha indurito la propria posizione dopo gli attentati a Londra. “L’Europa si sta svegliando”, commenta una fonte israeliana.

Hamas. Mentre di recente diplomatici britannici hanno incontrato rappresentanti di Hamas, Chirac ha affermato che “Hamas è un’organizzazione terroristica che non può essere un interlocutore per la comunità internazionale”. Alcuni dicono che questa affermazione così inequivocabile abbia destato qualche sorpresa persino al Quai d’Orsay.

Medio Oriente. Il netto avvertimento lanciato da Chirac sul preoccupante programma nucleare iraniano e la possibilità di sanzioni internazionali contro l’Iran ha sorpreso Gerusalemme e si è fatta udire fino a Teheran. Per i francesi restano senza risposta gli interrogativi circa il reale peso del presidente iraniano appena eletto Mahmoud Ahmadinejad, e non possono più appendere tutte le loro speranze all’immagine di moderato di Mohammed Khatami. L’avvertimento di Chirac riflette la profonda preoccupazione francese per i mutamenti nella dirigenza iraniana.
La Francia ha anche giocato un ruolo importante negli ultimi sviluppi in Libano. Quando Chirac dice “La Siria deve evolvere e prendere in seria considerazioni l’atmosfera di cambiamento”, di fatto chiede che il presidente siriano Bashar Assad promuova democrazia, riforme, apertura e un ritiro completo dal Libano che permetta ai libanesi di governare il loro paese in totale indipendenza.

La visita di Sharon, è stato deciso, è una visita imperniata sulle intese, ma non mancano punti di disaccordo, alcuni piuttosto fondamentali.

Il pretesto del terrorismo. Anche se “nulla può giustificare il terrorismo”, Chirac – come il primo ministro britannico Tony Blair – lascia intendere che il conflitto mediorientale sarebbe uno dei fattori che alimentano il terrorismo. I francesi sono convinti che il giorno in cui vi sarà la pace fra israeliani e palestinesi, scomparirà uno dei principali pretesti del terrorismo.

Hezbollah. Chirac chiede di disarmare questa organizzazione, ma si rifiuta di includerla nell’elenco UE delle organizzazioni terroriste. Vede la politicizzazione di Hezbollah come la soluzione, e ritiene che ogni altra mossa minerebbe la stabilità del governo libanese.

Legittimità di Hamas. Dalle conversazioni in privato con i francesi si può dedurre che la ferma posizione di Chirac non è destinata a durare a lungo. L’ establishment di Hamas nei territori, e certamente la sua vittoria nelle elezioni parlamentari palestinesi, la riposizioneranno sulla falsariga attuale di Hezbollah.

I francesi sottolineano continuamente che per loro “esistenza e legittimità di Israele sono indispensabili”. Non v’è dubbio che essi puntino ad avere relazioni eccellenti con Israele, ma è altrettanto chiaro che la separazione fra miglioramento dei rapporti bilaterali e progressi nel processo di pace resta ancora artificiosa. Per loro, un ritorno alla “età dell’oro” degli anni prima del 1967 non è un’opzione. Non ora. Prima occorre che il processo di pace sia completato.
Nel frattempo Chirac vuole tirare fuori dall’armadio il miglioramento dei rapporti e mostrare a tutti quanto siano più vicine le posizioni di Francia e Israele sui temi del Medio Oriente. Sharon risponderà con lo stesso tono. I loro reciproci interessi sono più importanti, per Sharon, della sua naturale avversione per tutto ciò che “sa di Europa”.

(Adar Primor su Ha’aretz, 27.07.05)

Commenta un editoriale del Jerusalem Post: Lo si vedrà col tempo, ma può darsi che la Francia stia tardivamente comprendendo che alienarsi Israele e schierarsi in modo automatico sulla linea araba non ha migliorato affatto la sua posizione sulla scena mondiale. La sua politica tradizionale è forse arrivata al punto di ridurre i vantaggi in termini di conseguimento di quel prestigio e quell’influenza internazionali che la Francia da sempre persegue. Se la Francia vuole consolidarsi come un protagonista in Medio Oriente e come una potenza di cui tenere conto, non può permettersi di rimanere in tale attrito con gli interessi minimi ed essenziali di Israele. La comprensione di questo concetto potrebbe spiegare l’inclinazione di Parigi verso un certo grado di riavvicinamento ad Israele. Troppo spesso, quando si tratta del Medio Oriente e specialmente del contesto israelo-palestinese, Parigi ha interpretato il concetto di leadership nei termini di “opposizione agli Stati Uniti”. È un peccato giacché la Francia, con la sua particolare storia, i suoi legami e la sua credibilità nel mondo arabo, potrebbe veramente giocare un ruolo molto più rilevante se fosse sinceramente disposta, oggi, ad abbandonare il ruolo di profittatore per avviarsi su un cammino più costruttivo.

(Da: Jerusalem Post, 28.07.05)