Per una via d’uscita

Mofaz propone un piano sulle orme di Sharon

di Ari Shavit

image_2657Ariel Sharon non era un ideologo, ma ha lasciato un messaggio: spartire la Terra d’Israele. Sharon non credeva nella possibilità concreta della pace. Sapeva quanto il contenzioso fosse realmente profondo, non si fidava degli arabi e non dimenticava il 1948. Ma il tempo trascorse, e Sharon perse fiducia anche nell’occupazione. Ci mise del tempo, ma capì che lo status quo mette in pericolo l’esistenza stessa dello stato ebraico. Così iniziò a cercare una terza via, quando era ormai oltre la settantina: una via che garantisse ai palestinesi uno stato e a Israele confini difendibili, senza necessariamente arrivare alla fine ufficiale del conflitto.
L’obiettivo strategico di Sharon era un accordo provvisorio a lungo termine. L’alternativa strategica era una situazione provvisoria a lungo termine senza accordo. In entrambi i casi, Sharon era convinto che Israele dovesse agire con rapidità e con determinazione, che dovesse stabilire dei confini tali da permettere a israeliani e palestinesi di vivere fianco a fianco: senza una vera pace, ma anche senza occupazione.
Ehud Olmert e Tzipi Livni hanno ereditato il partito di Sharon (Kadima) e il suo staff, ma ne hanno demolito il retaggio. Tradendo ciò in cui credeva Sharon, hanno perseguito un accordo permanente. E, anche qui in totale contrasto con il tratto distintivo di Sharon, non hanno fatto nulla per cambiare la realtà sul terreno. Invece di una terza via, Olmert e Livni hanno adottato la via del Meretz (sinistra sionista pacifista). Tra una guerra e la successiva, hanno parlato di pace e promesso la pace, ammantandosi della retorica della pace. I leader di Kadima hanno fatto un uso cinico dello strumentario di Kadima e della sua posizione politica con lo scopo di promuovere un programma che non era quello di Kadima, una via che portava in un vicolo cieco.
Questa settimana Shaul Mofaz cercherà di rivitalizzare la vera via di Kadima. Con l’aiuto di un piccolo gruppo di esperti e la cooperazione di svariati istituti di ricerca, l’ex ministro della difesa ha analizzato a fondo la situazione strategica cercando una via d’uscita. Ha cercato un nuovo principio organizzativo che possa riavviare un razionale processo diplomatico che non sia distaccato dalla realtà. Ne è risultato un programma diplomatico originale e creativo che Mofaz intende presentare in questi giorni. Un piano che sfiderà Netanyahu, Barak, Livni e l’intero establishment politico.
L’assunto di base di Mofaz è lo stesso di Sharon: da una parte il fatto che, a questo punto della vicenda, ci sono ben poche chance di arrivare a un accordo per lo status definitivo; dall’altra il fatto che Israele deve urgentemente realizzare un cambiamento che produca una soluzione “a due stati”. Il modo per farlo è attraverso una soluzione ad interim: un accordo che dia vita a uno stato palestinese nell’arco di due anni su circa il 60% del territorio di Cisgiordania.
Mofaz è consapevole che i palestinesi diffidano della creazione di uno stato con confini provvisori. Per questa ragione raccomanda che, insieme all’attuazione dell’accordo ad interim, si tengano negoziati intensivi su un accordo per lo status definivo. Secondo la sua valutazione, l’istituzione di uno stato palestinese aumenterà la pressione su entrambe le parti affinché facciano le concessioni necessarie per arrivare a uno storico compromesso. Ma quand’anche lo sforzo di fare la pace fallisse nuovamente, a quel punto la soluzione a due stati di fatto avrebbe già messo radici.
Una volta che il 99% dei palestinesi saranno cittadini di un libero stato di Palestina, la situazione israelo-palestinese si presenterà assai diversa. Una volta applicata la legge per lo sgombero/compensazione (dei coloni), Israele convergerà gradualmente all’interno dei suoi confini. Se anche il conflitto non dovesse finire immediatamente, sarebbe comunque stabilizzato. Esattamente come nella visione di Sharon, israeliani e palestinesi potranno vivere fianco a fianco in relativa calma fino a quando arriverà la pace ufficiale.
Per tutta la sua vita Shaul Mofaz è stato disdegnato e deriso dai mass-media israeliani. Nel settembre 2008 due canali tv sono stati determinanti nel sottrargli la leadership di Kadima. Ma Mofaz è uomo che si eleva al di sopra della propria immagine. Il piano che ha preparato non è senza pecche né privo di rischi. Ma è il piano più serio e concreto che un leader israeliano abbia approntato da diversi anni a questa parte. Ha il sostegno di Ehud Barak e di Shimon Peres, e ha qualche possibilità di risultare interessante ad americani e arabi moderati. È un piano che potrebbe anche riportare Kadima sulla sua perduta via. Pertanto vale la pena prestare ascolto a questo ex capo di stato maggiore, e sarebbe appropriato dargli il credito con cui lanciare la sua iniziativa. Non ci sarebbe da meravigliarsi se questa mossa di Mofaz portasse ancora una volta a un riassetto del quadro politico israeliano.

(Da: Ha’aretz, 6.11.09)