Perché non si può dire che Israele è lo stato ebraico?

Qualche interrogativo sulle furibonde reazioni, anche all’interno di Israele.

Di Yoaz Hendel

image_2965Non è infondato l’argomento di chi sostiene che la tempistica dell’iniziativa politica a favore della definizione di Israele come stato nazionale del popolo ebraico (intrapresa attraverso una varietà di proposte, dall’emendamento del giuramento di cittadinanza alla richiesta di riconoscimento da parte araba e palestinese) è legata a calcoli e tatticismi politici. Ma, pur ammettendo che sia così, resta la domanda: e allora? Forse che ciò ha il potere di modificare la definizione di questo paese? Dopotutto furono le Nazioni Unite che qualificarono questo stato come “ebraico”, nel loro piano del 1947 per la spartizione del Mandato Britannico, e fu il primo ministro David Ben-Gurion che proclamò la nascita di uno “stato ebraico” con la Dichiarazione di Indipendenza del 1948 (“E pertanto dichiariamo la creazione di uno stato ebraico in Terra d’Israele che si chiamerà stato d’Israele”). Dunque, perché non dovrebbe fare lo stesso il primo ministro del 2010?
Quando è emersa l’iniziativa di emendare la legge sull’acquisizione della cittadinanza (con la proposta di modificare il giuramento di fedeltà allo “stato d’Israele” in un giuramento di fedeltà allo “stato ebraico e democratico di Israele”), ho avuto qualche difficoltà a capire come mai tale iniziativa suscitasse così tanta agitazione. Ingenuamente pensavo che il dibattito, qui, vertesse sulla scelta dei tempi, non certo sulla sostanza della cosa. “È vuota retorica, è solo demagogia”, sentivo che dicevano gli avversari dell’emendamento.
Ebbene, mi sbagliavo. Da quando l’iniziativa politica ha preso corpo, ho scoperto che tutta quell’agitazione – da qui fino in Europa – ha a che fare davvero con la definizione in se stessa.
E così, sono stato preso da un complessivo senso di disagio. Ma non tanto per una proposta di legge piuttosto irrilevante, né per la reazione stizzita di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) alla richiesta di riconoscimento. Ciò che davvero mi disturba sono i toni della contestazione interna, qui in Israele; quella voce uniforme che ci arriva dai “settori illuminati” della società israeliana schierati contro la definizione di questo stato come “ebraico”.
Ognuno ha la propria spiegazione del perché sarebbe tanto pericolosa: politici mutevoli, dotti professori d’università, giornalisti super esperti, anche divi e attori. Tutti che ci illuminano con acute analisi sul concetto di fascismo. Eppure a me, di fronte a questo festival di proteste, restano molti punti interrogativi. Mi pongo delle domande su una campagna di pubbliche proteste nella quale nessuno sente il bisogno, in mezzo a tutti i dubbi e le critiche, di ricordare, almeno tra parentesi, il dato di fatto che Israele è, in effetti, lo stato nazionale del popolo ebraico. “E che bisogno abbiamo di ricordarlo?”, mi ha chiesto un uomo di lettere che vanta tutta una serie di titoli universitari – In fondo, tutti sanno che Israele è lo stato ebraico”.
Beh, la verità è che non tutti lo sanno, o lo accettano: né qui, né attorno a noi, né al di là del mare.

(Da: YnetNews, 19.10.10)

Nelle foto in alto: Il Magen David (Stella di Davide) su un fregio della sinagoga di Cafarnao (II-III sec e.v.); la stella gialla imposta dai nazisti agli ebrei d’Europa; la tomba di un soldato alleato caduto nella seconda guerra mondiale; la bandiera dello Stato d’Israele