Quando il preconcetto fa premio sulla realtà
Realisticamente, uno stato palestinese irredentista porterebbe a una guerra disastrosa.
Di Daniel Doron
Durante la guerra di Yom Kippur, Israele fu sul punto di soccombere perché i suoi leader avevano ignorato un pericolo evidente, restando aggrappati a nozioni preconcette. Alla fine del mese scorso, il comandante del coraggioso commando della marina, un uomo di grande intelligenza e determinazione, di nuovo ha preferito trascurare la realtà e agire sulla base di un preconcetto. Dal suo elicottero ha pur visto sul ponte della Mavi Marmara una folla di “attivisti pacifisti” armati di spranghe. Ma anziché disperdere quella folla di fanatici con cannoni d’acqua o granate fumogene prima di far scendere un pugno di suoi uomini, si è attenuto al “concetto” dell’intelligence secondo cui quella folla non avrebbe agito in modo aggressivo. E così il commando è riuscito a scampare al sequestro e a morte certa solo grazie al proprio coraggio e alla preparazione al combattimento, oltre a una buona dose di fortuna.
Ad un convegno del Jerusalem Center for Public Affaire che si occupava del (supposto) processo di pace e delle esigenze di sicurezza di Israele, due esperti di strategia – i generali della riserva Giora Eiland, capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, e Yossi Kuperwasser, direttore generale del ministero affari strategici – hanno riferito con impressionante candore le loro esperienze durante gli anni dei negoziati con i rappresentanti dell’Autorità Palestinese. La conclusione inevitabile era che – anche se non possiamo dirlo in pubblico – i “leader” dell’Autorità Palestinese, passata e presente, non perseguono una vera pace con uno stato ebraico indipendente. Al massimo mirano a un armistizio che duri fino a quando i loro incessanti sforzi per logorare Israele riusciranno a indebolirlo a tal punto da permettere loro – con l’aiuto dei fratelli arabi e musulmani e la complicità dalla maggior parte degli stati europei e di circoli sempre più vasti all’interno dell’amministrazione americana – di sbarazzarsi finalmente di “questo cancro”.
Ma se anche i capi di quest’ consesso di signori della guerra divisi al loro interno che è chiamata Autorità Palestinese desiderassero davvero la pace, in ogni caso sono troppo inetti e corrotti per sostenere una seria iniziativa di pace. L’Autorità Palestinese ha creato un sistema di malgoverno che espone i suoi cittadini all’arbitro e allo sfruttamento, sottoponendoli ai peggiori abusi dei diritti umani (un fatto che i pacifisti, anche israeliani, pur tanto devoti alla difesa diritti umani, riescono a ignorare del tutto). Naturalmente sono bravissimi a gettare tutte le colpe sull’“occupazione”, giacché la guerra a Israele è in fondo l’unica loro vera ragion d’essere, come lo è per tutti gli altri despoti arabi. I capi dell’Autorità Palestinese hanno accumulato milioni di dollari dai generosi aiuti che ricevono da numerosi paesi (spesso con l’aiuto di complici fra i politici europei). Con gli ulteriori miliardi che estorcono ai loro stessi cittadini imponendo sui beni di consumo prezzi monopolistici gonfiati, che garantiscono loro enormi “rendite” (talvolta in cooperazione con monopoli israeliani che hanno condiviso con la dozzina e più di “milizie della sicurezza” di Yasser Arafat i frutti dell’applicazione in Cisgiordania di prezzi monopolistici), questi “leader” palestinesi sono diventati i più grossi datori di lavoro dell’Autorità Palestinese, costringendo la popolazione a dipendere da loro per il suo stesso sostentamento. E sono anche i più grossi “investitori”, cosicché di fatto dominano completamente la disfunzionale economia della Cisgiordania. Nessuno può possedere o gestire un’attività economica senza il loro consenso e senza ripagarli in sonante moneta, economica o politica.
Utilizzando la più vile propaganda antisemita di ispirazione goebbelsiana, la dirigenza dell’Autorità Palestinese domina anche le menti della popolazione araba. È un miracolo che quest’intensa opera di indottrinamento e la rabbia maniacale che essa genera si siano tradotte “soltanto” in alcune decine, e non in centinaia di attentati suicidi.
Eppure, nonostante il fatto che i nostri eccellenti strateghi conoscano perfettamente la natura e le capacità di questa Autorità Palestinese, essi fanno grandi sforzi per venire a patti con “l’altra parte”, per ideare “soluzioni che siano accettabili per entrambe le parti”. E quando si domanda chi sia esattamente questa “altra parte” e se essa sia in grado di arrivare a soluzioni reciprocamente concordate e di attuarle, si ricevono solo risposte molto vaghe. Di nuovo, il “concetto” fa premio sulla realtà, e si inventa un “interlocutore per la pace” anche se non esiste.
Più pericoloso di tutti è il “concetto” che hanno in mente l’amministrazione Usa e il suo presidente, che sembrano determinati a istituire entro un anno uno stato palestinese indipendente che, naturalmente, viva in pace accanto a Israele. Ovviamente un presidente americano molto deciso può costringere Israele ad accettare uno stato palestinese irredentista. Ma quali sarebbero le più probabili conseguenze? La cosa più probabile è che, pochi mesi dopo l’istituzione di un siffatto stato, i suoi “leader” verrebbero ammazzati o cacciati via da un violento golpe di Hamas, come si è visto nella striscia di Gaza. Al posto di quello stato, Hamas darebbe vita a uno stato fondato sulla shari’a, ben più estremista e più violento, che con i suoi razzi attaccherebbe il cuore stesso di Israele portando alla paralisi la vita del paese. A Israele non resterebbe altra alternativa che quella di riconquistare la Cisgiordania, questa volta per davvero. Ma una campagna militare contro terroristi che usano sistematicamente i civili come bersaglio e soprattutto come scudi umani, è per forza di cose tragicamente sanguinosa, come si è visto nella recente operazione anti-Hamas nella striscia di Gaza. Decine di migliaia di palestinesi e israeliani resterebbero uccisi o feriti, e centinaia di migliaia di palestinesi fuggirebbero, profughi, verso la Giordania, dove provocherebbero il crollo del regime di re Abdullah. E l’Iran si ritroverebbe con un’altra testa di ponte, questa volta a est di Israele.
A dispetto di tutte le buone intenzioni di Barack Obama e delle fervide speranze dei pacifisti anche israeliani, un siffatto stato palestinese non sarebbe foriero di pace. Se vogliamo guardare alla realtà dei fatti, molto più probabilmente esso porterà a una guerra, che sarà una spaventosa sciagura per tantissimi arabi palestinesi e israeliani. Ma cosa non si è pronti a scarificare, in nome di un bel “concetto” astratto?
(Da: Jerusalem Post, 14.6.10)
Nell’immagine in alto: Rappresentazione grafica della “pace” che perseguono i nazionalisti palestinesi: Israele è cancellato dalla carta geografica
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