Politica svedese contro la pace

A pensarci bene, la nostra storia è effettivamente più guerresca e anche noi la consideriamo deplorevole.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1193Adesso la Svezia sostiene che la decisione di ritirarsi da un’esercitazione di forze aeree NATO [in programma in Sardegna per il mese di maggio, a cui parteciperanno Italia, Israele, Germania, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda e Norvegia] non ha nulla a che vedere con la presenza delle forze aeree israeliane. Ora, sia la decisione della Svezia sia la bizzarra smentita dell’evidenza sono – come ha detto un portavoce del ministero degli esteri israeliano – “oltraggiose e intollerabili”.
È vero che gli svedesi non hanno citato per nome Israele, nell’annunciare il loro ritiro dalle esercitazioni. Ma il ministro della difesa svedese Leni Bjorklund ha detto che il suo paese si ritirava perché “le forze armate svedesi sono state informate tardi della partecipazione di uno stato che non appartiene alla Partnership for Peace, e con il quale la Svezia non ha avuto in precedenza rapporti bilaterali di cooperazione militare”. Quello stato ha un nome: è Israele.
Ad ogni buon conto, onde dissipare ogni possibile equivoco su quale fosse il paese che la Svezia intende disdegnare, il primo ministro svedese Goran Persson ha detto giovedì ai giornalisti a Stoccolma che la Svezia si ritira dalle esercitazioni perché “noi stiamo attenti a non partecipare a esercitazioni con paesi coi quali non cooperiamo nelle missioni internazionali Onu o Ue. È un principio che fa parte della nostra storia. Gli israeliani hanno una storia diversa, più guerresca, che per inciso noi consideriamo deplorevole”.
A pensarci bene, la nostra storia è effettivamente più “guerresca” e anche noi la consideriamo “deplorevole”. Deploriamo il fatto che nel 1948, nel 1956, nel 1967 e nel 1973 Israele è stato costretto a combattere contro gli eserciti arabi decisi a cancellarlo dalla carta geografica. Deploriamo il fatto che i capi dell’Iran e del movimento Hamas finanziato dall’Iran continuino a dichiararsi apertamente votati a quello stesso obiettivo, la distruzione di Israele. E deploriamo anche il fatto che, subito dopo che Israele si era offerto, nel 2000, di creare uno stato palestinese su più del 95% dei territori di Cisgiordania e Gaza, la dirigenza palestinese abbia scatenato un’ondata di attentati suicidi che ha mietuto più di mille vite di israeliani innocenti, e che oggi non è ancora finita. E che adesso, sulla scia della vittoria elettorale di Hamas, gli attentati siano ripresi di nuovo, ufficialmente legittimati come “naturali e comprensibili” dal governo dell’Autorità Palestinese.
Questa sequenza di eventi, ne conveniamo volentieri coi nostri amici svedesi, è sicuramente “guerresca” e “deplorevole”. Quello che non si capisce è secondo quale logica essa dovrebbe portare a boicottare Israele e ad accogliere rappresentanti di Hamas, come fa la Svezia.
Israele è una democrazia che desidera la pace e che è sotto attacco. Non apprezziamo molto che dei paesi ci boicottino e allo stesso tempo accolgano col sorriso coloro che ci aggrediscono, come ha fatto la Svezia concedendo i visti d’ingresso – al contrario del resto d’Europa – a rappresentanti di Hamas. Come ha detto Mark Regev, portavoce del ministero degli esteri israeliano, “se un paese ritiene che Israele non sia abbastanza titolato per partecipare a manovre di peacekeeping, Israele ha il diritto di pensare che quel paese non sia abbastanza titolato per giocare un qualunque ruolo nel processo di pace in Medio Oriente”.
E’ un peccato che la Svezia abbia dato dimostrazione di una tale grossolana incapacità di capire il punto di vista di Israele – oltretutto in nome della pace – al punto da escludere se stessa da qualunque ruolo costruttivo negli sforzi per arrivare alla pace. Lungi dal promuovere la pace, le posizioni estremiste della Svezia non fanno che incoraggiare, involontariamente finché si vuole, il terrorismo scatenato contro Israele, traducendosi nella morte di altri israeliani e palestinesi.

(Da: Jerusalem Post, 30.04.06)

Nella foto in alto: 30 aprile 06: attività “educative” in una scuola palestinese di Salim, presso Nablus (Cisgiordania).