Perché i palestinesi rifiutano caparbiamente di riconoscere Israele come stato ebraico?

Opporsi a Israele come stato nazionale del popolo ebraico è più importante di qualunque questione territoriale, perché è il vero cuore del problema

Di Dror Eydar

Dror Eydar, autore di questo articolo

Dror Eydar, autore di questo articolo

Perché è così difficile trovare un riconoscimento dello stato ebraico da parte palestinese, anche se si scorrono tutte le dichiarazioni dell’Autorità Palestinese e dei suoi dirigenti degli ultimi vent’anni? Semplice: perché non esiste. In realtà, per i palestinesi opporsi al riconoscimento di Israele come stato nazionale del popolo ebraico è più importante di qualunque questione di territorio, dal momento che questo è il vero cuore del conflitto più che l’insensata questione territoriale che ci viene spacciata da anni. Non si tratta del territorio, degli insediamenti e nemmeno dei diritti dei profughi. Nient’affatto. Il contenzioso che dura ormai da più di cento anni è sul diritto del popolo ebraico ad avere una sede nazionale indipendente in Terra di Israele. Non solo i palestinesi: in realtà nessuno stato arabo riconosce il diritto degli ebrei in quanto tali a una qualsiasi porzione di terra in questa parte del mondo. Oscurano il problema parlando genericamente di “riconoscimento di Israele” perché la volontà è quella di perpetuare il conflitto anche dopo la firma di un trattato diplomatico: da quel momento partirà la campagna per sostenere falsamente che la minoranza araba dentro Israele soffre sotto il giogo dell’“apartheid” sionista e che dovrebbe invece godere della massima autonomia in quanto parte del popolo palestinese, che è qui fin dall’alba della creazione eccetera. La battaglia internazionale contro Israele non cesserà affatto: continuerà anzi a operare per lo smantellamento dell’identità ebraica d’Israele, sino a farne uno stato in cui gli ebrei non siano altro che una componente di minoranza. Senza il chiaro riconoscimento del diritto degli ebrei ad avere uno stato ebraico non ci sarà mai vera fine del conflitto.

Tutta la propaganda e la pubblicistica palestinese ribadiscono in modo martellante, anche graficamente, il concetto che Israele in quanto tale è illegittimo e criminale e che tutto il Paese appartiene agli arabi

Tutta la propaganda e la pubblicistica palestinese ribadiscono in modo martellante, anche graficamente, il concetto che Israele in quanto tale è illegittimo e criminale e che tutto il Paese appartiene agli arabi

Il segretario di stato Usa John Kerry dovrebbe rileggere la Carta Nazionale Palestinese, il documento fondante del “moderato” Fatah, nuovamente ratificata dal Congresso del Movimento di Fatah, a Betlemme nell’agosto 2009, quando il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) venne nuovamente eletto a capo dell’organizzazione. Quel congresso approvò una piattaforma che prevedeva il principio della ” irrevocabile e assoluta opposizione al riconoscimento di Israele come stato ebraico, per proteggere i diritti dei profughi e i diritti del nostro popolo al di là della Linea Verde [i.e. gli arabi israeliani]”.

Eccola qua la ragione del rifiuto palestinese di riconoscere uno stato ebraico: anche dopo la firma di un accordo, essi continueranno a pretendere che i profughi (e i loro discendenti) “ritornino” al di là della Linea Verde per unirsi ai “palestinesi” dentro Israele e trasformare Israele in uno stato bi-nazionale (a maggioranza araba). Sia Abu Mazen che il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat hanno votato a favore di quella piattaforma.

Ed ecco cosa dice la Carta palestinese finora immodificata, nonostante le ripetute promesse: “La rivendicazione di legami storici o religiosi degli ebrei con la Palestina è incompatibile con i fatti della storia e con l’autentico concetto di statualità. Il giudaismo, essendo una religione, non è una nazionalità indipendente, né gli ebrei costituiscono una singola nazione con una propria identità: essi sono cittadini degli stati a cui appartengono”. Gli ebrei non sono un popolo ma una religione, e quindi non hanno diritti nazionali. Chiaro e semplice. Basta leggere.

L’insistenza sul riconoscimento di uno stato ebraico non serve a noi israeliani. Noi non abbiamo bisogno del riconoscimento da parte di Ramallah. L’appello a riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico ha lo scopo di rimuovere le fondamenta della tattica graduale palestinese per cui ogni territorio ottenuto serve come base di partenza per la rivendicazione successiva. E non basta un riconoscimento di parole vuote, ma un riconoscimento che si affermi nelle scuole e nei mass-media palestinesi. Allo stato attuale, lo stato ebraico di Israele non esiste nell’Autorità Palestinese. Pertanto l’insistenza israeliana sul riconoscimento non è negoziabile. Senza di questo, tanto vale mantenere lo status quo. La minaccia che senza un accordo diplomatico la situazione di Israele è destinata a diventare gravissima viene agitata da un centinaio di anni. Non cercate di spaventarci, giacché sinora ce la siamo cavata piuttosto bene. (Da: Israel HaYom, 16.3.14)

Shaul Rosenfeld

Shaul Rosenfeld

Scrive Shaul Rosenfeld, su YnetNews: «Il motivo dell’ostinazione palestinese nel non riconoscere uno stato nazionale ebraico deriva naturalmente dalla paura che ciò possa danneggiare la rivendicazione dei profughi di stabilirsi in Israele, ma deriva soprattutto dal semplice fatto che Abu Mazen, come tutti gli altri dirigenti dell’Autorità Palestinese, fa parte di una lunga realtà palestinese che nega che gli ebrei costituiscano un gruppo nazionale che ha diritto a un proprio stato.

“Quando dicono che i palestinesi si oppongono non solo al controllo israeliano su Hebron, ma anche al controllo israeliano su Tel Aviv, hanno perfettamente ragione”

Nessuno di loro ha mai veramente rinunciato all’annosa ambizione che lo stato d’Israele come tale venga sopraffatto, con le armi o con la demografia. In tutto l’ethos e la letteratura palestinese non c’è un briciolo di reale volontà di un vero riconoscimento. È un’intera letteratura piena sin dal 1948 di discussioni sul “problema palestinese” con gran copia di spiegazioni circa l’orribile peccato della creazione di Israele, e di quanto sia cosa buona e giusta rimuoverlo da questo mondo e di quanto sia altrettanto vero che gli ebrei non sono né un popolo né una nazione. Peter Beinart, uno dei astiosi critici di Israele nella sinistra ebraica radicale americana, ha ammesso di recente: “Tutti i palestinesi che conosco ritengono il sionismo politico in quanto tale un’ideologia razzista costruita sulla pulizia etnica: in questo senso, quando i falchi ebrei dicono che i palestinesi si oppongono non solo al controllo israeliano su Hebron, ma anche al controllo israeliano su Tel Aviv, hanno perfettamente ragione”. Anche se questa amara verità non interessa granché ai vari “pacifisti”, israeliani e no, il grosso della realistica opinione pubblica israeliana si rende ben conto che dietro all’ostinazione palestinese sta l’ideologia organizzata del rifiuto di accettare Israele, nei confini del 1948 come in qualunque confine, e nella stessa misura la celata intenzione di inondarlo con i “profughi”. Ecco perché vincolare i palestinesi a un riconoscimento pubblico e firmato di Israele come stato nazionale ebraico è una richiesta minima, elementare e del tutto giustificata.» Shaul Rosenfeld (Da: YnetNews, 12.3.14)