Netanyahu: Siamo pronti a parlare di confini

"E’ chiaro che in qualunque accordo di pace vi saranno aree che rimarranno sotto controllo israeliano e aree sotto controllo palestinese”. Netto rifiuto palestinese

La rappresentante della politica estera dell’Unione Europea Federica Mogherini e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo scorso 20 maggio a Gerusalemme

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto la scorsa settimana all’alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, che Israele è pronto a riprendere i negoziati con i palestinesi e a definire i confini dei maggiori blocchi di insediamenti in Cisgiordania destinati a restare israeliani nel quadro del futuro accordo di pace. Lo ha riferito martedì il quotidiano Ha’aretz, citando una fonte anonima.

Secondo il reportage, Netanyahu ha manifestato la volontà di arrivare a un’intesa con i palestinesi che comporterebbe concessioni territoriali israeliane in Cisgiordania. L’intesa comporterebbe allo stesso tempo l’annessione dei maggiori blocchi di insediamenti, situati per lo più a ridosso dell’ex-linea armistiziale che fu in vigore fra Israele e Giordania nel periodo 1949-1967.

Secondo la fonte citata da Ha’aretz, Netanyahu intende arrivare all’individuazione di confini chiari che consentano a Israele di portare avanti le attività edilizie ebraiche all’interno dei principali blocchi di insediamenti senza suscitare ogni volta le ire della comunità internazionale.

All’incontro a porte chiuse tenutosi a Gerusalemme tra Netanyahu e Mogherini hanno preso parte il consigliere della sicurezza nazionale Yossi Cohen e il consulente di Netanyahu Yitzhak Molcho, mentre ne sono rimasti esclusi l’inviato d’Israele presso l’Unione Europea David Waltzer e altri rappresentanti del Ministero degli esteri israeliano.

Mogherini è stata in Israele la scorsa settimana per una visita di due giorni volta a rilanciare i colloqui di pace e, oltre a Netanyahu, ha incontrato il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e altri funzionari di alto livello in Israele e Cisgiordania.

Mogherini era apparsa “molto soddisfatta” del suo incontro con Netanyahu che avrebbe definito un successo, scrive sempre Ha’aretz citando fonti anonime ben informate, benché non sapesse dire quanto la posizione espressa da Netanyahu costituisse un effettivo piano d’azione oppure solo una dichiarazione volta a tranquillizzare i rappresentanti europei. “Sono interessata a vedere misure sul terreno a sostegno delle vostre parole e dell’impegno per la soluzione due stati per due popoli” avrebbe detto Mogherini, stando alla fonte di Ha’aretz.

La mappa (ricostruita da Ha’aretz) della proposta di pace di Ehud Olmert rifiutata dai palestinesi nel 2008: sono riconoscibili i “maggiori blocchi di insediamenti” e lo scambio di terre proposto da Israele che avrebbe consentito già allora la nascita dello stato palestinese (cliccare per ingrandire)

“E’ chiaro – avrebbe aggiunto Netanyahu – che ci sono aree che rimarranno sotto il controllo israeliano nell’ambito di qualunque accordo di pace, così come è chiaro che ci sono aree che rimarranno sotto il controllo palestinese nell’ambito di qualunque accordo di pace”. Pertanto, avrebbe detto il primo ministro israeliano, deve esserci un’intesa che permetta a Israele di costruire nelle aree destinate a restare sotto il suo controllo nell’ambito del futuro accordo con i palestinesi.

Tali dichiarazioni, se confermate, suonano come un’ulteriore smentita del significato che era stato attribuito a una frase pronunciata da Netanyahu in un’intervista durante la scorsa campagna elettorale circa la concreta possibilità, date le attuali circostanze in Medio Oriente, di arrivare a uno stato palestinese durante il suo quarto mandato. Letta come una sconfessione della soluzione a due stati, quella frase è stata aspramente e ripetutamente denunciata dall’Unione Europea e dall’amministrazione americana, oltre che dall’opposizione israeliana.

Le parole attribuite oggi da Ha’aretz a Netanyahu hanno suscitato critiche da parte degli esponenti del partito di Naftali Bennett, Bayit Yehudi, contrario alla soluzione a due stati. “Se corrispondono al vero – ha detto il ministro di Bayit Yehudi, Uri Ariel – costituiscono un’offerta pericolosa e senza precedenti”.

Ha invece appoggiato la posizione di Netanyahu Gilad Erdan (Likud), nominato lunedì scorso ministro della sicurezza pubblica e degli affari strategici, il quale ha comunque aggiunto che i negoziati coi palestinesi potranno riprendere solo quando cesseranno gli attacchi diplomatici unilaterali dell’Autorità Palestinese contro Israele. “Se mai ci sarà un autentico interlocutore per la pace da parte palestinese che sia davvero disposto a porre fine al conflitto – ha detto martedì Erdan a Israel Radio – allora ci saranno concessioni territoriali da parte nostra. Il primo ministro sta dicendo che siamo pronti a sederci al tavolo delle trattative dove i palestinesi avanzeranno le loro richieste territoriali. Anche noi abbiamo le nostre richieste, le nostre rivendicazioni e i nostri diritti da far valere in relazione alla Terra d’Israele. Ma prima di tutto aspettiamo di vederli tornare al tavolo del negoziato, e aspettiamo di vedere Mogherini che trattiene Abu Mazen dal perseguire azioni unilaterali ostili contro lo stato di Israele in ambito internazionale e riesce a riportarlo al tavolo delle trattative dirette”.

Immediata la risposta negativa dell’Autorità Palestinese, che martedì per bocca del portavoce Nabil Abu Rudeineh ha respinto le aperture attribuite a Netanyahu e ha ribadito le condizioni poste dai palestinesi per la ripresa dei negoziati diretti: cessazione di tutte le attività edilizie ebraiche al di là della ex linea armistiziale del ’67 senza eccezioni, riconoscimento della ex linea armistiziale del ’67 come confine e di Gerusalemme come futura capitale dello stato palestinese, scarcerazione dei terroristi palestinesi processati e condannati prima dell’avvio del processo di Oslo. “Nulla di ciò che riguarda le questioni dello status finale può essere segmentato o rinviato”, ha detto Abu Rudeineh in un comunicato pubblicato dall’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa. “Proponendo di delineare gli insediamenti – ha dichiarato martedì il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat – Netanyahu punta a legittimarli, cosa che noi rifiutiamo senza mezzi termini”. L’esponente palestinese Hanan Ashrawi ha definito la proposta attribuita a Netanyahu “un esercizio di malafede e di manipolazione politica” aggiungendo: “Tutti gli insediamenti sono illegali e ogni tentativo di legalizzare e annettere blocchi di insediamenti equivale a un tentativo di rubare terra palestinese”.

Per tutto il processo di pace Israele ha sempre negoziato sulla base dell’assunto che la ex linea armistiziale del periodo ’49-’67 sarebbe stata modificata nell’accordo finale con l’inclusione in Israele di alcuni maggiori blocchi di insediamenti in cambio di equivalenti aree di terra destinate a far parte dello stato palestinese.

(Da: Times of Israel, 26.5.15)

Sulla linea del ’49-’67 si veda: “Confini del ’67: un errore storico, un ostacolo politico, un nonsenso logico” e “Per una corretta lettura della risoluzione Onu 242” in: Lo status quo tranquillamente sostenibile e quello insopportabile

Si veda anche:
Insediamenti – quando sono nati e perché, cosa dicono gli accordi di pace, quale il loro futuro
Una questione di confini?