Ma quanto vale la firma su un pezzo di carta?

Lo schiaffo alla sovranità dell'Ucraina sarà un duro colpo al valore degli impegni presi dall’America e dall’Occidente

Di Boaz Bismuth

Boaz Bismuth, autore di questo articolo

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Quella ucraina è senza dubbio la crisi più grande che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si sia trovato ad affrontare da quando è entrato alla Casa Bianca. Ed è anche un test per il presidente russo Vladimir Putin.Quello che è in gioco non è soltanto una crisi sugli interessi della Russia e le sue preoccupazioni per la popolazione russa in Ucraina. Il dispiegarsi degli eventi è sicuramente destinato ad avere conseguenze dirette sul sogno di un moderno zar di ricreare l’impero russo, ma la vicenda ucraina mette sul tappeto anche un’altra questione importante: quanto vale un pezzo di carta firmato?

Nel 1921 venne firmato un trattato tra la Francia e la Polonia. Quando la Germania nazista invase la Polonia, nel settembre 1939, gli Alleati non ebbero altra scelta che dichiarare guerra alla Germania. C’era un accordo e doveva essere onorato. Ma le cose non vanno sempre in questo modo e anzi da allora si è verificato un grave deterioramento del valore che hanno accordi, alleanze, trattati e documenti internazionali in generale.

La vecchia generazione dell’ex Vietnam del Sud potrebbe ricordare una pagina cruciale di questo sviluppo. Il 27 gennaio 1973 veniva firmato l’accordo di pace di Parigi. A parte stabilire il cessate il fuoco, il trattato avrebbe dovuto portare la pace nel Vietnam. In forza di quel trattato, gli Stati Uniti dovettero ritirarsi dal Vietnam del Sud mentre il Vietnam del Nord comunista avrebbe dovuto fornire solo beni di prima necessità ai comunisti nel Vietnam del sud. Quello che invece accadde è che nel 1974 il Vietnam del Nord rilanciò il suo attacco al Sud, annullando di fatto il trattato di Parigi. Al precipitare della situazione il governo di Saigon implorò l’aiuto degli Stati Uniti, ma l’allora presidente Gerald Ford ignorò l’appello e il 30 aprile del 1975 i carri armati nordvietnamiti entrarono nel centro di Saigon come se il trattato di Parigi non fosse mai esistito.

Ma ancor prima della Polonia, naturalmente, c’era già stato il precedente di Monaco ‘38 quando la Cecoslovacchia venne più o meno costretta a fare i conti con il fatto che i suoi alleati Francia e Gran Bretagna avevano firmato un accordo con la Germania (appoggiata dall’Italia) con il quale avevano ceduto una parte del territorio ceco a popolazione di lingua tedesca. Tutti ricordiamo quanto sia valso quel trattato e, peggio, come i” buoni” capitolarono nell’illusione di poter preservare la pace.

Si dovrebbero anche ricordare le garanzie internazionali che Israele aveva ottenuto dopo la crisi di Suez del ‘56, in seguito alle quali aveva sgomberato il Sinai in cambio di una forza di interposizione Onu e dell’assicurazione da parte dalle potenze occidentali di mantenere libero il passaggio vitale attraverso gli stretti di Tiran: tutto cancellato dieci anni dopo, nel maggio ’67, con un solo cenno del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser. Nelle tre interminabili settimane che precedettero la guerra del ‘67, il presidente Usa Lyndon Johnson cercò di raccogliere un convoglio di navi di diversi paesi che spezzasse il blocco degli stretti di Tiran: il tentativo fallì miseramente, lasciando solo Israele, di fronte alla minaccia dell’incombente attacco da parte di tutti i paesi arabi confinanti. Fu precisamente questo che aprì la strada alla guerra dei Sei Giorni, con le cui conseguenze si fanno i conti ancora oggi, compresa la radicata diffidenza israeliana verso garanzie e truppe internazionali. NdR

Vi veda anche: I giorni che precedettero i sei giorni

Nel 1994 Ucraina, Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno firmato il Memorandum di Budapest. Sarà interessante vedere ora se Gran Bretagna e Stati Uniti si comporteranno da alleati a fianco dell’Ucraina o se agiranno come fece Washington quando abbandonò il Vietnam negli ani ’70. Quel che è certo è che, oggi, accordi e trattati non dicono granché. Gli interessi delle nazioni cambiano, come cambiano le loro priorità e la loro capacità di battersi. Vi è un consenso generale, in Occidente, contro l’intervento militare per conto di altre nazioni. La gente in Occidente si commuove nel vedere la genuina protesta nelle piazze piene di folle che inneggiano alla libertà e alla democrazia, ma è molto meno entusiasta quando si tratta di mettere in campo il proprio peso economico o militare per sostenere quella causa.

Putin conosce bene il valore attuale dei pezzi di carta e dei sentimenti popolari, motivo per cui è pronto ad assumersi il rischio e a prendere il controllo della penisola di Crimea. Mentre nei paesi occidentali si parla dell’elevato rischio di guerra, Putin, come già fece in Georgia nel 2008, non crede che quei paesi accorreranno davvero a difendere la causa. Questa è la ragione per cui si permette di adunare le forze senza dire nulla alla stampa. Nella crisi ucraina la Russia agisce come un militare, l’Europa come un diplomatico.

5 dicembre 1994: la firma del Memorandum di Budapest. Da sinistra, Boris Yeltsin (Russia), Bill Clinton (Usa), Leonid Kuchma (Ucraina) e John Major (Regno Unito)

5 dicembre 1994: la firma del Memorandum di Budapest. Da sinistra, Boris Yeltsin (Russia), Bill Clinton (Usa), Leonid Kuchma (Ucraina) e John Major (Regno Unito)

Obama deve ancora dimostrare d’essere un presidente che lascerà un segno. La sua ondivaga gestione delle crisi in Siria e Iran non gli garantiscono questo lascito. Ma in Ucraina, sulla base del Memorandum firmato a Budapest, potrebbe prendere il comando e cancellare l’onta della campagna di Libia del 2011, quando gli Stati Uniti vennero trascinati in battaglia al seguito di Francia e Gran Bretagna.

Sarebbe un bel guaio, per chi sta dalla parte degli Stati Uniti, se l’unica risposta alla violazione russa della sovranità dell’Ucraina fosse un boicottaggio del vertice G8 in giugno a Sochi. Ma l’Occidente e Obama hanno molti affari con i russi – al di sopra di Iran, Siria e Corea del Nord – che li spingono a non farsi coinvolgere. In un’epoca in cui l’Occidente non vuole combattere, non gli importa granché lasciare che i russi combattano per proprio conto.

E il Memorandum di Budapest? Varrà ben poco, se l’Occidente continuerà a fare la tigre di carta. Ma lo schiaffo alla sovranità dell’Ucraina sarà un duro colpo per il valore che ha la firma dell’America e dell’Occidente.

(Da: Israel HaYom, 3.3.14)