Per Human Rights Watch, Israele è sempre colpevole

E così scredita i fondamenti stessi dei diritti umani

di Gerald M. Steinberg

image_2389Da parecchi anni Ken Roth e il suo Human Rights Watch sono in prima linea in una campagna volta a criminalizzare le attività difensive anti-terroristiche etichettando Israele come uno dei peggiori autori di crimini di guerra. Sfoghi viscerali, un contorto linguaggio pseudo-giuridico e una notevole dose di pregiudizio post-coloniale hanno contribuito alla demolizione su basi ideologiche dei principi stessi che stanno alla base dei diritti umani.
Nel denunciare le operazioni anti-Hamas delle Forze di Difesa israeliane nella striscia di Gaza, Roth sfrutta le competenze acquisite durante i suoi anni come pubblico ministero a New York per creare accuse pretestuose sulla base di “prove” non dimostrate e avulse dal loro contesto. Vorrebbe che pensassimo che un esercito – quello israeliano in particolare – che naturalmente non è perfetto debba essere condannato in toto, indipendentemente dalle circostanze. I suoi atti d’accusa combinano mezze verità, congetture, prove non verificabili e affermazioni soggettive che possono risultare convincenti solo agli occhi di una giuria che non abbia la minima idea di cosa sia il terrorismo, che non sappia nulla di Hamas, né di guerra asimmetrica né di diritto internazionale, animata in partenza da un forte pregiudizio anti-israeliano.
Le affermazioni di Human Rights Watch su Gaza ricalcano lo schema tipico dell’organizzazione e la pratica che utilizza da molti anni. Ad esempio, nell’ottobre 2000 Human Rights Watch si unì al coro che incolpava Israele per la morte fortemente pubblicizzata del piccolo Muhammad al-Dura, citando “testimoni oculari” e respingendo ogni prova contraria. Pochi mesi fa, un rigoroso tribunale francese ha riesaminato in dettaglio il caso nel quadro di una causa per diffamazione e si è pronunciato a favore di coloro che sostengono che il celeberrimo video della morte di al-Dura deve essere stato manipolato dal cameraman palestinese ingaggiato dalla tv “France 2”, che era anche l’unico “testimone oculare” del fatto.
Nel 2004 Roth ha tenuto una conferenza stampa di alto profilo all’American Colony Hotel di Gerusalemme per pubblicizzare un atto d’accusa di 135 pagine patinate intitolato “Radere al suolo Rafah”. L’uso del termine “resistenza” per indicare il terrorismo e l’utilizzo del rapporto per promuovere la campagna di boicottaggio della Caterpillar colpevole di vendere in Israele svelavano il preconcetto ideologico che anima l’organizzazione. L’accusa principale era che i tunnel fra Egitto e striscia di Gaza non ponevano quasi nessuna minaccia e, secondo gli “esperti” citati tra cui dei rappresentanti di commercio, potevano essere facilmente individuati con attrezzature usate in America. Gli attacchi delle Forze di Difesa israeliane contro gli edifici che nascondevano le imboccature dei tunnel venivano quindi definiti “inutili” e “illegali” e accusati d’avere in realtà lo scopo di perpetuare “il controllo a lungo termine sulla striscia di Gaza”. Meno di un anno dopo Israele si ritirava completamente da Gaza, lasciando aperta la strada all’importazione praticamente incontrollata di migliaia di razzi esattamente attraverso quei tunnel. Human Rights Watch aveva clamorosamente sbagliato, ma non ne ha tratto alcun insegnamento.
Roth ha seguito uno schema analogo durante la seconda guerra in Libano, contro Hezbollah, dell’estate 2006, quando di nuovo diffuse molte accuse infondate citando i soliti “testimoni oculari” da un territorio che era sotto il completo controllo di Hezbollah. Nel caso dell’attacco a Kana, Human Rights Watch fece proprio e diffuse un bilancio di vittime che era almeno doppio rispetto a quello fornito sul posto dalla Croce Rossa. Per questo e per altri casi simili, Roth non ha mai fatto ammenda, né è mai stata condotta un’indagine indipendente sui numerosi errori e pregiudizi messi in circolazione da Human Rights Watch.
Per quanto riguarda i crimini di guerra commessi da gruppi terroristi come Hezbollah e Hamas, più e più volte Roth ha preferito ignorare prove evidenti, rifiutandosi di emettere pubbliche condanne o di indire una delle sue conferenze stampa per propugnare la necessità di approfondite indagini. Viceversa, Israele viene sempre considerato colpevole sin dall’inizio. Human Rights Watch ha emesso diciotto distinte condanne della politica israeliana a Gaza nel solo 2008 sfruttando la terminologia del diritto internazionale, compresa la falsa accusa ad Israele di adottare “punizioni collettive” o di causare “crisi umanitarie”.
Quasi nulla è stato detto circa le evidenti violazioni da parte palestinese delle leggi di guerra e del comune senso morale come il lancio di migliaia di razzi sui civili, l’indiscutibile utilizzo di scudi umani, la presa in ostaggio di Gilad Schalit cui sono stati finora sistematicamente negati tutti i più elementari diritti del prigioniero.
La questione del fosforo bianco – la principale arma brandita da Roth contro Israele nella controffensiva anti-Hamas a Gaza – non è che un aspetto di questa guerra complicata (il fosforo bianco non è considerato arma chimica e le convenzioni internazionali permettono ai militari di usarlo per creare lampi luminosi e cortine fumogene, purché non in zone densamente abitate perché può provocare gravi ustioni. La Croce Rossa Internazionale ha riconosciuto l’inesistenza di prove che Israele abbia fatto uso illegale di bombe al fosforo durante la controffensiva anti-Hamas).
Ancora un volta Roth ha imbastito un aggressivo atto d’accusa altamente fuorviante, basato sull’asserzione che le Forze di Difesa israeliane avrebbero causato danni ai civili inutili e indiscriminati. Roth è forse in grado di fornire tutti i dettagli sull’uso fatto dai combattenti Hamas di ogni singola casa, scuola, moschea e ospedale preso di mira delle forze israeliane? E come fa “l’esperto militare” di Human Rights Watch (a quanto pare il solito Marc Garlasco, il cui pregiudizio ideologico e la cui imperizia sono già risultati evidenti nel caso di Rafah) a fare queste valutazioni guardando i fatti da una località esterna alla striscia di Gaza, a una distanza non precisata?
Roth difende la campagna sbilanciata di Human Rights Watch sul fosforo bianco sostenendo che le azioni illegali dei terroristi non giustificano misure difensive “illegali”. Ma, come dice Avi Bell, esperto in diritto internazionale, “quando un combattente si fa scudo di un edificio civile, quell’edificio cessa di essere un obiettivo civile e diventa un obiettivo militare [“The presence of a protected person may not be used to render certain points or areas immune from military operations”, art, 28 della Quarta Convenzione di Ginevra]. L’utilizzo di scudi civili è determinante per stabilire lo standard di legalità”. Invece la marea di accuse mosse da Human Rights Watch implica di fatto che qualunque misura difensiva è in qualche modo “illegittima”.
È chiaro che nella difficile guerra difensiva contro organizzazioni terroristiche come Hamas e Hezbollah vengono commessi degli errori, talvolta tragici, e che devono essere corretti. Ma il sistema di controlli della democrazia israeliana è chiaramente più credibile degli sfoghi viscerali di Roth, degli “esperti” ideologizzati di Human Rights Watch e del loro uso controproducente della terminologia del diritto internazionale. Infatti, oltre a demonizzare il diritto di Israele a difendere i suoi cittadini dalle aggressioni, questa cinica distorsione alla lunga logora i fondamenti etici della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. E quest’opera di screditamento morale è esattamente il contrario degli alti obiettivi che si erano dati i fondatori di Human Rights Watch.

(Da: Jerusalem Post, 26.01.09)

Nella foto in alto: Crimini di guerra palestinesi che Human Rights Watch preferisce non vedere (le convenzioni internazionali vietano l’uso militare di civili e bambini)