Per loro stessa ammissione

Non si può chiedere a Israele di rispettare lopinione della Corte quando alcuni degli stessi giudici trovano molto difficile rispettarla

di Malcolm I. Hoenlein, presidente Conferenza Presidenti Organizzazioni Ebraiche Usa

image_306Il parere della Corte Internazionale dell’Aja contro la barriera di sicurezza israeliana è stato aspramente criticato: manca di credibilità, non considera il contesto più ampio del conflitto, ignora il terrorismo palestinese, nega il diritto di Israele all’autodifesa, la sua ricostruzione della storia del conflitto non è equilibrata. E queste, si badi bene, sono le critiche che vengono dai giudici stessi della Corte.
Infatti, nonostante l’adozione a stragrande maggioranza del parere della Corte dell’Aja da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu, le singole opinioni dei giudici rivelano un quadro assai più complesso. Solo il giudice statunitense Thomas Buergenthal ha votato contro il parere consultivo. Ma i giudici britannico, olandese e giapponese, pur votando a favore, hanno comunque espresso importanti riserve.
Il giudice Buergenthal non ha usato mezzi termini nella sua nota di dissenso. Ha scritto che gli attentati terroristici “non sono mai stati seriamente esaminati dalla Corte, ed il dossier fornito alla Corte dalle Nazioni Unite, sul quale la Corte ha basato in gran parte le sue conclusioni, tocca a malapena questo tema”.
Ma la giudice britannica Rosalyn Higgins è stata altrettanto netta sulla mancanza di contestualizzazione della sentenza: “La Corte – scrive la Higgins – ha affermato di essere certamente consapevole che la questione del ‘muro’ rientra in una questione più vasta e che avrebbe preso attentamente in considerazione queste circostanze nell’esprimere la sua opinione. In realtà, non lo ha mai fatto”.
In un altro passo, la Higgins definisce la ricostruzione storica del conflitto arabo-israeliano fatta dalla Corte “né equilibrata né soddisfacente”. La Higgins inoltre, insieme ai giudici olandese e giapponese, critica il tentativo di collegare questo caso con il caso Namibia, che portò alla condanna dell’apartheid in Sudafrica.
La Higgins appare chiaramente irritata dalla grottesca conclusione della Corte secondo cui Israele non avrebbe diritto a difendesti di fronte al terrorismo palestinese. “Non riesco a capire il punto di vista della Corte per cui una potenza occupante perderebbe il diritto a difendere i propri cittadini civili sul proprio territorio se gli attacchi provengono dal territorio occupato: la Palestina non può essere un’entità internazionale sufficiente per essere convocata in questo procedimento e per beneficiare del diritto umanitario, e nello stesso tempo un’entità internazionale non sufficiente perché le si possa applicare il divieto di sferrare attacchi armati contro altri. Si tratta di un formalismo di tipo fazioso”. A giudicare dalla durezza di queste obiezioni, c’è da stupirsi che la Higgins non abbia votato contro il parere della Corte.
I due giudici arabi, dal canto loro, non si sono accontentati di privare Israele del diritto all’autodifesa. Il giudice giordano Awn Shawkat Al Khasawneh attacca la Road Map, l’unico piano di pace attualmente accettato da israeliani, palestinesi e dal Quartetto di mediatori (Usa, Ue, Russia e Onu). Secondo il suo parere legale, “gli obblighi mutui e reciproci” previsti dalla Road Map non sussistono più. E quali sono i principali obblighi per i palestinesi previsti dalla Road Map? Porre fine al terrorismo, riformare il processo politico, porre fine alla corruzione.
L’opinione del giudice egiziano Nabil Elaraby esemplifica meglio di ogni altra cosa come la Corte non abbia voluto fare i conti con i fatti nel formulare la propria opinione. Scrive Elaraby che la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza “richiede il ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati nel conflitto”. In realtà, la risoluzione 242 prevede il ritiro israeliano “da territori” conquistati nella guerra dei sei giorni del 1967, non “dai territori” né “da tutti i territori”. Arthur Goldberg, ambasciatore Usa alle Nazioni Unite all’epoca in cui la risoluzione venne negoziata, ha confermato l’intesa che venne raggiunta su questo punto: “E’ significativa l’omissione, tutt’altro che casuale, delle parole ‘dai’ o ‘da tutti’ o “fino alle linee del 5 giugno 1967”. La risoluzione parla di ritiro ‘da territori occupati’, senza indicare l’estensione di tale ritiro”.
Meno sottile è la giustificazione del terrorismo palestinese fatta dal giudice Elaraby. “In tutti gli annali della storia – scrive – l’occupazione ha sempre incontrato una resistenza armata. La violenza genera violenza”.
Non contento di distorcere i fatti, Elaraby li inventa anche. “Più di centomila civili non combattenti – scrive – sono stati ridotti senza casa” a causa della barriera. Se centomila palestinesi fossero stati ridotti senza casa dalla barriera sarebbe sicuramente una tragedia. Invece è solo una bugia. Persino il rapporto dell’aprile 2004 del Palestinian Central Bureau of Statistics racconta una storia diversa: dieci edifici residenziali distrutti e 14 parzialmente danneggiati a causa della costruzione della barriera.
Non si può chiedere a Israele di rispettare l’opinione della Corte quando alcuni degli stessi giudici trovano molto difficile rispettarla. Le loro recriminazioni vanno ben oltre il normale disaccordo. Esse mostrano irritazione per la pregiudiziale richiesta dell’Assemblea Generale di condannare questa misura passiva e non violenta di risposta al terrorismo, senza tenere in alcun conto quello stesso terrorismo che l’ha resa necessaria.
L’opinione della Corte rappresenta un ostacolo alla pace, non un’espressione di giustizia. Essa alimenta l’illusione che la violenza paghi e che venga premiata, negando così la possibilità di negoziati.
E’ disdicevole che un altro importante ente internazionale sia stato umiliato e svilito da coloro che si fanno portatori di obiettivi politici estremisti nel loro sforzo senza tregua di isolare Israele.

(Da: Jerusalem Post, 25.07.04)

Nella foto in alto: la giudice Rosalyn Higgins

Vedi anche:
Per una corretta lettura della risoluzione Onu 242

https://www.israele.net/prec_website/analisi/27120242.html