Nessun falso allarme: l’Iran e il precedente iracheno

Sbaglia chi pensa che l’Iraq sia più pericoloso oggi che ai tempi di Saddam, e che l’ISIS sia frutto dell’intervento Usa

Di Omer Dostri

Omer Dostri, autore di questo articolo

Omer Dostri, autore di questo articolo

Il tentativo di dipingere la minaccia iraniana come un argomento da campagna elettorale non è una novità. Anche in Israele non mancano ex funzionari della sicurezza che si guadagnano i riflettori della ribalta sostenendo che la minaccia iraniana è esagerata e che viene utilizzata per tornaconto politico personale.

In questo periodo alcuni mass-media cercano di riscrivere la storia minimizzando la minaccia che incombeva su Israele ai tempi in cui in Iraq comandava Saddam Hussein, e presentando la realtà geopolitica sotto il dominio del partito Baath di Saddam come se fosse stata meglio, per Israele, della realtà attuale: un modo obliquo per sostenere che farsi coinvolgere nel confronto con l’Iran significherebbe ripetere un errore del passato che avrebbe probabilmente un impatto negativo sulla sicurezza di Israele. Ma questa deduzione, e le conseguenti asserzioni, non regge alla prova della realtà e della storia.

Il partito Baath cercò di mettere le mani su armi di distruzione di massa, in particolare armi nucleari, sin dal suo primo giorno al potere. Negli anni ‘70 Saddam affermò che, disponendo Israele di armi nucleari, l’Iraq non avrebbe potuto attaccarlo liberamente e per questo intendeva dotarsi di quel tipo di armi e utilizzarle per “annegare il nemico in un fiume di sangue”.

Saddam Hussein (sinistra) con Jacques Chirac durante la vista a un reattore francese nel 1975

Saddam Hussein (a sinistra) con l’allora primo ministro francese Jacques Chirac (a destra) durante una visita a un reattore francese nel 1975

Il primo tentativo di Saddam Hussein di acquisire armi nucleari venne sventato nel 1981, quando Israele bombardò il reattore nucleare di Osirak ed effettuò una serie di altre operazioni volte a bloccare i progressi dell’Iraq verso la bomba atomica. Alcuni mesi dopo il raid su Osirak, l’Iraq si rivolse alla Francia per l’acquisto di un altro reattore, ma le varie sanzioni imposte all’Iraq durante la guerra Iraq-Iran rendevano la cosa complicata.

Avendo incontrato tante difficoltà nel cercare di ottenere assistenza in Occidente, Saddam decide di sviluppare in Iraq un programma segreto di arricchimento dell’uranio. Questo nuovo programma, con i suoi numerosi impianti, venne sviluppato in complessi sotterranei sparsi per tutto il paese, cosa che richiese un budget quindici volte superiore a quello del reattore di Osirak. Tra il 1981 e il 1987 gli sforzi nucleari dell’Iraq restarono incentrati sulla ricerca. Solo tra il 1987 e il 1990 passarono alla fase operativa per lo sviluppo concreto delle armi. Questo secondo programma nucleare venne fermato dall’entrata in Iraq delle forze della coalizione internazionale intervenuta nella prima Guerra del Golfo dopo l’invasione del Kuwait.

Nel 1998, l’allora presidente americano Bill Clinton ordinò il lancio dell’operazione Desert Fox: quattro giorni di bombardamenti con aerei e missili contro obiettivi iracheni come reazione al rifiuto dell’Iraq di rispettare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che imponeva l’ingresso di ispettori americani incaricati di assicurarsi che l’Iraq non stesse sviluppando armi di massa distruzione. L’obiettivo dichiarato dell’operazione era quello di ridurre le capacità del regime iracheno di produrre, immagazzinare e utilizzare tali armi. L’operazione Desert Fox aprì la strada alla seconda guerra del Golfo e all’invasione americana dell’Iraq, durante la presidenza di George W. Bush, che portarono alla caduta di Saddam Hussein.

Le rovine del reattore iracheno di Osirak, fotografate nel 2002

Le rovine del reattore iracheno di Osirak, fotografate nel 2002

L’affermazione che l’Iraq sia oggi più pericoloso di allora e che il gruppo jihadista “Stato Islamico” (ISIS) si sia sviluppato come diretta conseguenza dell’invasione americana dell’Iraq è semplicemente sbagliata. Oggi l’Iraq non ha né la volontà né la capacità di produrre armi di distruzione di massa. In particolare, il paese non costituisce più una minaccia diretta per i suoi vicini e nemmeno per Israele. Questo cambiamento fondamentale permette a Israele di investire le proprie risorse in aree più pertinenti e instabili. Lo “Stato Islamico” (ISIS), poi, è il risultato di molti e svariati fattori, per lo più regionali, e non rappresenta necessariamente una diretta reazione al coinvolgimento americano. Può darsi che il gruppo non si sarebbe mai formato, anche dopo la conclusione dell’occupazione americana, se gli Stati Uniti avessero agito più saggiamente. Non è irragionevole pensare che, se le forze Usa in Iraq fossero rimaste più a lungo rafforzando il governo centrale iracheno invece di andarsene in anticipo abbandonando il paese, si sarebbe potuta contrastare efficacemente l’ascesa dello “Stato Islamico”. Se gli Stati Uniti si fossero adoperati per introdurre e consolidare uno standard americano/occidentale in fatto di coinvolgimento civile nel governo centrale iracheno, aprendo la strada a una migliore rappresentanza della popolazione irachena, questo avrebbe potuto prevenire la conflittualità settaria che imperversa oggi fra gli sciiti al governo, sponsorizzati dall’Iran, e i sunniti che sono stati brutalmente oppressi dopo la caduta di Saddam: uno dei fattori che contribuirono alla nascita dello “Stato Islamico”.

A posteriori, l’appello di Israele a fermare l’Iraq e il successivo intervento degli Stati Uniti è servito a disinnescare una minaccia molto grave per Israele e per la regione. Quando si parla di Iran non lo si dovrebbe scordare: Teheran deve essere indotta a rinunciare alle sue ambizioni nucleari. Ad ogni costo.

(Da: Israel HaYom, 19.2.15)