Primavera al Cairo?

Il presidente Mubarak non ha mai perso alle elezioni, anzi non ha mai preso meno del 90% dei voti.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_591Il presidente egiziano Hosni Mubarak non ha mai perso alle elezioni. In effetti, anzi, non ha mai preso meno del 90% dei voti. E’ anche vero, però, che ha sempre corso senza nessun candidato rivale. Motivo per cui ha stupito tutti con il suo annuncio a sorpresa, sabato scorso in televisione. Parlando all’università della regione del Delta del Nilo, dove è cresciuto, il 76enne leader egiziano, al potere sin da quando Anwar Sadat venne assassinato da estremisti islamici nel 1981, ha annunciato: “Ho chiesto al parlamento di emendare l’articolo 76 della Costituzione, che riguarda l’elezione del presidente”. Se i 454 membri del parlamento, dominato dal Partito Democratico Nazionale dello stesso Mubarak, saranno d’accordo, la Costituzione potrebbe essere modificata per “permettere che più di un candidato” competa nelle prossime elezioni presidenziali, nel settembre 2005.
Sulla carta, l’Egitto sarebbe già dotato di alcune delle strutture necessarie per promuovere la libertà. Ad esempio, le libertà civili sono inscritte nella Costituzione: “La libertà di opinione sarà garantita. Ogni individuo avrà il diritto di esprimere le proprie opinioni e di renderle pubbliche verbalmente, per scritto, per immagini e con altri mezzi d’espressione, nell’ambito dei limiti previsti dalla legge”. Purtroppo i “limiti previsti dalla legge” sono assai costrittivi. Solo i partiti politici registrati possono partecipare alle elezioni, ed è Mubarak che decide chi debba essere registrato.
L’annuncio di Mubarak è stato salutato come “storico” dall’opposizione “autorizzata” del partito Al-Wafd. Uno dei suoi capi, Muhammad Ulwan, ha dichiarato: “Per la prima volta dal tempo dei faraoni, il popolo egiziano sceglierà il proprio governante”. Bello avere oppositori autorizzati, vero?
La scelta del momento per l’annuncio non è certo casuale. Da qualche tempo Mubarak è sottoposto a forti pressioni a favore di una riforma. Le voci secondo cui starebbe preparando suo figlio Gamal, 41 anni, come proprio successore hanno fatto scendere in piazza la gente del Cairo. Lo scorso dicembre una manifestazione aveva raccolto cinquanta persone. La settimana scorsa un’altra manifestazione ne ha raccolte più di cinquecento, scese in strada per protestare contro il governo autoritario di Mubarak. Numeri significativi, in una città dove alla gente viene intimato il silenzio dalla polizia segreta, con buona pace delle garanzie costituzionali.
Anche le pressioni esterne per le riforme hanno fatto la loro parte. Il presidente Usa George W. Bush ha rapped l’Egitto nel suo discorso sullo stato dell’unione. Durante il suo recente viaggio in Europa, Bush ha chiesto al Cairo di “aprire la strada” verso la democrazia in Medio Oriente. E il segretario di stato Condoleezza Rice ha cancellato la sua visita in Egitto a causa della continua detenzione di un importante dissidente politico. Si tratta di Ayman Nour, 40 anni, capo del partito liberal Al-Ghad (Domani), regolarmente registrato. Il partito Al-Ghad ha solo sette seggi ala parlamento, certo non una grande minaccia per il governo di Mubarak. Nour, diabetico con problemi di cuore, pare abbia sospeso uno sciopero della fame in seguito dell’annuncio di Mubarak. Arrestato il 29 gennaio scoro, viene da allora “interrogato” on trumped-up.
Come ha riferito domenica il Jerusalem Post, uomini “vestiti di scuro” hanno malmenaato membri del partito di Nour per mandare all’aria una riunione politica in un albergo dei Cairo.
Mubarak deve almeno fingere interesse alle riforme. Non può disdegnare apertamente il messaggio che gli giunge dalle elezioni nell’Autorità Palestinese, in Iraq e persino nelle limitate elezioni amministrative che si sono tenute in Arabia Saudita: le riforme sono nell’aria.
Tuttavia è difficile non essere scettici. Ibrahim Eissa, editorialista egiziano, ha definito la mossa di Mubarak un “inganno” volto solo a migliorare la sua immagine presso gli Stati Uniti: “Mantiene tutto – scrive – senza modifiche… imprigiona l’opposizione, lo stato controlla ancora i media, i partiti politici esistono solo sulla carta”.
Sulla base della teoria che le democrazie non fanno la guerra contro altre democrazie, Israele è profondamente interessato a vedere il regime del Cairo diventare maggiormente rappresentativo. Il segretario di stato Rice chiede al mondo di “applicare ciò che Natan Sharansky chiama il test della piazza centrale della città: se una persona non può camminare nel mezzo della piazza centrale della sua città esprimendo le sue opinioni senza paura d’essere arrestato, imprigionato o fisicamente danneggiato, allora quella persona vive in una società della paura, non in una società libera”.
Secondo questo criterio, l’Egitto è ancora una società non libera. Se Mubarak fosse sincero, garantirebbe a un aspirante potenziale come Nour libero accesso ai giornali e alle televisioni gestite dallo stato. Naturalmente, sarebbe utile che prima lo facesse uscire di prigione.

(Da: Jerusalem Post, 28.02.05)