Qualcosa è andato storto in Medio Oriente

Quindici anni fa sembrava sorgere un nuovo Medio Oriente. Ma le cose sono andare diversamente.

Da un articolo di Barry Rubin

image_1162Ecco un modo piuttosto scioccante di considerare lo stato delle cose in Medio Oriente: confrontarlo con le speranzose aspettative di una quindicina di anni fa. Colpisce considerare quanto le cose siano andate storte.
Naturalmente allora, nel 1991, c’erano buoni motivi per essere ottimisti. Quasi esattamente un decennio e mezzo fa la coalizione guidata dagli Stati Uniti sconfiggeva il dittatore iracheno Saddam Hussein respingendo le sue truppe fuori dal Kuwait. In quel quadro, c’era tutta una serie di elementi che sembravano quasi certi:
– Dopo tanti anni di fallimenti, arabi e iraniani dovevano aver capito che le loro ideologie e i loro sistemi di governo non funzionavano.
– All’indomani della sconfitta di Saddam e del collasso del loro migliore alleato, l’Unione Sovietica, i regimi estremisti erano relativamente più deboli che mai.
– Gli stati arabi del Golfo erano pronti a cooperare strettamente con Washington per sopravvivere alle minacce islamista, irachena, iraniana. Pace, stabilità e sviluppo economico sembravano obiettivi più desiderabili di una lotta infinita che metteva a repentaglio prosperità, interessi concreti e la loro stessa sopravvivenza.
– Gli Stati Uniti erano ormai l’unica superpotenza mondiale, cosa che spingeva tutti ad andarci d’accordo.
– I palestinesi, non avendo guadagnato nulla da decenni di estremismo e terrorismo, erano così indeboliti e isolati che avrebbero sicuramente moderato le loro posizioni e fatto la pace con Israele.
– I movimenti estremisti islamismi non erano riusciti a rovesciare nessun regime arabo. Le masse li respingevano e i governanti li sfiancavano.
– La Siria aveva preso parte alla coalizione anti-Saddam del 1991 e ora sembrava disposta a negoziare seriamente con Israele.
– L’Iraq, isolato e sottoposto a sanzioni, certamente non avrebbe più creato problemi.
– Il movimento riformista iraniano faceva passi avanti e avrebbe potuto prendere il sopravvento o perlomeno influenzare in senso moderato il regime islamista di Teheran.
– Il fallimento delle politiche di sviluppo arabe avvaloravano il bisogno di democrazia e di una economia più aperta.
Cosa è andato storto? Praticamente tutto. In sintesi, i regimi sono riusciti a giustificare i loro fallimenti attribuendo ogni colpa in generale all’occidente, e in particolare a Stati Uniti e Israele. Atteggiandosi a difensori degli arabi e dei musulmani, e facendo ricorso ai loro metodi tradizionali, i regimi hanno mantenuto il controllo sia in Iran che in tutti gli stati arabi senza fare nessuna vera concessione.
Buna breve lista degli esiti negativi deve comprendere: la perdurante arroganza di Saddam, il fallimento del tentativo di risolvere il conflitto israelo-palestinese, il permanere e persino peggiorare dell’estremismo al governo in Iran e del suo impulso verso armi nucleari, gli scarsi progressi democratici, il rafforzamento dei gruppi estremisti islamici, l’aumento del terrorismo.
Anziché reagire alla situazione in modo efficace operando seri cambiamenti, sono state riciclate le principali idee che avevano governato il Medio Oriente nel mezzo secolo precedente. I problemi così evidenti all’inizio degli anni ’90 non hanno portato alla caduta dei regimi, né innescato alcun vero processo di rinnovamento di ampio respiro.
Piuttosto, tra le cose negative accadute bisogna ricordare:
– Anziché mostrarsi più collaborativo o intimidito, il governo iracheno ha sfidato la comunità internazionale con notevole successo. Saddam era pronto a procurare grandi sofferenze alla propria gente, e a darne la colpa all’occidente, piuttosto che scendere a compromessi. A logorarsi, più che il regime iracheno, furono molti degli oppositori di Saddam. L’attacco guidato dagli Stati Uniti ha abbattuto Saddam, ma l’Iraq ha ancora un sacco di problemi. Nel mondo arabo, i regimi e i mass-media descrivono i terroristi in Iraq come eroi anche se fanno strage di migliaia di arabi e di musulmani, comprese donne e bambini.
– Anziché indebolirsi in conseguenza dei propri fallimenti, l’estremismo islamista ha assunto nuove sembianze come il jihadismo di al-Qaeda e la strategia di partecipazione organizzata alle elezioni da parte dei gruppi legati alla Fratellanza Musulmana, entrambe strategie che prevedevano un massiccio ricorso al terrorismo. Oggi la visioni dell’estremismo islamista sembrano più popolari nel mondo arabo di quanto non fossero nel 1991.
– In aperta sfida ad ogni approccio “pragmatico”, il movimento palestinese ha respinto le soluzioni di compromesso, ha incrementato le violenze e ora si è rivolto all’estremismo islamista di Hamas. Se c’è mai stato un momento in cui i palestinesi avrebbero potuto raggiungere un compromesso di pace, partendo dalla constatazione di non poter conseguire i loro obiettivi massimalisti, gli anni ’90 sono quelli che offrirono questa concreta opportunità. Ma alla fine del 2000 l’atteggiamento dei palestinesi era diffusamente tornato quello di vent’anni prima. Israele era ancora demonizzato e un’interna nuova generazione veniva allevata nell’illusione della vittoria totale.
– Il movimento riformista iraniano, anziché prevalere, è stato bloccato e represso. Invece di evolvere in senso moderato, la rivoluzione iraniana è diventata più estremista, più pericolosa e apparentemente più battagliera di quanto non fosse all’inizio degli anni ’90.
– Benché gli Stati Uniti fossero l’unica superpotenza mondiale, i fatti hanno rivelato i limiti della loro concreta possibilità di incidere sul corso delle cose in Medio Oriente. I sentimenti anti-americani nel mondo arabo sono all’apice, un fenomeno che non può essere interamente addebitato a un determinato presidente in carica. Ogni iniziativa americana, anche quelle dei presidente precedenti, viene considerata invariabilmente come un’ulteriore dimostrazione dell’arroganza e della perfidia americane.
– Il movimento per la democrazia è cresciuto, ma è ancora minuscolo. Le elezioni per lo più avvantaggiano le forze islamiste anziché quelle democratiche.
– Nonostante i lucrosi prezzi del petrolio, lo sviluppo socio-economico nel mondo arabo è ancora gravemente stagnante. Nessuno dei principali paesi arabi ha visto veri cambiamenti. L’aumento annuale dei consumi pro capite in Medio Oriente tra il 1980 e il 1997 è stato dello 0,7%, contro il 6,8% dell’Est asiatico.
Per inciso, alla luce di questi precedenti, non sembra molto plausibile l’idea che Hamas, altri islamismi estremisti o l’Iran evolvano in senso più moderato per il solo fato che questa è la cosa “pragmatica” da fare.
Dopodiché mi si può chiedere perché ho dedicato un articolo agli sviluppi negativi e non a quelli positivi registrati nel mondo arabo e in Iran dal 1991 ad oggi. Beh, certamente vi sono stati anche sviluppi positivi, ma io non posso scrivere articoli di poche righe.

(Da: Jerusalem Post, 9.04.06)