Lo scossone politico in Israele

Vi saranno tre principali formazioni politiche, assai meglio definite: a sinistra, a destra e al centro

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_975Scrive Ha’aretz: L’addio di Sharon al Likud, che sia stato per ragioni personali o ideologiche, costituisce un evento costruttivo nella storia della politica israeliana. È stato il ritiro dalla striscia di Gaza che ha innescato l’attuale scossone politico, il cui effetto cumulativo è impossibile esagerare. Dopo lo sgombero degli insediamenti da Gush Katif e dalla Cisgiordania settentrionale la scorsa estate – ad opera di un primo ministro del Likud, in modo unilaterale e senza alcun contraccambio diplomatica immediato – non era più possibile fingere che Uzi Landau e Tzipi Livni, due “cavalli di razza” del Likud dai modi assai schietti che si sono nettamente separati, potessero continuare a stare insieme nello stesso partito. Dopo anni di dinieghi, un considerevole numero di membri del Likud è giunto alla conclusione che non c’è futuro per gli insediamenti nel cuore della popolazione palestinese, e che l’occupazione deve presto finire. (…) Il Likud nella sua forma attuale è arrivato al capolinea, e tutto ciò che ne resta è il marchio e la demagogia, entrambi probabilmente meglio rappresentanti da Binyamin Netanyahu. (…) Quale che sarà l’equilibrio di forze fra i partiti dopo le elezioni, sembra possibile affermare fin d’ora che vi sarà uno sconvolgimento che rifletterà i le aspirazioni dell’opinione pubblica, e che il campo dei moderati si guadagnerà la maggioranza dei voti.

Scrive il Jerusalem Post: Ora vi saranno tre principali formazioni politiche, ciascuna assai meglio definita ideologicamente di quanto non fossero i due precedenti partiti laburista e Likud fino a poche settimane fa. Grazie all’elezione del neo leader laburista Amir Peretz a, e nonostante la sua recentissima infarinatura di centro su questioni diplomatiche, il partito laburista sarà chiaramente identificato con la sinistra, innanzitutto in economia ma anche in politica estera. Dall’altra parte, il Likud si installerà chiaramente a destra, con il compito principale, ai propri stessi occhi, di bloccare eventuali futuri ritiri unilaterali. Sharon, infine, correrà al centro, rinnovando il suo impegno verso la Road Map, ma anche con dei precedenti da unilateralista che si differenziano assai sia dall’approccio “negoziati senza condizioni” della sinistra, sia dall’approccio “neanche un centimetro di terra” della destra.

Scrive Yediot Aharonot che il primo ministro Ariel Sharon aveva preso la decisone già mesi fa, tanto che il suo discorso del mese scorso all’Assemblea Generale dell’Onu era una vera e propria dichiarazione di divorzio dal Likud e dalla sua ideologia. Secondo Yediot Aharonot, Binyamin Netanyahu da tempo aspettava e si preparava a subentrare alla testa di un Likud senza Sharon, Shimon Peres è destinato a restare dietro ad Amir Peretz se Sharon non lo accoglierà nel nuovo partito, Ehud Barak potrebbe ancora entrare nel nuovo partito, il leader dello Shas (religiosi sefarditi) Eli Yishai è tutto contento per la spaccatura del Lilud, il leader dello Shinui (laici) Yosef Lapid potrebbe perdere voti a vantaggio della nuova formazione di centro, mentre il ministro della difesa Shaul Mofaz non potrà restare a lungo dentro un Likud più falco e più a destra.

(Da: Ha’aretz, Jerusalem Post, Yediot Aharonot, 22.11.05)

Nella figura in alto: Sondaggio Yedioth Ahronoth del 22 novembre: se si votasse adesso, il partito di Sharon otterrebbe 33 seggi, i laburisti 26 seggi, il Likud 12 seggi.