L’imperdonabile colpa di Israele: saper difendere la propria popolazione

La passione dei mass-media per la conta dei morti (con le cifre diffuse da Hamas) promuove la cinica strategia degli “scudi umani” utilizzata dai terroristi

Razzi palestinesi intercettati dal sistema anti-missile israeliano sopra Ashkelon

Razzi palestinesi intercettati dal sistema anti-missile israeliano sopra Ashkelon

Ha scritto Raphael Ahren, su Times of Israel: «La verità è che il dato sul numero di vittime, e sulla percentuale di civili tra le vittime, proviene esclusivamente da fonti palestinesi. Israele pubblica il suo bilancio delle vittime, che risulta sempre nettamente inferiore a quello diffuso “in tempo reale” dalle fonti palestinesi, solo alcune settimane dopo la conclusione delle operazioni, e dopo attente verifiche. Nel frattempo, tutti hanno preso per buone le cifre palestinesi.

Anche nel caso dell’operazione “Margine protettivo” (ancora in corso), gli unici dati finora pubblicati provengono dal “ministero della sanità” di Gaza. Si tratta di un “ministero” gestito direttamente da Hamas, il che rende le sue cifre su morti e feriti più che inaffidabili, dice il maggiore Arye Shalicar dell’ufficio portavoce delle Forze di Difesa israeliane. “Hamas non si fa il minimo scrupolo a mentire spudoratamente – spiega – Sappiamo che è un’organizzazione terroristica che fa un uso cinico delle persone e dei numeri a scopo propagandistico. Non si può prendere per buono un solo dato pubblicato da Hamas”.

Eppure le cifre diffuse dal “ministero” di Hamas a Gaza vengono regolarmente fatte proprie, senza porsi il minimo dubbio, dalle stesse Nazioni Unite. “Secondo le prime informazioni, oltre il 77% dei morti sono civili”, si legge in un rapporto pubblicato martedì scorso dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Una volta ricevuto l’imprimatur di un organismo considerato autorevole e super partes, i numeri diffusi da Hamas diventano indiscutibili e vengono citati e riportati ovunque.

“Tutti questi reportage non valgono la carta su cui sono scritti – afferma senza mezzi termini Reuven Erlich, direttore del Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center – Sono quasi interamente basati su fonti palestinesi di Gaza, che hanno tutto l’interesse a gonfiare o falsare i dati per sostenere che Israele uccide molti civili”. Il suo Centro investe notevoli risorse nell’analisi del numero reale delle vittime, attenendosi quotidianamente alle informazioni attendibili e rinunciando a “etichettare” le vittime di identità o ruolo non ancora chiarito. Ma questi dati, provvisori perché seriamente controllati, evidentemente non sono ciò che piace ai mass-media.

15 novembre 2012 – Jihad Mishrawi con il corpo del figlio Omar (ucciso da un razzo palestinese fuori bersaglio)

“I dati del ministero della sanità di Gaza – spiega Erlich – sono molto generici, non spiegano chi viene considerato un miliziano, un terrorista o un civile. Per sapere quante delle vittime erano terroristi e quante erano civili bisogna fare un lavoro molto approfondito, controllare ogni singolo nome, e tale indagine richiede tempo mentre, purtroppo, la lista si allunga ogni giorno”. Fonti militari spiegano che in generale le autorità palestinesi qualificano come “civile” ogni morto che non indossava una divisa, anche se quella persona era coinvolta in attività terroristiche e dunque considerata dalle Forze di Difesa israeliane un obiettivo legittimo. Le forze israeliane conducono un’inchiesta su ogni notizia di vittime civili, ma i risultati veramente attendibili giungono solitamente diverse settimane dopo la fine delle ostilità, quando il resto del mondo, che si è precipitato a giudicare Israele sulla base di dati in buona parte non attendibili e non controllati, ha già rivolto la sua attenzione altrove.

Quanto sia difficile accertare il bilancio esatto delle vittime risulta evidente da un incidente accaduto durante l’operazione “Colonna di nube difensiva”, in cui restò ucciso il figlio neonato di un dipendente della BBC. Il 14 novembre 2012, Omar Jihad al-Mishrawi, di 11 mesi, morì in quello che venne descritto come un attacco aereo israeliano. La morte di Omar, figlio del giornalista della BBC in arabo Jihad al-Mishrawi, suscitò molto scalpore nei mass-media, scatenando un’ulteriore ondata di accuse e di odio verso Israele. Le immagini del padre in lacrime con il cadavere del bambino fra le braccia fecero il giro per il mondo. Solo mesi dopo, un rapporto delle Nazioni Unite assolveva Israele dall’accusa indicando che il bambino era stato colpito dalle schegge di un razzo lanciato dai palestinesi verso Israele, ma caduto fuori bersaglio.

“Il nostro lavoro – spiega Yarden Vatikai, direttore della Direzione Nazionale Informazioni presso l’ufficio del primo ministro israeliano – si concentra piuttosto sui metodi di Hamas, che sono l’unica ragione per cui ci sono vittime civili, e sul nostro metodo, che è quello di fare di tutto per evitare vittime civili. I numeri contano, ma è semplicemente impossibile stabilire un bilancio delle vittime attendibile e indipendente mentre le ostilità sono in corso. Le persone che diffondono questo genere di notizie non sono interessate alle cifre reali. Hanno già deciso la loro versione dei fatti, e se vogliono attaccare Israele lo faranno a prescindere dal numero reale delle vittime”.» (Da: Times of Israel, 16.7.14)

 

Alan Dershowitz, autore di questo articolo

Ha scritto Alan Dershowitz, sul Jerusalem Post: «I mass-media adorano la conta dei cadaveri su ciascun versante di un conflitto. È molto più facile contare che spiegare. E Hamas lo sa. Ecco perché utilizza quella che è ormai nota coma “la strategia del bambino morto”.

Sin da quando Israele ha lasciato la striscia di Gaza nell’estate 2005, la strategia di Hamas è stata sempre la stessa. E la risposta dei mass-media è rimasta sempre la stessa. E Hamas continuerà a utilizzare questa strategia, che provoca molti morti fra i civili palestinesi, finché i mass-media continueranno a tenere il suo sconsiderato conteggio dei corpi.

Funziona così. Hamas spara deliberatamente i suoi razzi da aree civili densamente popolate, usando come rampe di lancio ospedali, centri per disabili, moschee e scuole. Questo mette Israele nella tragica scelta fra permettere che i razzi vengano lanciati, mettendo in pericolo la sua popolazione civile, o distruggere le rampe di lancio rischiando di provocare vittime civili tra gli “scudi umani” usati da Hamas. Spesso Israele sceglie di rinunciare ad attaccare obiettivi militari per non mettere a repentaglio i civili palestinesi. A volte invece non ha scelta, perché il fuoco dei razzi contro i suoi civili è martellante. Allora accade che dei civili palestinesi restino feriti o uccisi, nonostante gli sforzi fatti da Israele, proprio perché Hamas vuole che dei civili restino uccisi, soprattutto se bambini, donne e anziani. Hamas è pronta a far sfilare questi scudi umani davanti ai mass-media bramosi di mostrare morti e contare corpi.

8 luglio 2014 - Civili palestinesi riuniti come “scudi umani” sopra e davanti alla casa a Khan Yunis usata come centro di comando da Odeh Kaware, a capo terrorista delle Brigate Izz al-Din al-Qassam (Hamas) – dopo che le Forze di Difesa israeliane avevano avvertito che l’avrebbero colpita

8 luglio 2014, Khan Yunis (striscia di Gaza) – Civili palestinesi riuniti come “scudi umani” sopra e davanti la casa usata come centro di comando da Odeh Kaware, un capo terrorista delle Brigate Izz al-Din al-Qassam (Hamas) – dopo che le Forze di Difesa israeliane avevano avvertito che l’avrebbero colpita

Hamas potrebbe facilmente ridurre in modo drastico il bilancio di morti e feriti fra i civili semplicemente permettendo loro di scendere nelle gallerie e nei rifugi che abbondano in tutta la striscia di Gaza (come fanno gli israeliani dall’altra parte). Ma Hamas impedisce sistematicamente ai civili di entrare nelle gallerie e nei rifugi, che restano riservati ai suoi “combattenti” e comandanti (che fanno tesoro, loro sì, dei pre-avvertimenti dati dalle Forze di Difesa israeliane). Se Hamas ribaltasse questa sua politica e permettesse ai civili l’ingresso nei rifugi, esigendo che ne restassero fuori i combattenti, il rapporto tra vittime civili e vittime combattenti cambierebbe drammaticamente.

Ecco perché nelle guerre tra Hamas e Israele ci sono sempre più vittime civili palestinesi che vittime civili israeliane. Fa parte della “strategia del bambino morto” di Hamas. E funziona, perché i mass-media la favoriscono.

I mass-media continuano a sottolineare il fatto che non vi sono, o quasi, israeliani uccisi dai razzi di Hamas. In pratica, è come se mass-media e organizzazioni internazionali condannassero Israele per il fatto che protegge (efficacemente) la vita dei propri cittadini. La ragione per cui non ci sono praticamente morti israeliani è che Israele spende centinaia di milioni di dollari nello sforzo di proteggere i propri civili, mentre Hamas impiega le sue risorse esponendo deliberatamente i suoi civili ai contrattacchi israeliani.Israele ha costruito rifugi in tutto il paese e ha speso una fortuna per il sistema anti-missile “Cupola di ferro”. I risultati sono impressionanti, anche se molti israeliani patiscono traumi, shock e le inevitabili conseguenze a lungo termine – psicologiche, sociali, economiche – di una popolazione costantemente esposta al lancio di razzi.

Quante volte avete sentito o letto il conteggi dei morti? Di solito è accompagnato dall’accusa a Israele di violare il principio della “proporzionalità”. Ma si tratta di un uso distorto del termine, che nel diritto internazionale ha un significato preciso. Secondo il diritto internazionale, una nazione ha il diritto di attaccare obiettivi militari ostili. Punto. Non importa se i razzi provenienti da questi nemici non sono ancora riusciti nel loro intento di far strage di civili. In termini di diritto internazionale, non ci può essere alcun dubbio che le rampe lanciarazzi e i combattenti che le impiegano sono legittimi obiettivi militari. Israele ha quindi il diritto di attaccare questi obiettivi ostili, purché cerchi di farlo causando meno vittime civili possibile. Cosa che Israele fa con i volantini, le telefonate e altri metodi di preavvertimento. Mentre i capi di Hamas ingiungono ai propri civili di restare dove sono a fare da scudi umani.

La proporzionalità della controffensiva non è data dal numero di civili uccisi dai razzi di Hamas, ma dalla minaccia che quei razzi comportano per la popolazione civile israeliana. Minaccia che è stata limitata, ma non eliminata, dai sistemi di difesa passiva (rifugi), dal sistema anti-missile “Cupola di ferro” e dalla controffensiva delle forze israeliane.

Insistere, come fanno molti mass-media, con la conta dei morti senza spiegare come stanno le cose, fa il gioco di Hamas e non fa che incoraggiare questa organizzazione terroristica a insistere con la sua “strategia del bambino morto”. Ecco perché tanti mass-media, ong e opinionisti dovrebbero farsi un serio esame di coscienza.» (Da: Jerusalem Post, 15.7.14)

 

Video. Le Forze di Difesa israeliane lanciano volantini con scritto: “Da questa area vengono sparati razzi contro lo stato di Israele. Per la vostra sicurezza vi viene richiesto di lasciare immediatamente le vostre case e spostarvi verso la città di Gaza entro le ore… del giorno… L’esercito israeliano non vuole fare del male a voi né alle vostre famiglie. Sgomberate la zona per salvaguardare le vostre vite. Chi non osserva queste istruzioni mette in pericolo la vita sua e della sua famiglia”.

 

L’esercito siriano avrebbe qualcosa da imparare dall’esercito israeliano in fatto di moralità nella guerra urbana e salvaguardia delle vite dei civili. Lo ha detto in tv questa settimana Faisal al-Qassem, conduttore di un popolare programma di news su Al-Jazeera. La puntata era centrata sulle tattiche militari del presidente Bashar Assad nella guerra civile in corso in Siria. “Perché non imparano dall’esercito israeliano, che cerca con grandi sforzi di evitare di bombardare aree popolate da civili in Libano e Palestina? – si è chiesto Faisal al-Qassem – Forse che Hezbollah non si è rifugiato nelle aree popolate da civili perché sa che l’aviazione israeliana non bombarda quelle zone? Perché l’esercito siriano non rispetta gli edifici delle università, le scuole e i quartieri abitati? Perché bombardano persino le zone dei loro sostenitori se solo vi entra qualche ribelle? Non hanno mai sentito parlare di principi e di morale della guerra urbana? Forse che i siriani non hanno bersagliato molte aree civili nonostante il fatto che non vi era presente nessun combattente? L’esercito israeliano, dovendo disperdere una manifestazione, avrebbe usato cannoni ad acqua e proiettili di gomma, non i razzi e i barili esplosivi come accade oggi ad Aleppo”. (Da: Jerusalem Post, 15.7.14)