Nubi sul Golan

Vicino alle nostre case, armi pericolose stanno cadendo nelle mani di gente che non risponde a nessuno.

Di Boaz Bismuth

image_3669Il regime del presidente siriano Bashar al-Assad è già da tempo in fin di vita. Le Nazioni Unite parlano di 70mila persone uccise nel violento conflitto interno che, a marzo, entrerà nel suo terzo anno. Gli ultimi giorni sono stati particolarmente violenti a Damasco (esplosioni) a ad Aleppo (lanci di missili su aree popolale). Il bagno di sangue sta seguendo lo stesso schema del programma nucleare iraniano: il mondo fa molto rumore, ma nulla cambia nel concreto.
È stato detto che l’opposizione siriana è frammentata. Sabato, per una volta, si è mostrata unita quando ha annunciato la sua intenzione di boicottare l’incontro di giovedì a Roma con i paesi “amici della Siria”. Cancellate anche le previste visite a Mosca e Washington. L’opposizione siriana si è stancata del “silenzio della comunità internazionale sui crimini commessi dal regime” di Damasco.
Secondo Al-Jazeera, l’Esercito Libero Siriano ha preso il controllo di ciò che resta dell’impianto di ricerca nucleare “al-Akhbar”, a Dir a-Zur: lo stesso che, stando alle notizie di stampa estera, fu oggetto di un raid israeliano nel 2007. Elementi estremisti jihadisti hanno infiltrato i ranghi dell’Esercito Libero Siriano: per questo l’Occidente ha tirato un sospiro di sollievo all’idea che quel reattore (grazie e Israele) oggi non esiste più. D’altra parte, secondo disparati rapporti, le forze ribelli dovrebbero presto prendere il controllo dei siti militari di lancio degli Scud. Non lontano dalle nostre case armi molto pericolose stanno cadendo nelle mani di gente che non risponde a nessuno.
Nel frattempo, là a Damasco Assad crede ancora di poter sopravvivere. È convinto che le minoranze, specialmente il 30% di non-sunniti che vivono in Siria, abbiano più paura di un futuro islamista che della permanenza al potere del suo regime. Ed è anche sicuro che l’Occidente ha troppa paura che il collasso del suo regime conduca ad uno spargimento di sangue in Libano e Giordania. Assad sa che l’Occidente non si fida dei ribelli e che per questo non ha fretta di armarli. I ribelli sono divisi fra nazionalisti e jihadisti e queste tensioni tra i due campi non dovrebbero sorprendere più nessuno.
Assad, secondo reportage della stampa araba, è tranquillo e sicuro di sé. Perlomeno, questo è ciò che dice chi lo ha incontrato. È convinto che riuscirà sottomettere le organizzazioni terroristiche (come egli definisce i ribelli) e che l’Occidente non farà nulla per accelerare la sua caduta.
A questo ritmo, Assad starà al potere a Damasco grazie ai centomila soldati lealisti al suo servizio, e ciascuna delle divise fazioni ribelli sarà sovrana nel suo pezzo di territorio. Fino al giorno in cui cadrà.

(Da: Israel HaYom, 24.2.13)

Nella foto in alto: Boaz Bismuth, autore di questo articolo