Profughi palestinesi contro la soluzione due stati

Secondo loro, riconoscere lo stato ebraico significa abbandonare il diritto degli arabi sulla Palestina

Da un articolo di Khaled Abu Toameh

image_1862Diversi rappresentanti dei profughi palestinesi hanno intimato al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) di non cedere sul “diritto al ritorno”, cosa che secondo loro accadrebbe se accettasse, durante la conferenza di pace in programma per novembre negli Stati Uniti, la soluzione due popoli-due stati.
L’avvertimento è arrivato mentre l’ex primo ministro palestinese Ahmed Qurei (Abu Ala) diceva che i palestinesi non avrebbero accettato uno stato che non comprendesse Gerusalemme e striscia di Gaza, e aggiungeva che i palestinesi boicotteranno la conferenza a meno che non venga previamente raggiunto un accordo con Israele su tutte le questioni “fondamentali”: status di Gerusalemme, confini del futuro stato palestinese, problema dei profughi.
Salman Abu Sitta, eminente esponente dei profughi palestinesi, ha scritto in una lettera indirizzata ad Abu Mazen: “Siamo consapevoli delle pressioni cui sei sottoposto perché abbandoni la posizione palestinese e adotti quella israeliana. Ma ciò che ha attirato la nostra attenzione più di tutto è il tentativo di Israele di riformulare l’idea della soluzione due-stati. Israele ora vuole un riconoscimento reciproco: Israele come patria nazionale degli ebrei e, sul resto della terra, la Palestina come patria nazionale dei palestinesi”.
Abu Sitta definisce questa “formula israeliana” come “estremamente pericolosa”, spiegando che va respinta da tutti gli arabi. Secondo lui, infatti, accettarla equivarrebbe ad “abbandonare il diritto degli arabi sulla Palestina” e “riconoscere i presunti diritti biblici e storici degli ebrei sulla terra”.
Inoltre, rincara Abu Sitta, accettare la formula propugnata da Israele comporterebbe una doppia cancellazione del “diritto al ritorno” dei palestinesi, giacché ne cancellerebbe il riconoscimento in linea di principio e ne cancellerebbe la realizzazione concreta. “Il che rappresenterebbe un peso storico le cui conseguenze nessun palestinese potrebbe sopportarne davanti al proprio popolo e alla storia”, avverte Abu Sitta. Secondo lui, è inconcepibile che i palestinesi abbandonino il diritto al ritorno dopo decenni di lotte.
Anche altri rappresentanti dei profughi palestinesi in Giordania, Siria e Libano hanno fatto appello ad Abu Mazen perché non rinunci al diritto al ritorno. Nelle loro lettere a lui indirizzate, criticano la sua promessa di indire un referendum su un eventuale accordo raggiunto con Israele. “Da quando in qua i diritti sono materia di dibattito?” chiedono. E aggiungono che un tale referendum non avrebbe alcun valore perché si terrebbe solo nei territori di Cisgiordania e striscia di Gaza. […]
Rami Khouri, eminente direttore di giornale giordano-palestinese, ha scritto sul quotidiano libanese in lingua inglese Daily Star: “La questione più difficile da risolvere è quella dello status e dei diritti dei profughi palestinesi. Tutti gli altri nodi – terra, sovranità, riconoscimento, insediamenti, acqua, sicurezza, Gerusalemme – oggi, dopo anni di negoziati fra le parti interessate, appaiono risolvibili. La questione dei profughi, invece, resta al contempo vitale e inestricabile per entrambe le parti”.

(Da: Jerusalem Post, 7.10.07)

Nella foto in alto: La rivendicazione su tutta la terra (Israele compreso) è sempre esplicita nella pubblicistica e nella propaganda palestinese