Pace a Gerusalemme

Come disse Dayan nel ‘67, ''anche in quest'ora tendiamo una mano di pace ai nostri vicini arabi''.

Editoriale del Jerusalem Post

image_3148«Questa mattina le Forze di Difesa israeliane hanno liberato Gerusalemme. Abbiamo riunificato Gerusalemme, la capitale divisa d’Israele. Siamo tornati al più santo dei nostri luoghi santi, per non separarcene mai più. Ai nostri vicini arabi anche in quest’ora – e a maggior ragione in quest’ora – tendiamo una mano di pace. Ai nostri concittadini cristiani e musulmani promettiamo solennemente pieni diritti e libertà religiosa.» Firmato: Moshè Dayan, ministro della difesa d’Israele, pomeriggio del 7 giugno 1967, al Muro Occidentale.

Nei 44 anni trascorsi da quando Dayan fece questa dichiarazione, diversi successivi governi israeliani hanno messo in pratica i suoi punti principali. Rispecchiando un ampio consenso fra gli ebrei israeliani, nel 1980 la Knesset ha approvato la Legge su Gerusalemme in base alla quale “Gerusalemme, completa e unita, è la capitale d’Israele”. Per la prima volta nella storia, la piena libertà di culto, mai rispettata sotto dominio musulmano, venne riconosciuta a tutte e tre le religioni monoteiste – ebraismo, cristianesimo e islam allo stesso modo – nel rispetto dei legami storici unici che ciascuna di queste fedi ha con il particolarissimo scenario di Gerusalemme (quantunque i legami dell’ebraismo siano di gran lunga più profondi e centrali, nella sua pratica e nella sua fede).
L’enorme gioia degli ebrei israeliani per aver ottenuto la sovranità su Gerusalemme per la prima volta dopo la sua perdita nell’anno 70 e.v., riflessa chiaramente nei sondaggi che mostrano costantemente una netta maggioranza contraria alla sua ridivisone, non ha impedito ai vari successivi governi, nel corso degli anni, di porgere la mano in pace ed offrire ampie concessioni territoriali a Gerusalemme in cambio della fine del conflitto.
Nel 2000 il primo ministro israeliano Ehud Barak offrì al presidente dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat compromessi di vasta portata, ivi compresa la partizione di Gerusalemme, che sarebbe stata condivisa da palestinesi e israeliani. Ma quell’offerta senza precedenti venne seccamente rifiutata da Arafat, che procedette con il lancio della seconda intifada. Nel 2008 il primo ministro israeliano Ehud Olmert fece al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) un’offerta ancora più generosa. Oltre a proporre la partizione di Gerusalemme, quell’offerta avrebbe posto sotto controllo internazionale il cosiddetto “bacino sacro”, l’area geografica che comprende i più importanti luoghi santi delle tre religioni monoteiste. Ma Abu Mazen non ha mai nemmeno dato ad Olmert una riposta definita.
Nell’aprile dello scorso anno, in un’intervista a Channel 2, l’attuale primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu tracciò una distinzione fra i quartieri ebraici della Gerusalemme post-1967 e i suoi quartieri arabi, specificando che la sorte definitiva dei quartieri arabi sarà effettivamente oggetto di discussione per l’accordo sullo status definitivo coi palestinesi: una posizione già abbracciata da Kadima (Olmert) e dai laburisti (Barak), ma che normalmente non veniva fatta propria dal Likud. Pur respingendo l’idea di cedere quartieri ebraici unanimemente considerati israeliani come Ramat Shlomo e French Hill, sebbene sorgano al di là della ex linea armistiziale che divideva la città nel periodo 1949-67, Netanyahu ha definito “legittima” l’idea di cedere quartieri arabi come Abu Dis e Shuafat a un futuro stato palestinese. “Nessuno – ha spiegato, riferendosi agli ebrei israeliani – desidera aggiungere alla Gerusalemme israeliana una più numerosa popolazione araba”. Tuttavia, ha continuato, vi è chi è preoccupato del fatto che, “se ce ne andiamo da là”, l’Iran islamista in un modo o nell’altro può venire a riempire il vuoto, come ha fatto nel Libano meridionale con Hezbollah e nella striscia di Gaza con Hamas. “Se ce ne andiamo dai quartieri arabi della parte est di Gerusalemme – ha concluso Netanyahu – l’Iran potrebbe fare il suo ingresso, e questa è una preoccupazione legittima”. Già diversi quartieri arabi, che tecnicamente appartengono alla municipalità di Gerusalemme, sono di fatto “divisi” dalla barriera di sicurezza.
Sia a parole che coi fatti gli israeliani hanno dimostrato la disponibilità al compromesso, in una città così unica e di risonanza così centrale nella storia e nella tradizione ebraica, verso la quale così tanti ebrei si sentono profondamente legati. Ma tutte le aperture di pace dal versante israeliano – anche quelle di così vasta portata che tanta parte, forse la maggior parte, degli ebrei israeliani sarebbe riluttante a sostenerle – sono state respinte dai palestinesi.
Al cuore dell’intransigenza palestinese sembra esservi un rifiuto di fondo ad accettare il legame unico del popolo ebraico con Gerusalemme e con altri luoghi storici di Giudea e Samaria (Cisgiordania) ,anch’essi sotto gestione ebraica dopo la guerra dei sei giorni. Come Dayan 44 anni fa, che all’apice dell’ gioia degli ebrei per la riunificazione di Gerusalemme non perse di vista una chance di pace, il popolo ebraico non ha mai perso la speranza di poter vivere un giorno fianco a fianco coi palestinesi in pace: in ebraico “shalom”, uno dei significati del nome Yerushalaim (Gerusalemme). Ma quel giorno potrà giungere solo dopo che i palestinesi avranno abbandonato la loro intransigenza – accuratamente ignorata da una parte troppo grande della comunità internazionale – che li vede dar prova costantemente del loro rifiuto di accettare la legittimità di una sovranità ebraica su qualunque parte di questa terra, indipendentemente da quanto ampie siano le offerte di compromesso da parte di Israele.

(Da: Jerusalem Post, 31.5.11)

Nella foto in alto: L’occupazione araba della parte orientale di Gerusalemme nel 1948. Dal video: “Il mito delle due Gerusalemme sui mass-media” (in inglese):

Si veda anche:

Non esiste nessuna Gerusalemme est come non esiste nessuna Berlino est

https://www.israele.net/sezione,,2806.htm

Sondaggio: gli arabi di Gerusalemme preferiscono essere cittadini israeliani

https://www.israele.net/articolo,3034.htm