Parlamento sovrano

Un passaggio storico nella lunga battaglia degli israeliani per il loro focolare nazionale

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_419Ha scritto Ha’aretz (26.10): Il voto alla Knesset sul piano di disimpegno dalla striscia di Gaza e sulla smantellamento di alcuni insediamenti nel nord della Cisgiordania rappresenta un passaggio storico nella lunga battaglia degli israeliani per il loro focolare nazionale: la battaglia per quel focolare nazionale sionista, circoscritto, democratico, laico e pacifico a cui aspiravano i fondatori dello Stato d’Israele. Il primo ministro Ariel Sharon merita appoggio e stima per l’iniziativa del disimpegno. Sharon, che purtroppo ha compreso in ritardo il suo errore, sta emergendo come uno statista coraggioso, alfiere della moderazione. Proprio lui, e forse soltanto lui, è il leader che può affrontare la creatura che si è rivoltata contro il suo artefice, e sconfiggerla.

Ha scritto Nahum Barnea su Yediot Aharonot (25.10): L’errore di tanti commentatori è di aver ritenuto Sharon l’alfiere delle richieste dei coloni, dell’espansione territoriale, della totalità della Terra d’Israele. Si è scambiata la politica a sostegno degli insediamenti con un dogma. La frattura che si è prodotta è la dimostrazione di questo errore. Se infatti molti coloni credono nella sacralità della terra, Sharon pensa alla terra soltanto in termini di garanzie di sicurezza per Israele.

Ha scritto il Jerusalem Post (26.10): Questo giornale, come gran parte del paese, ha appoggiato con riluttanza il piano di disimpegno del primo ministro Sharon. Un piano che nessuno considera l’optimum, sicuramente non noi. Ma il nostro punto, oggi, non è dire alla Knesset come deve votare, bensì qualcosa di più importante: formulare un appello per il rispetto dei risultati della votazione. Nel nostro sistema di governo, noi cittadini eleggiamo un parlamento perché rappresenti la popolazione. È la Knesset, non i sondaggi d’opinione né il governo, che è depositaria della responsabilità ultima di respingere o confermare fondamentali scelte politiche. In alcuni paesi anche i referendum costituiscono uno strumento legittimo di espressione della sovranità popolare, ma Israele non ha una legge che preveda il ricorso a questo strumento. La mancanza di un referendum non toglie nulla alla legittimità della decisione della Knesset. Dopodiché spetta al primo ministro l’onere di attuare il piano senza portare alla lacerazione del paese. Ma il vero test della nostra democrazia ricade su tutti noi cittadini israeliani, e inizia con l’accettare la piena legittimità di questa e delle altre decisioni del nostro parlamento sovrano.

Scrive Ha’aretz (27.10): Dopo due sconfitte del piano di disimpegno da parte del suo stesso partito (in un referendum interno e al comitato centrale), Sharon ha avuto martedì sera la sua vittoria decisiva alla Knesset. Quel voto costituisce un significativo passo verso un reale disimpegno d’Israele dalla striscia di Gaza. Israele deve ora concentrarsi sulla fase successiva del piano. Naturalmente bisogna adottare misure difensive contro attacchi da Gaza: lanci di missili Qassam e colpi di mortaio sulle case israeliane o tentativi di infiltrazione di palestinesi armati, senza arrivare tuttavia all’uccisione di molti palestinesi ad ogni incursione di soldati israeliani dentro la striscia. L’Egitto ha un ruolo importante da svolgere nella prossima fase del disimpegno. In quanto paese guida nel mondo arabo, e con la striscia di Gaza ai suoi confini, può esercitare influenza su tutte le parti. Nella prossima fase sarà poi necessario avviare negoziati con i palestinesi e con varie agenzie internazionali su come gestire la grande quantità di immobili che Israele lascerà dietro di sé dopo il ritiro.

Scrive Yediot Aharonot (27.10): Benché sia troppo presto per scrivere il necrologio del Likud, tutti sanno che questa formazione politica sembra prossima alla fine. Attualmente si trova in sala di rianimazione, con una equipe di medici (da Bibi Netanyahu a Zevulon Orlev) che cerca di rianimarla, ma basterà un altro sbalzo di energia elettrica per avere il cardiogramma piatto. E’ paradossale che proprio uno di coloro che contribuirono a dare vita al Likud nella sua forma attuale, il primo ministro Ariel Sharon, sia anche colui che ne ha abbreviato i giorni. Secondo Yediot Aharonot, il Likud è destinato a dividersi, con il movimento originario che andrà ad unirsi alla destra (estrema?), mentre l’altra ala si posizionerà al centro, accanto a Shinui e laburisti. Buon senso vorrebbe che queste formazioni si unificassero, con buona probabilità di guadagnarsi una grande maggioranza dell’elettorato. Ma l’ego eccessivo dei leader politici renderà verosimilmente impraticabile questa prospettiva.

(Da: Ha’aretz, Jerusalem Post, Yediot Aharonot, 26-27.10.04)

In alto: vignetta pubblicata su Ha’aretz (Sharon malinconicamente seduto sulla tomba di Rabin, nell’anniversario della sua morte: “Shalom, haver”)