Netanyahu: Ancora una volta Abu Mazen dimostra che sono i palestinesi quelli che non vogliono la pace

Il primo ministro israeliano ha anche commentato la decisione di lasciare l’Unesco e l’annuncio che la Danimarca taglierà fondi a ong palestinesi compromesse con il terrorismo

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu all’apertura della riunione settimane del suo governo, domenica mattina

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha dimostrato di non essere interessato a trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu domenica mattina commentando la dichiarazione in cui Abu Mazen ha detto che non accetterà nessun piano di pace proposto dagli Stati Uniti.

Aprendo la riunione settimanale del governo, Netanyahu ha sottolineato come Abu Mazen, nella conferenza stampa di venerdì scorso con il presidente francese Emmanuel Macron, abbia messo in chiaro che “sta abbandonando a tutti gli effetti il processo diplomatico” e che “non è interessato a nessuna proposta di pace eventualmente avanzata dagli Stati Uniti”. Secondo Netanyahu, “questo rivela ancora una volta qualcosa di molto semplice e chiaro: quelli che non vogliono una soluzione del conflitto sono i palestinesi”.

Venerdì scorso Abu Mazen si è scagliato contro l’iniziativa di pace americana (ancora in preparazione) dicendo espressamente che i palestinesi non accetteranno nessun piano approntato dagli americani a causa della decisione del presidente Usa Donald Trump di riconoscere che la capitale d’Israele è a Gerusalemme. Anche in una lettera natalizia rivolta ai cristiani Abu Mazen ha scritto testualmente che i palestinesi “non accetteranno nessun piano dagli Stati Uniti”. Subito dopo la dichiarazione di Trump su Gerusalemme, Abu Mazen aveva affermato che i palestinesi non avrebbero più accettato gli Stati Uniti come mediatori dei negoziati (a cui peraltro da anni i palestinesi stessi si rifiutano di partecipare) e che si sarebbero rifiutati di incontrare qualunque inviato della Casa Bianca.

Oltre a commentare le parole di Abu Mazen, domenica mattina Netanyahu ha fatto anche riferimento alla strategia di sicurezza nazionale recentemente illustrata da Trump. “Gli Stati Uniti hanno detto qualcos’altro di molto importante – ha osservato Netanyahu – Hanno detto che la radice del conflitto generale in Medio Oriente non sta in Israele ma in Iran, nell’islam estremista e nel terrorismo da essi ispirato. Tutte queste sono le vere ragioni, che sono sotto gli occhi di tutti. Chiunque sia in grado di guardare ai fatti con chiarezza e onestà non può negarle”.

Agosto 2017. Abbas Zaki, membro del Comitato centrale di Fatah e Commissario di Fatah per le relazioni con arabi e cinesi, ritratto durante una visita al campo estivo Al-Asifa di Fatah, con un gruppo di ragazze che innalzano l’immagine della terrorista stragista Dalal Mughrabi

Netanyhau ha poi preso in esame l’imminente decisione d’Israele di lasciare entro la fine del 2018 l’Unesco, l’agenzia Onu per la cultura. “Penso che sia la cosa giusta da fare – ha detto il primo ministro israeliano – a causa dell’atteggiamento prevenuto, unilaterale e assurdo di questa organizzazione nei nostri confronti, e sullo sfondo della forte posizione presa dagli Stati Uniti all’Onu, che accogliamo con favore”.

Netanyahu ha inoltre commentato con favore la decisione presa dalla Danimarca di rendere più severi i criteri in base ai quali fornisce assistenza finanziaria alle ong palestinesi: una decisione che Copenaghen non è la prima e non sarà l’ultima ad adottare, ha detto il primo ministro israeliano.

Venerdì scorso, il ministero degli esteri danese Anders Samuelsen ha annunciato che, in seguito a un’indagine approfondita, verranno tagliati i fondi a parecchie ong palestinesi e verrà applicato un processo di controllo più rigoroso sul trasferimento di fondi alle altre ong palestinesi. “È importante poter confidare nel fatto che l’assistenza danese venga usata per gli scopi giusti”, ha spiegato Samuelsen. La Danimarca aveva avviato una revisione delle sue pratiche lo scorso maggio, dopo un incontro in cui Netanyahu aveva consegnato a Samuelsen un elenco dettagliato di organizzazioni che ricevono fondi danesi e che Israele accusa d’essere sostenitrici del terrorismo o legate alla campagna di boicottaggio contro lo stato ebraico. L’indagine danese era stata ulteriormente spronata dalla decisione delle Nazioni Unite, a fine maggio, di ritirare il loro sostegno a un centro femminile dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania intitolato alla nota terrorista Dalal Mughrabi, protagonista del massacro della strada costiera del 1978 costato la vita a 38 civili israeliani, fra cui 13 bambini. “La glorificazione del terrorismo o degli autori di atroci atti terroristici è inaccettabile in qualsiasi circostanza – si leggeva nella nota del Segretario Generale Antonio Guterres – Le Nazioni Unite hanno ripetutamente chiesto la fine dell’istigazione alla violenza e all’odio mentre, che costituiscono uno degli ostacoli alla pace”. A sua volta, la mossa delle Nazioni Unite arrivava pochi giorni dopo che il ministro degli esteri norvegese Borge Brende aveva condannato l’Autorità Palestinese per aver intitolato il centro in onore di Dalal Mughrabi e aveva chiesto che il nome della Norvegia fosse rimosso dall’edificio e i fondi donati per la sua costruzione venissero restituiti.

Netanyahu ha detto domenica d’aver esortato altri paesi europei e occidentali ad adottare una posizione analoga e “smettere di sostenere organizzazioni che appoggiano il terrorismo e promuovono il boicottaggio di Israele”.

(Da: Jerusalem Pos, Ha’aretz, Times of Israel, Israel HaYom, 24.12.17)