Perché l’arabo fa paura?

Proposta di cancellare lo status dell’arabo come una delle lingue ufficiali di Israele

Da un articolo di Marzuk Halabi

La proposta razzista dell’onorevole Limor Livnat di annullare lo status dell’arabo come una delle lingue ufficiali di Israele ha vari aspetti – legali, pratici, culturali, e politici.

Mentre non si può ‘biasimare’ l’ex ministro dell’istruzione per eccessiva sensibilità alla legge o alla cultura, si può presumere che i suoi motivi abbiano a che vedere solo con gli aspetti politici. Questi motivi sono alla base di una proposta analoga presentata alla Knesset nel 1999 e respinta.

Proprio come tutto il resto nel paese, la decisione sullo status legale dell’arabo risale ai tempi del Mandato Britannico. A quel tempo fu deciso che tre lingue – ebraico, arabo e inglese – ottenessero status ufficiale dal governo. Un piccolo emendamento cancellò lo status dell’inglese come lingua ufficiale e rimasero ebraico ed arabo.

La decisione aveva significato politico, determinando la natura bilingue del paese. Questo significava che lo stato doveva usare entrambe le lingue per quanto riguardava i ministeri, la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti e le discussioni legali.

In pratica, l’arabo era emarginato, non solo a causa di pratiche governative che davano smaccata preferenza alla lingua ebraica, ma anche a causa del silenzio della minoranza araba, che era occupata a sopravvivere ed a rafforzare il suo status civile.

Il bilinguismo in Israele è rimasto un’opzione per la minoranza araba, ma non per l’intero paese. La minoranza araba deve parlare l’ebraico a livello di madre lingua se desidera ‘integrarsi’ nella società israeliana. Nel frattempo, per la maggioranza ebraica, la conoscenza della seconda lingua ufficiale del paese è solo un’opzione.

L’emarginazione culturale della lingua araba sottolinea l’esclusione della minoranza araba dalla società israeliana e limita la possibilità dei giovani arabi di integrarsi. Per esempio, gli studi accademici sono possibili solo in ebraico, un fatto che costituisce un ostacolo ed impedisce a decine di migliaia di giovani arabi di ottenere un’istruzione superiore.

I gap tra la minoranza araba e la maggioranza ebraica in Israele rafforzano un rapporto di incomprensione e di paura dell’”altro”, la cui lingua non viene compresa dalla maggior parte degli ebrei del paese.

Il tentativo di cancellare completamente la lingua araba servirebbe solo ad acuire il senso di timore e di orrore che gli ebrei provano nei confronti dell’arabo. Ci sono innumerevoli casi documentati in cui agli arabi in luoghi di lavoro o altrove veniva richiesto di parlare solo ebraico. Una delle argomentazioni ripetute in questo contesto è che la lingua araba è percepita come minacciosa e temibile.

Quindi, la proposta di Livnat ingrandirebbe i gap già esistenti e cancellerebbe il poco che è stato fatto negli anni per promuovere una società multiculturale nel paese. Concedere legittimità ad una lingua parlata da circa il 20% dei cittadini del paese significherebbe ridurre un poco l’oppressione culturale sentita dalla minoranza araba. Un altro ministro dell’istruzione, Shulamit Aloni, è stata abbastanza saggia da capirlo, e grazie a lei abbiamo visto la costituzione del teatro arabo a Haifa. All’epoca pensammo che finalmente Israele si stesse muovendo nella direzione di una società che dà espressione alla ricchezza culturale in essa contenuta.

La proposta di Livnat contraddice le comuni percezioni nei paesi illuminati che devono trattare con una società multiculturale. Per esempio, lo status della lingua francese è trincerato nella costituzione canadese, mentre in Finlandia, dove gli svedesi costituiscono solo circa il 6% dei residenti, la lingua svedese è presente in ogni attività quotidiana governativa ed è facilmente accessibile.

La proposta di Livnat non è intesa a proteggere l’ebraico, che gode dell’egemonia sotto gli auspici della politica attuale. Piuttosto, la proposta intende minare la lingua araba e schiacciare quanto è già sbocciato nella cultura araba in Israele.

Non possiamo insegnare a Livnat ed ai suoi simili l’importanza di una lingua madre per una persona, nemmeno se ci facessimo aiutare da teorici e scrittori per lodare l’importanza della lingua madre nel proteggere la cultura dei gruppi minoritari. Tuttavia, lo stato d’Israele potrebbe lasciarsi sfuggire una rara opportunità di essere un paese che aspira al multiculturalismo, alla minimizzazione dei gap ed all’eguaglianza civile, solo per il capriccio di un legislatore il cui interesse nell’ ottenere vantaggi elettorali temporanei può gravemente minare il poco che è stato raggiunto in questo campo.
(Da: Ynet, 08.06.08)