Non contare solo sulla fortuna

E' morale aspettare che civili restino uccisi prima di adottare misure più severe contro i lanci di Qassam?

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1249Martedì mattina un missile Qassam lanciato dalla striscia di Gaza è caduto su una casa nella città israeliana di Sderot, finendo sul letto di un ragazzino che era appena uscito per andare a scuola. Altri due Qassam sono caduti sul centro della città, nei pressi di una scuola, ferendo una donna. Altri tre sono caduti alla periferia della città.
Da quando Israele si è ritirato dalla striscia di Gaza, lo scorsa estate, per fortuna nessuno di questi attacchi ha provocato morti. Ma tutti sanno che, se un Qassam dovesse colpire una casa, una scuola o un’auto e uccidere dei cittadini israeliani, Israele sarebbe costretto a reagire con misure che finora non ha adottato.
Questa situazione solleva una domanda inquietante: è morale, è assennato aspettare che dei civili restino uccisi prima di adottare misure più severe per far cassare questi attacchi terroristici? (…)
C’è anche un’altra strada. È quella di fare ciò che qualunque nazione farebbe se venisse sistematicamente attaccata da un paese vicino, e cioè considerare quel paese responsabile, sia direttamente che attraverso l’azione internazionale. Uno stato di Palestina non c’è, ma l’Autorità Palestinese ama comportarsi come se lo fosse, e le Nazioni Unite fanno lo stesso trattando la “Palestina” come se fosse uno stato membro praticamente a tutti gli effetti. L’Autorità Palestinese ha un presidente, un primo ministro, un governo, ministri, generali, un parlamento: tutti trattati come tali dai loro equivalenti di tutto il mondo, Israele compreso. E Gaza, anche se fino alla scorsa estate l’Autorità Palestinese cercava di sostenere il contrario, oggi non è più “occupata” da Israele in nessun modo (a parte il controllo sugli accessi dal mare e dal cielo, ma non via terra attraverso l’Egitto). Israele ha demolito anche quei tre insediamenti nell’estremo nord della striscia che non avrebbero impedito la continuità territoriale palestinese, pur di rendere l’Autorità Palestinese pienamente responsabile del territorio che è, senza ambiguità, sotto il suo controllo.
Recentemente il ministro degli esteri israeliano ha avuto un cordiale incontro col presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), quello che la comunità internazionale vorrebbe vedere “rafforzato” da Israele. Può darsi che al centro dei colloqui vi sia stata la richiesta israeliana che l’Autorità Palestinese ponga fine ai continui attacchi di Qassam. Se è stato così, risultati non se ne sono visti.
Dal punto di vista di Israele e della comunità internazionale importa poco se questa o quella parte dell’Autorità Palestinese non può o non vuole fermare gli attacchi dal suo territorio: è l’Autorità Palestinese nel suo insieme che è responsabile. Sicuramente il primo ministro israeliano Ehud Olmert, che ha in programma un incontro con Abu Mazen, si farà portatore di questo messaggio. (…)
Israele dovrebbe cercare di ottenere una condanna da parte dell’Onu di tutti gli attacchi contro il suo territorio, sia che arrivino dai burattini di Siria e Iran in Libano, sia dalle aree palestinesi, insieme a una conferma del suo diritto di autodifesa. Le chance di successo in quell’organismo sono scarse, ma Israele non deve togliere dagli impicci la comunità internazionale, né dare mostra di mancanza di dignità, non provandoci nemmeno.

(Da: Jerusalem Post, 7.06.06)

Nella foto inaalto: ragazzini israeliani di Sderot durante un attacco di Qassam palestinesi