L’inutile mediatore americano

Kerry chiede a Israele le solite concessioni rischiose, per un negoziato che non porterà da nessuna parte.

Di Hagai Segal

image_3778Persino il New York Times ha espresso sconcerto nel constatare la quantità di tempo e di energie che il segretario di stato americano John Kerry sta investendo nel tentativo di organizzare un incontro tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). L’Egitto è in fiamme, la Siria sta seppellendo morti a decine di migliaia, ma Kerry vuole a tutti i costi portare la pace “nella tranquillissima Tel Aviv”, come scrive l’autorevole quotidiano americano. “Il conflitto israelo-palestinese – dice l’editoriale – un tempo simbolo forte e fonte di risentimento nel mondo arabo, è ormai un fatto quasi marginale in un Medio Oriente consumato da conflitti settari e miseria economica. Eppure il signor Kerry, sostenuto da Barack Obama, crede ancora che valga la pena affannarsi su questo tema”.
Nei pochi mesi da quando è entrato in carica, il segretario di stato americano ha visitato la regione più volte di quante l’avesse fatto il suo predecessore Hillary Clinton durante tutto il suo mandato. Il che può avere a che fare con problemi nella programmazione dell’agenda personale di Kerry, ma la frequenza di queste sue visite fa pensare piuttosto a un serio problema a livello di amministrazione federale. La grande quantità di energia che Kerry sta investendo nel tentativo di vincere le sfide di Sisifo qui, fra israeliani e palestinesi, sta mettendo francamente in ridicolo la politica estera americana. Gli Stati Uniti non riescono a fare la pace fra arabi e arabi e però credono di poter fare la pace tra israeliani e palestinesi. Washington ha ripetutamente e clamorosamente fallito nell’afferrare cosa stesse accadendo in Egitto e in Siria, ma pensa di poter capire perfettamente quello che accadrà a Gerusalemme e a Ramallah.
Dobbiamo pensare che John Kerry abbia molto più talento di tutti i mediatori americani che lo hanno preceduto? Non credo proprio. Egli ha anzi rivelato la sua ignoranza in questioni mediorientali quando, da senatore anziano, volle ad ogni costo riammettere Bashar al-Assad nella famiglia delle nazioni, e per due volte andò a incontrare il dittatore siriano a Damasco subissandolo di complimenti.
Tutta l’abilità da mediatore di Kerry si limita al fatto di esercitare le solite pressioni su Israele perché faccia concessioni arrischiate come prezzo da pagare per far ripartire dei negoziati che non porteranno da nessuna parte. Gli manca la capacità intellettuale e diplomatica per pensare fuori dagli schemi e concepire un accordo permanente che sia in grado di soddisfare entrambe le parti. In realtà non fa che riproporre ciecamente una visione irrealizzabile, e la sua propria candidatura al Premio Nobel per la Pace.
Se dovesse accadere un miracolo e Kerry riuscisse a creare uno stato palestinese, questo si trasformerebbe ben presto in una nuova Siria o, nel migliore dei casi, in un nuovo Egitto. È ciò che è già successo nella striscia di Gaza dopo che gli israeliani si sono ritirati con l’incoraggiamento degli Stati Uniti. E senza dubbio accadrà anche a Ramallah.
Vista la velocità con cui precipitano gli eventi della “primavera araba”, non è affatto detto che Kerry riesca a ottenere il suo ambito premio prima che la “primavera araba” raggiunga la Palestina.

(Da: YnetNews, 7.7.13)

Nella foto in alto: il segretario di stato Usa, John Kerry