Lincubo dellartigliere israeliano

La tragedia è sempre possibile finché i palestinesi lanciano i Qassam da zone abitate

Da un articolo di Steve Linde

image_1428Riuscite a immaginarvi come devono sentirsi, in questo momento, i soldati che hanno sparato mercoledì mattina quei colpi d’artiglieria su Beit Hanun? Avendo prestato servizio per anni nell’artiglieria delle Forze di Difesa israeliane, posso solo dire che questo è esattamente l’incubo di ogni artigliere: uccidere per errore donne e bambini innocenti.
In risposta ai missili Qassam palestinesi lanciati sul sud di Israele dopo il ritiro, lunedì, delle truppe israeliane da Beit Hanun (striscia di Gaza settentrionale), agli artiglieri è stato dato ordine di “fare fuoco verso le fonti”, cioè verso i punti da cui venivano lanciati i Qassam. Ed è quello che hanno fatto, sparando una dozzina di proiettili. Ma si sa che la tragedia può sempre arrivare finché i palestinesi che lanciano i Qassam contro Israele lo fanno da zone densamente abitate, senza neanche sapere bene dove i loro colpi andranno a cadere né quali danni o vittime causeranno.
È una roulette russa. I terroristi palestinesi che sparano contro obiettivi civili israeliani ad Ashkelon, Sderot, villaggi e kibbutz del Negev occidentale sanno benissimo che le Forze di Difesa israeliane possono e devono reagire, e che lo fanno rapidamente e con determinazione. I sofisticati pezzi d’artiglieria israeliani, oggi computerizzati, sono in effetti in grado di colpire obiettivi precisi a molti chilometri di distanza. Ma quando i nostri artiglieri ricevono l’ordine di rispondere al fuoco dei lanciatori di Qassam, sanno bene che il risultato può sempre essere la tragedia.
Dopo i 19 palestinesi uccisi mercoledì a Beit Hanun, il ministro della difesa Amir Peretz ha immediatamente disposto la sospensione di tutti i tiri d’artiglieria. Aveva dato un ordine analogo nel luglio scorso quando forze aeree israeliane avevano colpito un edificio a Kafr Kana in cui trovarono la morte 28 libanesi (anche se le prime versioni davano un numero di vittime più che doppio). Sia Hamas che Hezbollah si sono affrettati a denunciare il “massacro”, e mercoledì il portavoce di Hamas a ribadito che Israele non ha diritto di esistere.
C’è una differenza fondamentale tra i combattenti di Hamas e Hezbollah, da una parte, e quelli di Israele dall’altra. Hamas e Hezbollah mirano intenzionalmente e deliberatamente a obiettivi civili, augurandosi di provocare il massimo possibile di vittime e danni (e infatti, quando ci riescono, festeggiano). Gli israeliani no. Gli artiglieri israeliani che mercoledì hanno tirato su Beit Hanun non si auguravano affatto di colpire civili. Miravano ai terroristi.
Un reporter della CNN ha chiesto a Miri Eisin, portavoce del primo ministro, se non ritenesse che Israele sta usando “una mazza per rompere una noce”. Eisin, come ogni altro portavoce israeliano, ha risposto esternando il profondo rincrescimento per il “tragico errore”. E giustamente.
Ma la comunità internazionale cosa si aspetta che faccia Israele se viene bersagliato letteralmente ogni giorno da missili rudimentali? Deve ignorarli? Deve sparare a sua volta missili rudimentali sulle città palestinesi? Usare la sua artiglieria a casaccio?
Che si fermino i Qassam e cesseranno i tiri dell’artiglieria israeliana.
Ora, naturalmente, l’esercito farà la sua indagine e ne trarrà le dovute conclusioni, che verranno insegnate alle future generazioni di artiglieri. Ma la lezione di fondo è sempre la stessa: la guerra è un gioco maledettamente pericoloso, e una volta che si inizia a sparare con missili e cannoni, vi sarà della gente colpita e non sempre quella che si voleva colpire. Questi sono i fatti, nudi e crudi, e nessuno in Israele si sente bene per questo.

(Da: Jerusalem Post, 8.11.06)