Più cautela sulla caduta di Assad

I fattori che l’hanno tenuto in piedi finora sono ancora tutti in gioco.

Di Jonathan Spyer

image_3310Le cose certamente non stanno andando bene, per la dittatura della famiglia Assad in Siria. Lo spargimento di sangue continua, mentre l’Esercito Libero Siriano e altri gruppi di insorti continuano a dare filo da torcere alle forze governative. Le sanzioni economiche approvate dalla Lega Araba dovrebbero entrare in vigore il 27 dicembre, e l’anno prossimo l’economia del paese potrebbe registrare una forte contrazione sulla scia delle sanzioni già messe in atto dall’Unione Europea e per il crollo dell’industria del turismo.
E tuttavia gli osservatori dovrebbero fare attenzione, prima di annunciare con sicurezza l’imminente caduta della casata degli Assad. È da aprile che la annunciano, ma il dittatore è ancora al suo posto. Nonostante la sua recente performance surreale ad ABC News, Bashar al-Assad potrebbe tenerci compagnia per qualche tempo ancora. Infatti, permangono in gran parte i fattori che finora l’hanno tenuto in piedi.
In primo luogo, il regime di Assad non è isolato né senza amici, nonostante le sanzioni. Soprattutto, è ancora lì il suo partner strategico iraniano. I mullah sono fedeli ai loro alleati. Gli iraniani hanno continuato ad aiutare Assad fornendo materiali, consigli e forse anche personale sin da quando ha iniziato la sanguinosa battaglia contro la sua stessa gente. Questo padrinato è stato da poco ribadito pubblicamente, e non dà segno di affievolirsi. Anche Russia e Cina sono sempre lì. Il loro sostegno impedisce che passi attraverso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu una reazione efficace allo spargimento di sangue. La Siria conserva amici anche nel mondo arabo. In Iraq il governo Maliki si sta trasformano in uno stretto alleato e in un partner commerciale. In linea con il suo orientamento rispetto all’Iran, Baghdad ha votato contro le sanzioni arabe verso Damasco. E naturalmente Hezbollah, in Libano, dipende dalla sopravvivenza di Assad per mantenere la propria posizione strategica. Dunque Assad non è solo.
In secondo luogo, il timido “protocollo” della Lega Araba per risolvere la questione è volto per lo più a evitare una reazione internazionale più decisa. Gli arabi non vogliono vedere un altro intervento militare dell’occidente nel cuore del mondo arabo. Il piano della Lega Araba ha lo scopo di prevenire un simile sviluppo, fingendo di rappresentare una via alternativa araba per riformare la Siria. Intanto resta impantanato in infiniti cavilli e rinvii sulla questione degli osservatori arabi in Siria. Ma se anche Assad li dovesse accettare, farebbero ben poca differenza. Lasciare la questione siriana nelle mani della Lega Araba significa lasciare Assad al potere.
In terzo luogo, le forze di sicurezza di Assad, nonostante il gran numero di defezioni, rimangono strutturalmente intatte. Nelle forze armate siriane il dittatore dispone di ampi ed efficaci strumenti di repressione, a cominciare dai quattro grandi servizi di sicurezza e dalle spietate bande armate irregolari di alawiti conosciute come “shabiha”. Per contro, l’opposizione rimane divisa e incerta sulla sua strategia. Il suo potenziale militare, benché determinato, è molto più piccolo e meno potente di quello a disposizione del dittatore. Il potere politico, in fin dei conti, deriva dalla superiorità di forze. L’opposizione siriana ne difetta e quindi non possiede gli strumenti per la presa del potere. Ed è anche divisa in se stessa, con le maggiori ali politiche e armate in disaccordo fra loro sulle scelte tattiche, e un certo numero di raggruppamenti politici più piccoli non disposti ad accettare l’autorità del Consiglio Nazionale Siriano.
Sicché i resoconti che davano Assad per finito erano decisamente esagerati. Se le cose restano come sono, la prospettiva in Siria è quella di una sanguinosa guerra civile il cui esito è tutt’altro che certo. La mossa che potrebbe cambiare le cose sarebbe l’istituzione, sostenuta internazionalmente, di una zona cuscinetto nella Siria settentrionale, con sponsorizzazione e addestramento delle forze di opposizione. Il che garantirebbe terreno e copertura per la crescita di una coerente sfida politica e militare ad Assad: cosa che non appare come imminente. Senza di questo Assad, a dispetto delle recenti previsioni ottimistiche, è probabilmente destinato a restare in circolazione ancora per un po’.

(Da: Jerusalem Post, 13.12.11)

Nella foto in alto: Jonathan Spyer, autore di questo articolo

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