Non accenna a spegnersi il mito di Saddam nel mondo arabo

Una società che venera dittatori sanguinari difficilmente potrà far pace con le democrazie

di David Keyes

image_2606Saddam Hussein uccise più arabi e musulmani di qualunque altro leader mediorientale della storia recente. Perpetrò azioni genocide contro i curdi, lanciò guerre d’aggressione contro l’Iran e il Kuwait, scagliò missili su Israele e sull’Arabia Saudita, fece torturare innocenti senza alcun rimorso e impose agli iracheni un feroce regime totalitario: un regime che produsse nella regione terrorismo, miseria e guerre come nessun altro. Perché dunque il “macellaio di Baghdad” rimane una figura eroica così ammirata da tanti arabi?
Una ventina d’anni fa il celebre storico Bernard Lewis scrisse sul Wall Street Journal un pezzo premonitore intitolato “Non tutti odiano Saddam”, nel quale esaminava la pubblicistica pro-Saddam presente in diversi ambienti arabi. Da allora non molto è cambiato. Durante un recente viaggio ad Amman, ho chiesto a decine di giordani cosa pensassero del dittatore. E tragicamente, ma senza vera sorpresa, ho dovuto costatare che Saddam gode ancora di un gradissimo numero di fan nel mondo arabo. Praticamente tutti i giordani con cui ho parlato hanno espresso un’altissima opinione del defunto tiranno. “Ci dava petrolio gratis”, ha detto uno. “Resisteva all’occidente”, sosteneva un altro. Un taxista, che aveva immagini di Saddam fissate al cruscotto, mi ha informato che Saddam è stato il più grande leader del Medio Oriente: “Solo lui era capace di tenere in ordine l’Iraq”.
Due sono i temi predominanti emersi da tutte le conversazioni che ho avuto sull’argomento. Primo, Saddam è visto come il paladino della resistenza all’America e a Israele, quello che ha combattuto due guerre contro l’America in poco più di dieci anni e che ha lanciato decine di missili Scud su Israele quando altre nazioni stavano a guardare. Secondo, fu Saddam che impose l’ordine in Iraq. Certo, un ordine fatto di stupri, razzie e saccheggi, ma pur sempre un ordine. In effetti, tenere in maggior considerazione la “stabilità sociale” rispetto alla libertà è una delle radici di tanti mali di questa regione.
Nelle società arabe, uno capisce ben presto che praticamente qualunque nefandezza viene giustificata in nome dell’opposizione all’occidente. Non mancava, nel pubblico giordano, chi ammirava persino al-Qaeda, ad esempio, quando questa dirottava aerei e bombardava civili americani; ma le simpatie per la rete terroristica internazionale calarono drammaticamente quando colpì anche Amman nel 2005.
La maggior parte dei giordani non ha mai provato sulla propria pelle il terrore assoluto del regime di Saddam: non sono mai stati asfissiati dal gas nervino piovuto dal cielo, non hanno mai dovuto correre ai ripari mentre elicotteri da guerra falciavano innocenti a decine di migliaia, non hanno mai dovuto preoccuparsi che il noto stupratore seriale Uday Hussein, figlio di Saddam, aggirandosi per le strade mettesse gli occhi sulle loro figlie.
Sdegnato per l’adulazione di Saddam che mi toccava vedere, ho chiesto a un mio amico, che è stato capo dello staff di uno dei più importanti politici iracheni, di aiutarmi a capire il senso di questa follia. “E’ la mentalità prevalente nel mondo arabo – mi ha risposto – La gente da queste parti è storicamente insicura. Per almeno mille anni non c’è stato altro che oscurità. Le glorie del passato sono così importanti, per loro, perché non hanno presente, non contribuiscono alla civiltà moderna. Modernità non significa niente: la storia consiste in un’eterna cospirazione crociata e sionista contro di loro ecc. ecc. non ho altra spiegazione da darti”.
Almeno un giordano mi ha detto che non ama parlare di politica, ma che la sua intera famiglia è stata sterminata da Saddam durante l’invasione del Kuwait. Quando gli ho accennato a tutta adulazione di Saddam che avevo sentito nel corso della settimana, si è limitato a scuotere il capo in silenziosa indignazione.
Venerare un dittatore genocida non può essere giustificato da nessuna circostanza. L’ammirazione per Saddam nasce da una vergognosa ignoranza unita a a un disastro etico di dimensioni colossali. Questa follia non dovrebbe suscitare solo blande attenzioni accademiche o totale e distratto disinteresse. Al contrario, dovrebbe essere denunciata senza mezzi termini e corretta al più presto possibile, innanzitutto con l’istruzione e l’educazione. Chi applaude la tirannia da spettatore non è meno responsabile del tiranno stesso.

(Da: Jerusalem Post, 14.09.09)

Nella foto in alto: curdi iracheni di Halabja, uccisi nel marzo 1988 dalla repressione con gas tossici ordinata da Saddam Hussein