“Non possiamo permetterci, né voi né noi, di appaltare a qualcun altro la nostra sicurezza e la nostra salvezza”

Di fronte agli orrori del genocidio in Ruanda, Netanyahu parla delle lezioni da trarre per l’oggi e il domani

Il messaggio di Benjamin e Sara Netanyahu nel libro degli ospiti del Memorial Center di Kigali (clicca per ingrandire)

Le esperienze dei popoli ebraico e ruandese, entrambi vittime di genocidi nel XX secolo, insegnano che l’indottrinamento e l’istigazione all’odio e alla violenza devono essere affrontati prima che possano portare a omicidi di massa, e che i paesi devono sempre essere in grado di difendersi da sé. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu mercoledì parlando a una conferenza stampa congiunta con il presidente ruandese Paul Kagame, subito dopo aver visitato a Kigali il Memorial Center del genocidio. Netanyahu si è detto “sconvolto” nel venire a conoscenza nei dettagli del tragico destino di più di un milione di Tutsi uccisi nel 1994.

“Anche la mia gente conosce il dolore del genocidio – ha detto Netanyahu – Si tratta di un legame unico, che nessuno dei nostri due popoli avrebbero voluto avere. Eppure entrambi abbiamo perseverato, nonostante il dolore, nonostante l’orrore. Siamo sopravvissuti. Noi non abbiano mai perso la speranza. Voi non avete mai perso la speranza. Oggi Israele e Ruanda sono paesi di successo, veri modelli di progresso”.

Netanyahu si è poi soffermato sull’insegnamento da trarre dai due genocidi. “Sia gli ebrei che i ruandesi – ha detto – hanno imparato preziose lezioni dal loro tragico passato. Il genocidio è preceduto dall’istigazione all’omicidio di massa. Le parole contano, le parole hanno il potere di uccidere”.

Benjamin e Sara Netanyahu in visita al Memoiale delle vittime del genocidio in Ruanda del 1994

Benjamin e Sara Netanyahu in visita al Memoriale delle vittime del genocidio in Ruanda del 1994

Prima del genocidio ruandese, c’erano trasmissioni radio “che disumanizzavano la gente molto prima che venisse massacrata – ha osservato Netanyahu – Voi chiedevate che quelle trasmissione cessassero: faceva parte della vostra battaglia contro l’inizio del genocidio, ma non vi fu possibile. Anche i nazisti iniziarono disumanizzando gli ebrei molto tempo prima che iniziassero a uccidere a milioni la nostra gente. Così oggi, quando vediamo dei capi a Gaza che esortano ad assassinare ogni ebreo in qualunque parte del mondo, abbiamo tutti il dovere di levare la nostra voce. Quando sentiamo la Guida Suprema dell’Iran invocare l’annientamento di Israele, abbiamo il dovere di levare la nostra voce. Abbiamo il dovere di allertare il mondo sul pericolo che comportano queste parole di odio”.

Un’altra lezione da trarre dai due genocidi, ha proseguito Netanyahu, è che “in tempi difficili, bisogna essere in grado di difendersi da soli”. Durante il genocidio ruandese i caschi blu di stanza nella piccola nazione dell’Africa orientale non furono capaci di preservare la pace. “Non solo non riuscirono a garantire la pace – ha sottolineato Netanyahu – Non sono stati nemmeno capaci di rispondere alle urgenti richieste di aiuto contro un genocidio incombente. Scapparono. Non possiamo permetterci, né voi né noi, di appaltare a qualcun altro la nostra sicurezza e la nostra salvezza. Nessuno ti difende se non ti difendi tu stesso. E può ben darsi che non ti difendano nemmeno in questo caso”.

Netanyahu ha sottolineato che entrambi i popoli, ebraico e ruandese, hanno assistito al fallimento della comunità internazionale nel prevenire il genocidio e hanno imparato “che bisogna avere la capacità di difendersi da sé: questa è la lezione più importante del genocidio che abbiamo patito, e che avete patito. Ciò che faccio, ciò a cui dedico la mia vita, è garantire che non vi sia un’altra tragedia simile in futuro”.

Un’altra immagine della visita

E la prima misura da adottare contro la negazione del genocidio, ha poi aggiunto Netanyahu, è affermare la verità. “La seconda è capire che l’istigazione e l’indottrinamento all’odio precedono sempre l’assassinio di massa. Questa è stata l’esperienza del nostro popolo, e l’esperienza del vostro popolo”.

Poco prima di queste dichiarazioni Netanyahu era stato ricevuto da Kagame all’aeroporto, da dove si era spostato direttamente al Memorial Center di Kigali. All’inizio di questa settimana, i ruandesi hanno celebrato la Giornata della Liberazione, che ricorda la fine del genocidio. Netanyahu e la moglie Sara hanno visitato l’ala del museo dedicata al genocidio ruandese, l’ala dedicata al genocidio in altri paesi – che comprende diversi grandi pannelli sulla Shoà – e la stanza dei bambini, che ricorda le decine di vittime più giovani del genocidio. Nel libro degli ospiti del Memorial Center il primo ministro israeliano e la moglie hanno scritto: “Siamo profondamente commossi dal Memorial delle vittime di uno dei più grandi crimini della storia, che ci ha ricordato le angoscianti similitudini con il genocidio del nostro popolo. Mai più”. Dopo la visita al museo, Netanyahu ha deposto una corona davanti al muro del complesso museale sui cui campeggia la scritta in lingua kinyarwanda “per ricordare ed essere confortati”.

(Da: Times of Israel, 6.7.16)