Pro-palestinesi? No, anti-israeliani (viscerali)

Quando l’intransigenza degli estremisti si ritorce contro di loro.

Di Alan M. Dershowitz

image_3431L’odio verso Israele che caratterizza alcuni ambienti in Europa e molti campus universitari anche negli Stati Uniti è diventato talmente irrazionale che nessuna argomentazione, per quanto fondata su prove documentate e inconfutabili, sembra in grado di penetrare menti chiuse ad ogni ragionamento e indurite da anni e anni di martellanti menzogne. Menzogne che si rivestono di un’aura di credibilità del tutto immeritata quando vengono abbracciate da soggetti che possono presentarsi come ebrei o israeliani (o anche ex-ebrei o ex-israeliani).
Ogni volta che mi perdo d’animo di fronte a questa situazione ripenso a un fatto che mi capitò alcuni anni fa all’Università di Irvine (California), vale a dire in uno dei focolai del discorso carico di odio contro Israele. Si tratta del campus, tanto per capirci, dove studenti estremisti islamici tentarono di impedire all’ambasciatore d’Israele, il moderato professor Michael Oren, di prendere la parola. Circa un anno prima di questo incidente, mi era capitato di parlare a un uditorio di studenti che comprendeva gli stessi estremisti che avrebbero poi cercato di chiudere la bocca a Oren. Un centinaio di loro sedeva alla mia destra. Un altro centinaio di studenti, con t-shirt pro-Israele e la kippà sulla testa, sedeva alla mia sinistra. Diverse centinaia di altri studenti sedevano nel mezzo, sia in senso fisico che ideologico. Lo so perché quella volta chiesi loro di esprimersi per alzata di mano, prima di iniziare il mio intervento.
Dapprima chiesi che alzassero la mano gli studenti che in generale si consideravano a favore di Israele. Alzarono la mano tutti quelli alla mia sinistra e alcuni nel mezzo. Poi chiesi quanti studenti sostenessero la parte palestinese e alzarono la mano tutti quelli alla mia destra e alcuni di quelli nel mezzo. Poi posi al gruppo pro-Israele la seguente domanda: “Quanti di voi sosterrebbero uno stato palestinese che vivesse in pace e senza terrorismo a fianco di Israele?”. Tutti quelli del gruppo pro-Israele alzarono la mano senza esitazione. A questo punto chiesi alla parte pro-palestinese chi fosse disposto ad accettare uno stato ebraico entro le linee del 1967, senza più insediamenti sul territorio rivendicato dai palestinesi. Ci furono vari parlottii e mormorii fra le persone alla mia destra, ma nessuno di loro alzò la mano.
In pratica il dibattito era già finito, giacché a quel punto tutti gli studenti che sedevano in mezzo si erano resi conto che il conflitto non è tra pro-israeliani e pro-palestinesi, bensì fra coloro che accetterebbero una soluzione a due stati (cioè la spartizione del paese) e coloro che rifiuterebbero qualunque stato ebraico entro qualunque linea di confine in qualunque parte del Medio Oriente. Il punto di vista pro-Israele aveva prevalso perché ero riuscito a usare l’estremismo intransigente del gruppo anti-israeliano per far vedere la brutta realtà dei nemici d’Israele a un folto gruppo di studenti che stavano nel mezzo senza particolari pregiudizi.
Da allora nei campus universitari ho fatto spesso ricorso a questo tipo di euristica, e con considerevole successo. L’insegnamento da trarre, credo, è che non bisogna cercare di convincere gli estremisti anti-israeliani irrazionali quanto piuttosto ritorcere contro di loro il loro estremismo, che sovente è anche estremismo irrazionale anti-America e anti-occidente, a vantaggio di una posizione più centrale, moderata e ragionevole che coincide con il punto di vista e gli interessi di Israele. […]

(Da: YnetNews, 12.5.12)

Nell’immagine in alto: manifesto che annuncia un evento “pro-palestinese” con la consueta grafica che rappresenta la cancellazione di Israele dalla carta geografica