Intervenendo al vertice COP28 di Dubai, la vicepresidente americana Kamala Harris ha affermato: “Noi non dobbiamo confondere Hamas con il popolo palestinese”. “Noi” israeliani, americani, occidentali non dobbiamo farlo. Ma i palestinesi e i loro sostenitori delinquenziali continuano a farlo acclamando e santificando Hamas.
Non chiediamo a nessuno, nemmeno a noi stessi, di vedere i video delle atrocità perpetrate dai terroristi palestinesi di Hamas il 7 ottobre in Israele. Ma siamo grati a coloro che l'hanno fatto, per dovere professionale e spirito di servizio, fornendone un resoconto verbale fedele.
Hanno sofferto la fame, sono stati drogati, gettati in tunnel umidi e buie soffitte, oppressi e picchiati dai loro rapitori o da folle di invasati. Sono stati marchiati a fuoco sulle gambe con i tubi di scappamento delle moto in modo che potessero essere identificati se avessero cercato di scappare
Gli israeliani che vivono nelle comunità del nord vicine al confine con il Libano hanno lanciato la scorsa settimana una campagna sui social network con il titolo “1701 o 10.07”.
Noam Cohen è scampato il 7 ottobre al massacro del festival musicale Nova, coperto dai corpi dei suoi amici uccisi, in un rifugio dove i terroristi gettarono delle granate.
In 75 anni di esistenza Israele e gli israeliani ne hanno passate tante. Hanno sperimentato la guerra e la pace, ostaggi catturati e ostaggi rilasciati, e atti di terrorismo crudeli e spietati. Ma non avevano mai vissuto una settimana come quella appena trascorsa.
In realtà il conflitto è abbastanza semplice: è, ed è sempre stato, fra il popolo ebraico che vuole uno stato – il sionismo – e gli arabi palestinesi che vogliono che il popolo ebraico non abbia uno stato: l'antisionismo.
Quanti siano gli ostaggi ancora vivi nelle mani dei jihadisti palestinesi a Gaza "non è così importante". Lo ha dichiarato Ghazi Hamad, alto esponente del movimento terroristico Hamas
Ciò che Israele e le comunità ebraiche di tutto il mondo stanno sperimentando, a partire dal massacro del 7 ottobre, è un mondo alla rovescia, un’atmosfera in cui siamo costretti a dimostrare il nostro diritto di esistere, sia nella nostra patria ancestrale in Terra d’Israele sia come ebrei che vivono nella diaspora.