Obama e il Medio Oriente

I nemici di Israele sono parte della “rete globale di odio e di violenza” evocata dal neopresidente Usa

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_2387HA’ARETZ chiede al governo israeliano di prestare attenzione alle parole del nuovo presidente degli Stati Uniti Barak Obama: “La nostra forza, da sola, non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare ciò che vogliamo. La nostra forza si accresce grazie a un impiego prudente; la nostra sicurezza scaturisce dalla fondatezza della nostra causa”. L’editoriale afferma che Israele dovrebbe fare proprio questo concetto, insieme all’approccio di Obama di “favorire il dialogo e cercare vie di intesa con i nemici di ieri”.

Scrive YEDIOT AHARONOT che “l’Iran costituisce una concerta minaccia per la pace del mondo e certamente per Israele”, e aggiunge: “Quando saranno finiti i festeggiamenti a Washington e a Gerusalemme il sollievo per la vittoria a Gaza, i grandi Stati Uniti e il piccolo Israele dovranno, con o senza l’Europa, vagliare tutti i mezzi possibili – diplomatici, economici e militari – atti a colpire le capacità aggressive iraniane”. L’editoriale conclude rivolgendosi a Barak Obama: “Signor presidente, finora i suoi discorsi sono stati fantastici. Ora vediamo le sue azioni”.

In un altro editoriale, YEDIOT AHARONOT prevede che “Hamas cercherà di ristabilire un equilibrio del terrore con Israele scommettendo ancora una volta sul fatto che Gerusalemme non riporterà i soldati dentro la striscia di Gaza e non rimetterà in campo uno schieramento completo”. L’editoriale ricorda che il traffico di armi attraverso i tunnel rimasti a Rafah (fra Sinai e striscia di Gaza) è già ricominciato e avverte che “il prossimo bersaglio di Hamas non saranno Ashkelon o Ashdod: la prossima volta punteranno direttamente a Tel Aviv”.

Scrive MA’ARIV: “Ogni persona sensata deve pregare perché Obama abbia successo” dal momento che “è diventato il leader del mondo libero”. Tuttavia, si domanda l’editoriale, “ha Obama una risposta di fronte alla più grande minaccia contro il mondo libero, cioè il fondamentalismo islamista?”. E aggiunge: “L’islam jihadista non è alla ricerca di comprensione né di compromessi, i suoi sostenitori non fanno nessuna distinzione fra Bush e Obama, gli islamisti non desiderano un mondo libero che li sappia capire: il mondo libero lo vogliono distruggere”. L’editoriale auspica che il presidente Obama conduca una battaglia più efficace del suo predecessore contro il terrorismo jihadista, impedendo che un numero sempre più alto di musulmani vada a finire nelle braccia dell’estremismo islamista.

Secondo YISRAEL HAYOM, la posizione del presidente Obama verso Israele e il conflitto in Medio Oriente rimane un enigma anche dopo il suo discorso d’investitura. “Il suo appello ai popoli arabi perché vengano considerati in base alle loro azioni positive può essere interpretato in due modi: da un lato come un primo sforzo preliminare nel senso di un riavvicinamento al’islam; dall’altro, come il tentativo di porre concrete condizioni alla cooperazione con loro”. Il giornale riconosce che “l’America è il migliore alleato di Israele” e aggiunge che “è fondamentale interesse d’Israele vederla decollare, anche se non mancheranno crisi negli anni a venire”.

In un altro editoriale, YISRAEL HAYOM nota che, tra gli innumerevoli articoli critici verso la controffensiva anti-Hamas a Gaza, “non se n’è letto nemmeno uno che offrisse un’alternativa concreta in grado di dare una vera risposta alla domanda: come impedire il lancio di missili palestinesi sulle zone abitate dalla popolazione israeliana?”

Scrive il JERUSALEM POST che gli israeliani “hanno tutte le ragioni per aspettarsi che Obama sostenga il loro paese nella ricerca di confini difendibili e di un’autentica accettazione da parte dei vicini”. Ricordando che anche i rapporti con l’amministrazione Bush sono stati talvolta travagliati, l’editoriale afferma che “Obama sa che questa composizione potrà avvenire solo se verranno isolati gli iraniani e gli estremisti arabi, veri e propri membri fondatori di quella “rete globale di odio e di violenza” verso la quale lui stesso ha messo in guardia, nel suo discorso d’investitura.

(Da: stampa israeliana, 21-22.01.09)