Paranoia, teppismo, indifferenza, menzogna

Situazioni e contesti diversi inducono riflessioni dal forte carattere etico

Commenti vari dalla stampa israeliana

Il Jerusalem Post commemora la Giornata Internazionale della Shoà e sostiene che vi sono due insegnamenti da trarre da quel tetro periodo della storia. Il primo «è che l’antisemitismo è essenzialmente una cronica malattia morale dell’umanità e che gli ebrei non devono mai più affidarsi esclusivamente al buon cuore degli altri». Il secondo è il riconoscimento che «l’uomo è capace di atti di inconcepibile orrore». In conclusione, l’editorialista afferma: «I due concetti non si escludono a vicenda. Uno discerne i pericoli che minacciano il popolo ebraico a causa di quella fatale paranoia ossessiva che è antisemitismo. L’altro ci obbliga a temperare questa consapevolezza con l’obbligo morale di combattere l’ingiustizia ovunque possa manifestarsi». (Da: Jerusalem Post, 27.1.14)

Isi Leibler

Isi Leibler

Isi Leibler, su Israel HaYom stigmatizza i casi di teppismo anti-arabo (giornalisticamente indicato in Israele con una locuzione che significa grossomodo “fargliela pagare”) come «un crimine e uno scandalo continuo». E aggiunge: «La grande maggioranza degli israeliani in Cisgiordania è rispettosa della legge. Solo una piccola frangia marginale si abbandona a questi comportamenti scioccanti», che oltretutto sono oro per la propaganda degli anti-israeliani. L’editorialista esorta rabbini ed educatori a educare contro tali atti e insegnare il rispetto per lo Stato, gli alti valori umanitari del giudaismo e il fatto che «la violenza degli individui è una violazione della legge ebraica non meno di quanto lo sia la profanazione del sabato». L’editoriale esorta il movimento dei coloni a isolare ed emarginare coloro che perpetrano atti anti-arabi, e dice che genitori e famiglie «devono essere doppiamente attenti che i loro figli non vengano avvelenati dall’odio che li circonda». (Da: Israel HaYom, 27.1.14)

Amos Gilboa

Amos Gilboa

Scrive Amos Gilboa, su Ma’ariv che l’attuale situazione in Siria «sembra una visione dell’inferno», e aggiunge: «Non c’è niente di più assurdo e più distaccato dalla realtà della conferenza internazionale nota come Ginevra Due, avviata lo scorso fine settimana con il dichiarato obiettivo di promuovere la riconciliazione e la fine della guerra in Siria. Né la diplomazia, né le parole altisonanti potranno far cessare l’inferno che infuria in Siria». L’editorialista si dichiara poi sconcertato “dall’apatia e passività di tutti coloro che auspicano buona volontà, giustizia e diritti nel mondo». Riprendendo un concetto già sviluppato da Frank Dimant, Amos Gilboa afferma che «ci si aspetterebbe manifestazioni continue davanti alle ambasciate siriane nelle capitali europee, e cortei di piazza, petizioni, appelli e boicottaggi contro i crimini di Assad, visto che migliaia di palestinesi sono stati uccisi e decine di migliaia sono stati ridotti a profughi. Invece, nulla di tutto questo. Ma forse si possono capire, questi europei: dopo tutto non stiamo parlando né di ebrei né di Israele». (Da: Ma’ariv, 27.1.14)

Gonen Ginat

Gonen Ginat

Scrive Gonen Ginat, su Israel HaYom: «Il parlamentare arabo-israeliano Ahmad Tibi non è stato veritiero, nelle sue dichiarazioni. La cosa deve sorprendere? Forse no. Fatto sta che durante l’intervento alla Knesset del primo ministro canadese, Tibi ha gridato, fra l’altro, che nel villaggio dove vive il suo collega, il parlamentare arabo-israeliano (beduino) Talab Abu Arar, non c’è né elettricità né acqua. Tibi non avrebbe mai pensato che qualcuno potesse prendersi la briga di andare a controllare, ma qualcuno l’ha fatto e ha scoperto che ci sono elettricità, acqua, condizionatori e televisori, e non solo in casa di Abu Arar, ma in tutto il paese. Ahmad Tibi non è solo. Anche Mahmoud Abbas (Abu Mazen) è un bugiardo. La scorsa settimana ha affermato che i palestinesi vivono qui da 1.500 anni, molto prima degli ebrei. Il problema è che due settimane prima Abu Mazen aveva annunciato che Gesù era un palestinese. Ma Gesù è vissuto 2.000 anni fa. Dunque, stando alle date dello stesso Abu Mazen, non avrebbe potuto essere un palestinese. La conclusione? I mentitori dovrebbero programmare un po’ meglio le loro balle. Abu Mazen ha conseguito un dottorato in storia (nel 1982, a Mosca, con una tesi dal sapore negazionista). Recentemente, la televisione palestinese ha trasmesso un colloquio con il dottore in storia. Durante l’intervista, Abu Mazen ha detto che re Davide era un palestinese e che la sua vittoria su Golia fu “una grande vittoria palestinese”. Ha detto che anche Mosè era un palestinese e che portò i palestinesi fuori dall’Egitto. La settimana scorsa, su diktat della Lega Araba, l’Unesco si è precipitata ad annullare l’inaugurazione di una mostra storico-archeologica su – guarda un po’ – 3.500 anni di storia ebraica in Terra d’Israele. Il motivo? I documenti storici e archeologici “potrebbero danneggiare il processo di pace”. Domanda: che valore può avere un accordo di pace siglato con gente così falsa e menzognera? Che problema avranno, il giorno dopo la firma, a sostenere che, secondo la loro visione del mondo, non c’è mai stato nessun accordo?» (Da: Israel HaYom, 24.1.14)