Olmert in difficoltà, ma Kadima è rafforzato

Israeliani più interessati al rischio attentati suicidi che alla composizione del parlamento palestinese.

Da un articolo di Aluf Benn

image_1068Il primo ministro israeliano ad interim Ehud Olmert si trova ora davanti a una vera crisi, giacché deve optare tra una svelta negativa e una ancora peggiore. Se mostrerà segni di moderazione o di ammorbidimento verso Hamas dopo la vittoria di questa alle elezioni parlamentari palestinesi, il suo rivale politico e leader del Likud Benjamin Netanyahu baserà tutta la campagna del proprio partito sull’accusa che il ritiro da Gaza ha premiato e legittimato Hamas. Se viceversa minaccerà di rompere i contatti con i palestinesi, di boicottarli, di ritardare i fondi o imporre altre sanzioni, Olmert si troverà esposto a crescenti pressioni internazionali perché rispetti i risultati legittimi e democratici delle elezioni, ed eviti di provocare il collasso dei servizi pubblici e sociali dell’Autorità Palestinese.
Si può immaginare che nei prossimi giorni Olmert farà di tutto per coordinarsi con gli Stati Uniti per alleggerire la pressione internazionale, dimostrando allo stesso tempo verso l’interno una posizione dura per non perdere voti verso Netanyahu.
In ogni caso, le vere implicazioni del risultato elettorale palestinese si vedranno dalle scelte di Hamas nell’immediato futuro: se riprenderà gli attentati suicidi o se seguirà una nuova strada politica. La maggior parte degli israeliani è assai più interessata al rischio di attentati suicidi che alla composizione del parlamento palestinese.
Sul fronte politico, la vittoria di Hamas rafforza la posizione di Kadima che non crede alla possibilità di trattare un accordo permanete. La vittoria di Hamas corrobora la tesi di Kadima secondo cui “non c’è interlocutore valido” e l’unica opzione a disposizione di Israele e quella di stabilire i confini unilateralmente: una mossa che comporterebbe lo sgombero graduale degli insediamenti isolati mantenendo il controllo sul resto della Cisgiordania e della Valle del Giordano motivato con gli “ampi margini di sicurezza” necessari di fronte a un governo Hamas che invoca l’annientamento di Israele. D’altra parte, la sinistra accuserà sicuramente il governo dell’ex primo ministro Ariel Sharon d’aver favorito la vittoria di Hamas rifiutandosi di appoggiare il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) o di negoziare con lui la scarcerazione dei detenuti.
Sul fronte internazionale, l’amministrazione Bush ha insistito perché si tenessero le elezioni palestinesi preferendo promuovere la democrazia nel mondo arabo per contrastare il terrorismo. I risultati dimostrano che Israele aveva ragione quando avvertiva gli Usa che la libertà di scelta nel mondo arabo avrebbe premiato la dirigenza dei movimenti estremisti islamisti e non i candidati laici e liberali. Gli americani hanno visto che è possibile tenere elezioni con autentica competizione e un ordinato avvicendamento al potere in un paese arabo, ma ora devono affrontare le conseguenze di un voto a favore di un movimento ostile che impiega il terrorismo.
In Europa vari rappresentanti chiedono una rivalutazione di Hamas sulla base dei suoi comportamenti al governo. Se la tregua continuerà, l’Europa aumenterà la pressione su Israele perché riconosca i nuovi capi dell’Autorità Palestinese e accetti di negoziare con essi.

(Da: Ha’aretz, 26.01.06)