Meglio lasciar perdere la “sovranità divina”

I luoghi santi di Gerusalemme non possono essere governati dalle religioni

Da un articolo di Shlomo Avineri

image_1831La questione di Gerusalemme è senza dubbio uno dei nodi più ardui da sciogliere per arrivare a un accordo fra israeliani e palestinesi. Fra le varie idee che emergono in vista del summit del prossimo novembre è ricomparsa anche quella di togliere al cosiddetto “bacino sacro” di Gerusalemme [la città vecchia e i luoghi santi circostanti come il Monte Scopus, il Monte degli Ulivi, Silwan] qualunque sovranità, israeliana o palestinese, per lasciarne la supervisione a rappresentanti delle tre religioni monoteiste. La sovranità, così si dice, verrebbe lasciata “nelle mani del Signore”.
Si possono comprendere le fatiche di coloro che sono alla ricerca di una soluzione per Gerusalemme. Tuttavia va detto che questa proposta, per quanto suggestiva, non risolverebbe affatto il problema. E il motivo principale sta nel fatto che, almeno a partire dalla Pace di Westfalia del 1648, il sistema internazionale si regge sul principio della sovranità territoriale. Tale principio non solo pone la suprema autorità su un territorio nelle mani di una singola entità – uno stato sovrano –, ma attribuisce anche a quell’entità sovrana la responsabilità di far rispettare l’autorità in quel territorio, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Non è per caso se nessun conflitto territoriale o internazionale sia mai stato risolto conferendo la sovranità a vaghe entità sovranazionali, o lasciando la questione tout-court non definita. Ovunque sia stato tentato, questo esperimento è fallito. Nessuna regione abitata è priva di un’autorità sovrana, giacché la questione della sovranità è quella che risponde alla domanda fondamentale su chi sia legalmente autorizzato a usare la forza.
Innanzitutto bisogna capire che la “sovranità divina” non può essere concretamente applicata. L’Onnipotente sarà anche signore e sovrano di tutto il creato, ma finora non ha mai istituito efficienti forze militari o di polizia in grado di far rispettare la sua autorità sulla terra.
In secondo luogo, nessuna delle tre religioni monoteiste è dotata di un singolo organismo legalmente autorizzato a parlare a nome di tutti gli aderenti. Non esiste nessun rappresentante autorizzato per i cristiani di tutto il mondo. Il Vaticano rappresenta solo i cattolici, e non si può certo presumere che le chiese ortodosse e protestanti accetterebbero di essere rappresentante dal Vaticano, o che riuscirebbero a dotarsi di un rappresentante unico. Chiunque voglia vedere come i cristiani “gestiscono” qualcosa congiuntamente non deve far altro che visitare la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Solo la polizia (oggi quella israeliana, in precedenza quella giordana, britannica e ottomana) ha evitato che generazioni di cristiani cattolici, ortodossi, copti ed etiopi si bastonassero letteralmente a vicenda.
Lo stesso vale a maggior ragione per l’islam: in un periodo che vede sciiti e sunniti massacrarsi a vicenda in Iraq, coi sunniti che fanno saltare in aria le sacre moschee di Karbala e Samarra e viceversa, è assai difficile immaginare un unico organismo pan-islamico che sia in grado di assumersi la responsabilità di rappresentarli tutti.
E non occorre neanche aggiungere che anche l’ebraismo non può vantare nessun ente internazionale accettato da tutte le sue correnti. È noto che il Rabbino Capo, un’istituzione israeliana, non rappresenta affatto tutti gli ebrei.
E poi si sa che alcuni dei maggiori ostacoli alla pace vengono proprio da gruppi estremisti religiosi. Mettere il luogo religioso più delicato della terra nelle loro mani sarebbe una sicura ricetta per il disastro.
Qualunque soluzione al problema Gerusalemme deve essere in grado di rispondere senza ambiguità a una serie di domande concrete come ad esempio: chi impedirà ad estremisti ebrei di fare irruzione sulla spianata del Tempio? Chi disperderà i musulmani che riprovassero a lanciare pietre sulle teste degli ebrei in preghiera al Muro Occidentale? Chi impedirà a cristiani di diverse denominazioni di prendersi a randellate al Santo Sepolcro?
I luoghi santi di Gerusalemme hanno senz’altro bisogno di una soluzione creativa, ma hanno comunque bisogno dei essere posti sotto il controllo di qualcuno che sia capace di far rispettare gli accordi. Vi sono infinite possibilità di controllo congiunto israelo-palestinese (magari con elementi giordani o sauditi). In ogni caso, mettere la cosa nelle mani di entità religiose non significherebbe risolvere, ma anzi esacerbare il problema.

(Da: Ha’aretz, 12.09.07)