Quando errori e sconfitte non insegnano nulla

Pensiamo davvero che questa volta Fatah imparerà la lezione?

Da un articolo di Barry Rubin

image_1746Non intendo entrare nei dettagli del collasso a Gaza dell’Olp, di Fatah e del movimento nazionalista palestinese. Basterà dire che quanto sta avvenendo oggi rientra perfettamente in uno schema ben noto. Ricapitoliamo: sconfitta del 1948, sconfitta del 1967, fallimento della guerriglia in Cisgiordania, disastro del settembre “nero” 1970 in Giordania, terrorismo internazionale, guerra civile libanese, massimalismo, anarchia interna, assassinio dei primi moderati, corruzione, istigazione al terrorismo e all’intransigenza, l’occasione persa a Camp David 2000, l’occasione persa del dialogo con gli Stati Uniti nel 1988 e del processo di pace anni ’90, il bagno di sangue della seconda intifada. E chiedo venia per i molti altri esempi che ho tralasciato.
C’è uno schema che si ripete? Sì, questo:
1) Pretendere tutto e non ottenere nulla: avendo come obiettivo la vittoria totale e l’eliminazione di Israele, il movimento è andato sprofondando sempre più.
2) Esaltare violenza e terrorismo: il che ha portato morte e distruzione al movimento stesso e ai suoi seguaci.
3) Abbracciare continuamente estremismo, istigazione e demonizzazione di Israele: il che ha portato come logico risultato il successo di Hamas.
Ora, ci si ponga una semplice domanda: pensiamo davvero che il “golpe” subito ad opera di Hamas spaventerà Fatah sino al punto da farla rigare dritto? I suoi capi e ideologi sono davvero destinati a trarne il corretto insegnamento? In effetti, sembra essere questo il principale assunto di leader politici e mass-media dei paesi democratici. Dopo tutto, per dirla con Samuel Johnson, trovarsi davanti al boia aguzza l’ingegno.
Ma c’è un ma. In fondo Olp, Fatah e rispettive gerarchie si sono costruiti tutta la loro carriera scherzando col fuoco, provocando e attirandosi disastri nazionali. Se avessero saputo trarre insegnamento, tanto per dire, dal “settembre nero” in Giordania o da altre analoghe sciagure, già da tempo avrebbero optato per un approccio più sensato.
Si pensi al processo di Oslo e al perché avrebbe dovuto funzionare. Perché, si diceva, Olp e Fatah erano ormai così deboli e malridotti (dopo la sconfitta militare in Libano e la sconfitta politica nella prima guerra del Golfo) da capire finalmente che dovevano cambiare corso se non volevano finire in rovina. Oggi siamo allo stesso punto?
Non mi si fraintenda. Sono ben convinto che Fatah sia preferibile a Hamas, anche se la distanza fra i due è molto meno grande di quanto molta gente sembra pensare. Ma quand’anche si volesse credere che Mahmoud Abbas (Abu Mazen) sia una appassionato pacifista, rimane il fatto che è debole e incompetente, che non ha seguito, e che non ha intenzione di fare davvero i conti con quella cultura del terrorismo e dell’estremismo che il suo stesso movimento ha creato e continua a coltivare. E poi non lascerà mai cadere la richiesta che tutti i profughi palestinesi possano andare a vivere all’interno dell’Israele pre-67, una delle sue più profonde convinzioni personali.
Per capire meglio l’approccio occidentale al Medio Oriente, bisogna immaginare un turista che entra in un negozio del bazar, indica un tappeto ed esclama: “Questo è il più bel tappeto che io abbia mai visto, devo averlo a qualunque prezzo. Quanto costa?”. È così che viene trattato Abu Mazen. La sua mera sopravvivenza politica, a prescindere da quello che fa o non fa, viene vista come un merito così straordinario che è lui che fa un favore a tutti accettando aiuti e denari. È così che lo si spingerà a operare quei cambiamenti tanto necessari quanto, per ora, improbabili?
Per l’amor del cielo, se Abu Mazen e i suoi colleghi vogliono sopravvivere – e non finire come corpi insanguinati in qualche truce video di Hamas – faranno meglio a spazzare via la corruzione, a offrire alla gente un’autentica alternativa moderata, a fermare il terrorismo trans-frontaliero. Sta a loro convincerci che vi sono buone ragioni per non stare a guardare mentre Hamas fa scempio di loro e delle loro case.
Il Medio Oriente è un po’ come un film horror. Inchioda la nostra attenzione per molti motivi, ma sicuramente uno di essi è questo. “Attento, dietro di te!” gridiamo invano mentre il mostro assassino si avvicina di soppiatto. E c’è sempre il personaggio stupido, quello che finirà ammazzato o divorato, che continua a ripetere: “Qui non c’è niente, ti sei immaginato tutto”. Naturalmente i personaggi della fiction possono essere scusati perché loro vengono agguantati e uccisi una volta sola. Non hanno la possibilità di imparare la lezione. Noi l’apprendiamo, invece, e così pure Fatah. Ma in Medio Oriente le stesse cose si ripetono infinite volte. Sarebbe bello se qualcuno, un giorno, ponesse fine al l’allucinazione affermando una volta per tutte: adesso si cambia.

(Da: Jerusalem Post, 25.06.07)