Non esiste nessuna Gerusalemme est

In tutta la sua storia, la parte est della città è stata divisa da quella ovest solo nei 19 anni di occupazione giordana, ma tanto basta per etichettare come “coloni” gli ebrei che vi abitano

Editoriale del Jerusalem Post

In primo piano, il quartiere Gilo di Gerusalemme sud

In primo piano, il quartiere Gilo di Gerusalemme

Alla fine di ottobre il Dipartimento di stato dell’amministrazione americana (uscente) ha condannato la decisione di Gerusalemme di approvare la costruzione di nuove unità abitative per i residenti del quartiere di Gilo. Nel mezzo delle crescenti campagne internazionali per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni che puntano a delegittimare Israele, il continuo rifiuto da parte del Dipartimento di stato di riconoscere i fatti puri e semplici della storia non può non essere visto nel contesto degli sforzi volti a negare la legittimità dello stato ebraico.

La municipalità di Gerusalemme ha effettivamente approvato l’aggiunta di 181 unità abitative nel quartiere Gilo, che ospita circa 40.000 abitanti di Gerusalemme, per lo più ebrei. Già a luglio Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite avevano criticato Israele per questi piani edilizi, definendoli un ostacolo al processo negoziale, peraltro inesistente, per la creazione di un futuro stato palestinese. La decisione della municipalità è stata prontamente condannata dal portavoce dell’uscente Dipartimento di stato, John Kirby, il quale ha detto che essa “solleva seri interrogativi circa l’impegno effettivo di Israele per una soluzione pacifica e negoziata con i palestinesi”, aggiungendo che gli Stati uniti “si oppongono con forza alle attività di insediamento”.

Mappa di Gerusalemme. In blu, i confini della municipalità dopo la riunificazione nel ’67. In marrone, la linea armistiziale del periodo 1949-’67. Sono inoltre indicati la Knesset (parlamento) e il quartiere Gilo (clicca per ingrandire)

Se le parole hanno un senso, le attività edilizie nel vecchio quartiere di Gilo, fondato nel 1973 nella parte sud-ovest di Gerusalemme, non possono essere definite “attività di insediamento”. Eppure, anche l’Unione Europea ha dichiarato che la decisione di costruire “nell’insediamento di Gilo, costruito su terra palestinese occupata nella zona est di Gerusalemme, mina la fattibilità di una soluzione a due stati”.

Quasi mezzo secolo dopo che Israele ha riunificato la sua capitale amaramente e sanguinosamente divisa dalla guerra – come lo fu Berlino – i mass-media continuano a ripetere a pappagallo la narrazione palestinese secondo cui “Gerusalemme est” sarebbe la loro (futura) capitale: come se la parte della città caratterizzata dal fatto di essere stata conquistata e occupata per diciannove anni dagli invasori della Legione Araba di Giordania costituisse in quanto tale un’entità storica. Guidati da questa distorta percezione, i mass-media stranieri continuano a definire “coloni” gli ebrei che vivono nel cuore della loro capitale storica. E fanno uso martellante del termine “Gerusalemme est” come se si trattasse di un’entità storica da ripristinare: come se si pretendesse di ripristinare l’entità “Berlino est”. La semplice verità, invece, è che si tratta di un termine dettato dall’ideologia, e tuttavia geograficamente, urbanisticamente e storicamente infondato. Anche per quanto riguarda Gilo: un quartiere meridionale della città, collocato per pura combinazione sull’altro lato di quella linea di cessate il fuoco che demarcò, nel 1948, la zona che ci si ostina a definire impropriamente Gerusalemme “est”. I terreni su cui sorge Gilo, acquistati negli anni ‘30 da Dov Joseph per conto del Fondo Nazionale Ebraico, è vero che un tempo sono stati “territorio occupato”: sono stati territorio israeliano occupato dalla Giordania negli anni 1949-’67; dopo di che – all’indomani di un’altra guerra di aggressione contro Israele – la sovranità israeliana è stata ripristinata.

Chi vuol guadare alla realtà dei fatti, non può non capirlo. Lo ha fatto, per esempio, il procuratore generale australiano George Brandis che a fine ottobre ha dichiarato in senato che l’Australia non farà riferimento a “Gerusalemme est” come territorio “occupato”: “La locuzione Gerusalemme est occupata – ha spiegato – è pregna di implicazioni negative e non è né appropriata né utile”.

Giugno 1948. Occupazione giordana della Città vecchia di Gerusalemme. Il sindaco del quartiere ebraico, "mukhtar" Weingarten, viene scortato al quartier generale della Legione Araba

Giugno 1948. Occupazione giordana della Città vecchia di Gerusalemme. Il sindaco del quartiere ebraico, “mukhtar” Mordechai Weingarten, viene scortato al quartier generale della Legione Araba

Nell’arco di tre millenni, Gerusalemme è stata la capitale di tre sole entità statali autoctone: tutte e tre ebraiche. Gli ebrei costituiscono la maggioranza degli abitanti di Gerusalemme sin dal XIX secolo, prima che iniziasse l’impresa sionista. Al contrario, gli arabi palestinesi non hanno governato Gerusalemme un solo giorno. Diverse dinastie arabe l’hanno temporaneamente governata: tra il 638 e il 1099, sotto l’impero ottomano e sotto l’occupazione giordana dal 1949 al 1967. Senza mai farne la loro capitale.

L’influenza dell’ideologia politica sul linguaggio si riscontra anche nell’uso del termine West Bank (letteralmente “riva occidentale”). Nella migliore delle stagioni delle piogge, il fiume Giordano è largo pochi metri. Indicare come sua “riva occidentale” una regione che si estende per circa 65 chilometri fino a comprendere tutta la Giudea e la Samaria rasenta il ridicolo, e dimostra come la terminologia politicizzata serva a perpetuare percezioni errate che a loro volta alimentano il conflitto. (Lo stesso vale per l’equivalente termine di Cisgiordania, che tradisce la sua evidente prospettiva euro-centrica.) In realtà, questi termini impropri e artificiali entrarono nell’uso soltanto dopo che il governo trans-giordano (poi giordano) occupò le regioni ad ovest del fiume, e servivano per cercare di legittimare tale occupazione. Ovviamente, prima dell’occupazione giordana nessuno parlava di Riva Occidentale né di Cisgiordania, ma semplicemente di Giudea e Samaria.

Le attività edilizie nei quartieri di Gerusalemme, necessarie per rispondere alle necessità della crescente popolazione di un città dinamica e in pieno sviluppo, competono unicamente alla municipalità. Non è affare di terzi, che siano il Dipartimento di stato o l’Unione Europea, i quali farebbero un favore a tutti se si attenessero semplicemente ai fatti.

(Da: Jerusalem Post, israele.net, 5.1.16)