Non vogliono due stati

Più che uno stato palestinese, vogliono che non esista uno stato ebraico

Da un articolo di Israel Harel

image_2536Dal rifiuto dei palestinesi di sedersi al tavolo negoziale con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu anche dopo che questi ha riconosciuto il loro diritto a uno stato – un fatto storico, visto che si tratta del leader del Likud – appare (ancora una volta) chiaro che il loro obiettivo di fondo non è mai stato, e a quanto pare non sarà mai, uno stato palestinese a fianco dello stato ebraico. Vogliono, sì, uno stato palestinese, ma molto di più vogliono che non esista nessuno stato ebraico. Ecco perché, sin dal1937, anno in cui venne avanzato il primo progetto di spartizione del paese, hanno rifiutarono una dopo l’altra tutte le proposte per una soluzione a due stati avanzate da britannici, ebrei, Nazioni Unite, americani. E non hanno mai avanzato una loro proposta.
Siccome, in Israele come all’estero, esiste un ampio sostegno per uno stato palestinese a fianco di Israele, allora i palestinesi, traendo in inganno i loro sostenitori circa le loro vere intenzioni, possono presentarsi al mondo come i “pacifisti”, appoggiati dai più eminenti mass-media, israeliani e stranieri, e diffamare Israele anche quando conducono sanguinose stragi suicide fra i cittadini israeliani.
Il riconoscimento, sul quale Netanyahu si è tanto tormentato, ha colpito i palestinesi come un fulmine a ciel sereno. D’ora in avanti, temono, dovranno svelare le loro reali intenzioni. Dopo tutto, se fosse sincero il loro sostegno alla formula “due popoli-due stati”, ora che il loro stato sarà “lo stato del popolo palestinese” con l’approvazione anche del Likud, la logica inevitabile della formula impone che loro riconoscano l’altro stato, Israele, come “lo stato del popolo ebraico”.
Appena pochi minuti dopo il discorso di Netanyahu, sono nati in onda i sentimenti più viscerali. Ii rappresentanti della nazione araba, spinti da incontrollabile urgenza, hanno tolto il velo che copre le loro vere intenzioni. Da Umm al-Fahm a Ramallah, da Damascus al Cairo, hanno respinto con totale ostilità la richiesta di Netanyahu di riconoscere Israele come sede nazionale del popolo ebraico. Il primo ministro israeliano ha accordato il riconoscimento a uno stato del popolo palestinese senza subordinare tale riconoscimento ad una mossa analoga da parte degli arabi di riconoscimento di Israele come stato del popolo ebraico. Il presidente egiziano Hosni Mubarak, senza dubbio lo statista arabo più autorevole, ha dichiarato che gli arabi non avrebbero mai riconosciuto Israele come lo stato del popolo ebraico. Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat gli ha fatto eco dichiarando che gli arabi non accorderanno un tale riconoscimento a Israele neanche fra mille anni. Ecco come viene ripagato il riconoscimento unilaterale da parte di Israele.
Se i palestinesi avessero voluto uno stato, avrebbero potuto agire in modo assai diverso (e ben più proficuo): avrebbero potuto dichiarare che il riconoscimento da parte di Netanyahu di uno stato palestinese non è abbastanza, ma è una base per negoziare. Dopo tutto, sanno bene che gli Stati Uniti, l’Europa e anche i loro sostenitori all’interno di Israele faranno enormi pressioni sul governo israeliano, il quale alla fine farà concessioni praticamente su tutti i dossier, compresa qualche concessione anche sulla richiesta che gli arabi riconoscano Israele come stato nazionale del popolo ebraico. Dopo tutto, non poche influenti istituzioni e non pochi ebrei sostengono il rifiuto dei palestinesi su questo tema.
E invece, anche con alla gola la spada della verità dei fatti, non mancano ebrei e israeliani che si rifiutano di abbandonare le loro illusioni. E anche loro si sono affrettati ad addossare a Netanyahu la colpa per il rifiuto arabo, anche questa volta, di stringere mano tesa da Israele.

(Ha’aretz, 18.06.09)

Nelle immagini in alto: Tutte le mappe della pubblicistica nazionalista palestinese illustrano senza reticenze l’obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica