Lezioncina di storia per il signor Khatib

Replica al leader arabo-israeliano per il quale questa terra è sempre stata araba

Da un articolo di Assaf Wohl

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La Stele di Merneptah (1208 a.e.v.), che menziona Israele

“Non abbiamo preso una terra straniera, ma una terra che appartiene ai nostri progenitori e che era stata occupata senza fatica. Quando ne abbiamo avuto l’opportunità, ci siamo ripresi la nostra terra”. Firmato: Simone Maccabeo. Oggi rivolto in particolare allo sceicco Kamal Khatib e ai suoi compari.
Intervenendo a una cerimonia del Movimento Islamico israeliano per commemorare la “Naqba” (la catastrofe rappresentata dalla nascita dello Stato di Israele), lei, signor Khatib, ha dichiarato: “Lo dico ai membri del popolo ebraico. Noi palestinesi siamo qui: siamo il passato, il presente e il futuro di questa terra”.
Giacché mi considero membro del popolo ebraico a cui lei si è rivolto, mi permetta di risponderle.
Qualcuno dovrebbe prendersi il disturbo di aggiornarla in materia, signor Khatib. Può darsi che lei riesca a spacciare la sua dubbia mercanzia dalle parti di Gaza o dei quartieri radical chic di Tel Aviv, ma non a chi abbia studiato storia per almeno quindici minuti. O forse si trattava di una specie di umorismo, visto che lei mi chiedeva di riconoscere il suo possesso storico su questa terra parlando proprio là dove sorgevano due fiorenti comunità ebraiche dell’era del Secondo Tempio, Kfar Kana (oggi Qana) e Zippori (Seffori).
Se vorrà visitare il Louvre, il British Museum, l’Oriental Institute di Chicago o qualunque altro luogo dove la storia parla coi documenti, probabilmente vedrà i reperti scuotere il capo sconsolati all’udire le sue parole. Ad esempio, potrebbe andare dai suoi fratelli in Egitto: sono certo che sarebbero lieti di mostrarle la Stele di Merneptah (chiamata anche Stele d’Israele) che risale al 1208 a.C. e commemora la guerra del sovrano egizio Merneptah contro le tribù d’Israele incontrate a Canaan. Capisce, signor Khatib? Più di tremila anni fa c’erano degli israeliti a Canaan. E non sono io a dirlo, bensì un nemico di Israele chiamato Merneptah. Per inciso, questo Merneptah sosteneva d’aver sterminato Israele. Ma, oggi, lui è quello che si ritrova in un museo, mentre noi stiamo giusto celebrando i sessant’anni della nostra ritrovata indipendenza.
Ma perché andare così lontano? All’Israel Museum di Gerusalemme, capitale dello stato sovrano d’Israele, può dare un’occhiata alla Stele di Tel Dan e leggere qualcosa circa la “Casa di Davide”. Sorprendentemente questa stele non è stata trovata in Lituania o in Polonia, bensì in Galilea; e anche in questa iscrizione un re, quello siriano di Aram, vanta vittorie sulla Giudea e su Israele. Si guardi intorno, signor Khatib: vede qualche arameo da queste parti?
Non lontano da lì, sempre a Gerusalemme, può trovare l’iscrizione di Shiloach (Siloam), lasciata dagli schiavi del re di Giudea Hezekiah (Ezechia). Come ogni altro israeliano, posso leggerla facilmente perché – meraviglia delle meraviglie – è scritta in ebraico. Già, Hezekiah ed io siamo legati dalla cultura, dalla religione, dalla lingua, nonostante i 2.700 anni che ci separano.
Sono fatti, signor Khatib, che non cambieranno. Quand’anche riduceste tutto il Monte del Tempio in macerie, non potrete trovare una sola iscrizione in arabo che risalga a prima del 638 d.C., anno della conquista islamica della Terra d’Israele. Sì, signor Khatib, conquista islamica. Non è un errore: 1.600 anni dopo che re Davide aveva regnato su Israele.
Dunque, signor Khatib, vada e apprenda da Merneptah e dal re di Aram; apprenda della sorte dei re assiri, dei dominatori romani, di Hitler e di quel suo fedele amico, il vostro mufti Amin al-Husseini: volevano tutti sterminarci; dia loro un’occhiata, e poi guardi noi.
Dunque la smetta. La smetta di spingere la sua gente al disastro. Dopotutto, cosa avete ottenuto di buono, finora, con tutto questo vostro sacro odio?

(a: YnetNews, 00.05.08)