Ora è Fatah che fa il lavoro sporco per Hamas?

Fatah e Hamas, avvertono fonti della difesa israeliana, sembrano essersi scambiati i ruoli.

image_1149L’attentato suicida di giovedì scorso all’ingresso di Kedumim è stata un’operazione temeraria che ha visto all’opera un giovane palestinese originario della zona di Hebron che si è spostato fino a Nablus, si è munito di un ordigno, è passato attraverso un posto di blocco delle Forze di Difesa israeliane, si è camuffato da ebreo ortodosso e si è messo ad aspettare presso un frequentato luogo di autostoppisti finché è stato caricato da un veicolo israeliano di passaggio che è diventato il bersaglio del suo attentato.
Ufficiali della difesa israeliana ammettono che l’attentato è stato notevole, ma ciò che li preoccupa di più, a quanto dicono, è il gruppo che lo ha rivendicato: le Brigate Martiri di al-Aqsa, un’ala armata del movimento Fatah. Benché Fatah, la fazione per lungo tempo dominante in campo palestinese, non abbia mai cessato del tutto di compiere attività terroristiche, e in particolare sia implicata nel lancio di missili Qassam dalla striscia di Gaza, la strage mediante attentatore suicida perpetrata giovedì costituisce la prima compiuta da un affiliato a questo gruppo da quando i palestinesi hanno annunciato il cessate-il-fuoco nel febbraio 2005.
Fatah e Hamas, avvertono le fonti della difesa, sembrano essersi scambiati i ruoli. Mentre il neo primo ministro palestinese Ismail Haniyeh – di Hamas – ha fatto appello ai miliziani palestinesi perché smettano di marciare armi in pugno per le vie di Gaza, Samir Masharawi – un alto esponente di Fatah a Gaza – ha recisamente respinto l’appello. Hamas, dice un ufficiale israeliano, perlomeno esteriormente sta cercando di mostrarsi come un movimento in via di trasformazione, che avrebbe interrotto le sue attività terroristiche, nel tentativo di accreditarsi come credibile soggetto di governo. Fatah ha invece altri progetti. Dopo che il disimpegno israeliano da Gaza della scorsa estate è stato celebrato come una vittoria del terrorismo, i terroristi di Fatah pensano di poter riguadagnare credito presso i palestinesi rinnovando gli attentati suicidi. Visto che è in agenda per i prossimi anni il piano di Ehud Olmert per ulteriori ritiri dalla maggior parte della Cisgiordania, Fatah potrebbe avere la tentazione di aggiudicarsene il merito di fronte alla propria gente come fece Hamas con il ritiro da Gaza: di qui il calcolo di creare l’impressione che il prossimo ritiro israeliano avvenga sotto il fuoco di Fatah.
In ogni caso, l’attentato di giovedì ha anche messo in mostra la nuova partnership che si è formata fra differenti gruppi terroristici. L’attentatore, il 24enne Ahmad Mashrake, era un operativo di Fatah. L’ordigno, secondo gli ufficiali israeliani, è stato fornito dalla struttura di Nablus del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP). Le incessanti operazioni antiterrorismo delle Forze di Difesa israeliane nei territori – questa la valutazione di un ufficiale – tengono sotto pressione i gruppi terroristici e questi, di conseguenza, danno vita a connessioni e forme di cooperazione fra loro dettate da comuni interessi.
Ma la spinta all’attentato sarebbe arrivata anche dall’esterno, spiegano le fonti israeliane. Iran, Siria e Hezbollah inviano milioni di dollari nei territori per finanziare attentati. “All’Iran non importa a quale gruppo appartenga l’attentatore suicida – spiega un ufficiale – Finché ci sono soldi, chiunque sarà titolato a realizzare una parte dell’operazione”.

(Da: Jerusalem Post, 2.04.06)

Nella foto in alto: terroristi delle Brigate al-Aqsa (Fatah) mentre fermano un mezzo Onu giovedì scorso, a Gaza