Peres: No alla rappresentazione errata e fuorviante dei fatti

“Non c’è convenzione di Ginevra che obblighi un paese a subire centinaia di morti e migliaia di razzi”

image_2391Parlando lunedì all’apertura dei lavori del Congresso mondiale ebraico a Gerusalemme, il presidente israeliano Shimon Peres ha cercato di correggere quella che ha definito una “rappresentazione errata” e una “lettura fuorviante” dei fatti relativi alla controffensiva israeliana anti-Hamas nella striscia di Gaza, e in particolare alla questione della presunta sproporzione nel numero delle vittime.
Negli anni 2000-2009 dalla striscia di Gaza sono stati lanciati sui civili israeliani 5.792 razzi e missili e 4.411 obici di mortaio, con un netto crescendo negli ultimi due anni (dopo il sequestro di Gilad Shalit e il sanguinoso golpe di Hamas a Gaza). “Non conosco nessun altro paese al mondo – ha detto Peres – che abbia subito una cosa del genere, e per così tanti anni, senza reagire”.
Non basta: in quegli stessi anni, gli anni della seconda intifada che ha visto Hamas fra i suoi maggiori artefici e protagonisti, 1.167 cittadini israeliani, in grandissima parte civili, sono stati uccisi in attentati terroristici nel cuore delle città israeliane (autobus, pizzerie, discoteche, università ecc.). “Dunque, dov’è tutta questa sproporzione?”, si è domandato Peres.
Se negli ultimi anni gli attentati dei terroristi palestinesi sono diminuiti, non è perché Hamas abbia smesso di organizzarli: è perché l’insieme delle misure difensive israeliane (dalla caccia ai responsabili alla barriera difensiva) le impediscono di realizzarli. Di qui il ricorso ai lanci di razzi. La realtà è che Hamas cerca sistematico di colpire i cittadini israeliani con tutti i mezzi che ha a disposizione, sofisticati o meno che siano.
E non è vero che Israele abbia mai bloccato del tutto l’ingresso nella striscia di Gaza di cibo e carburante, ha precisato Peres ricordando i 42.327 camion di beni di prima necessità che Israele ha lasciato entrare nel territorio controllato da Hamas. “Tutta la faccenda dell’assedio – ha detto – è completamente infondata: non c’è mai stata carenza di cibo o di carburante”.
Come dimostravano anche le immagini dei finti black-out elettrici (bambini per le strade di Gaza con le candele in mano mentre dietro di loro erano ben accese le insegne dei negozi; parlamentari riuniti al lume di candela mentre si intravedeva la luce del giorno dietro le tende alle finestre) o quelle della cognata di Tony Blair che è sbarcata da una delle cinque imbarcazioni di manifestanti anti-israeliani (di fatto pro-Hamas) che Israele ha lasciato passare, e poi si è fatta fotografare in un ben fornito emporio di Gaza. Quello imposto alla striscia di Gaza non è un “assedio”, bensì un regime di severe sanzioni: un tipico strumento cui si fa ricorso a livello internazionale proprio nel tentativo di scongiurare l’uso delle armi (reso invece inevitabile dall’intransigenza di Hamas).
Circa il traffico di armi verso Gaza, Peres ha fatto l’esempio di un magazzino scoperto il 12 settembre 2005 che conteneva 300.000 kg di dinamite, 20.000 armi tra razzi, fucili, mitra e pistole, e 500.000 kg di munizioni.
Pur affermando di non aver mai “rinunciato alla pace”, Peres afferma di non vedere alternative alla lotta al terrorismo. “Quando si combatte contro il terrorismo non si può perseguire una vittoria tradizionale perché non ci sono uniformi, non c’è un fronte, non c’è un esercito nemico. L’unico modo che abbiamo per arginare il terrorismo è combattere i terroristi uno a uno senza sosta”.
“Oggi Hamas dice di volere un cessate il fuoco per un anno – ha continuato il presidente israeliano – Cioè vogliono che approviamo che fra un anno o giù di lì possano spararci di nuovo addosso, e nel frattempo esigono il diritto di riarmarsi”.
Ma Hamas è anche “il principale problema degli arabi”. “La maggior parte degli arabi, alcuni ufficialmente, molti altri in via riservata, riconoscono che il loro vero problema non è Israele, bensì Hamas”. Peres ha ricordato come siano arrivati a questa conclusione anche il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e il presidente egiziano Hosni Mubarak. Quest’ultimo ha persino accusato Hamas di gettare disonore sui popoli arabi e islamici.
Peres ha poi espresso il suo benvenuto al nuovo inviato Usa in Medio Oriente George Mitchell e ha ironizzato sui molti osservatori che prevedono pressioni americane su Israele. Fare la pace, combattere il terrorismo, arrivare a uno stato palestinese pacifico e democratico accanto a Israele, trovare soluzioni alla crisi economica, ha detto Peres, sono tutte questioni su cui Israele e Stati Uniti sono d’accordo. “Che pressioni dovrebbe fare su di noi l’America? Dove sarebbe la contrapposizione?”.
Peres ha concluso dicendo di confidare che un accordo di pace coi palestinesi sia comunque possibile, dicendo che “i problemi sono risolvibili”. Ma ha anche messo in chiaro che, se Hamas riprenderà gli attacchi su Israele, la reazione sarà decisa e determinata. “Non c’è nessuna convenzione di Ginevra che autorizzi a sparare indiscriminatamente 90 razzi al giorno su un paese e che obblighi quel paese a subire senza difendersi”, ha aggiunto.

(Da: Jeruselem Post, 26.01.09)