Quando la disinformazione gioca col fuoco

Hamas e Autorità Palestinese riciclano la vecchia menzogna dell’“estremista ebreo” che avrebbe dato fuoco alla moschea di Al-Aqsa

L’allora primo ministro israeliano Gold Meir sul luogo dell’incendio causato nella moschea Al Aqsa il 23 agosto 1969 da un cristiano australiano con problemi mentali

L’allora primo ministro israeliano Gold Meir sul luogo dell’incendio causato nella moschea Al Aqsa il 21 agosto 1969 da un cristiano australiano con problemi mentali

I palestinesi hanno commemorato i 47 anni dall’incendio appiccato da un fondamentalista cristiano, che danneggiò la moschea di Al-Aqsa nel 1969, ripetendo ancora una volta la menzogna che l’incendio doloso sarebbe stato appiccato da “un estremista ebreo”.

Mass-media ufficiali sia dell’Autorità Palestinese che del gruppo terroristico Hamas hanno riportato domenica la menzogna, spesso ripetuta in tutti questi anni, ribadendo al contempo l’idea incendiaria che il sito islamico si troverebbe, oggi, sotto uguale minaccia.

Il 21 agosto 1969 Denis Michael Rohan, un australiano di 28 anni fondamentalista cristiano e malato di mente, cercò di dare fuoco alla moschea di Al Aqsa, convinto d’aver ricevuto “un segno di Dio” che lo dichiarava “re di Gerusalemme” e lo incaricava di compiere il gesto delittuoso. Sin da allora e ininterrottamente, i palestinesi e gran parte del mondo arabo hanno incolpato le autorità israeliane per l’incendio, che causò la distruzione di una parte del vecchio tetto in legno e di un pulpito antico di 800 anni.

Domenica scorsa l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa ha riferito che il Consiglio Nazionale Palestinese ha affermato in una dichiarazione: “I crimini dell’occupazione israeliana e i suoi tentativi di giudaizzare Gerusalemme e la moschea di Al Aqsa sono ancora in corso, 47 anni dopo il crimine dell’incendio doloso”. Il Consiglio Nazionale Palestinese prosegue invocando la protezione del mondo arabo per difendere la moschea di Al Aqsa dagli “attacchi” degli israeliani. Ricapitolando la vicenda dell’incendio doloso del 1969, l’agenzia Wafa scrive che il piromane Rohan era un “ebreo israeliano” e che perpetrò il suo crimine “sotto la protezione delle autorità di occupazione”. In realtà, il cristiano australiano Rohan venne arrestato dalla polizia israeliana poco dopo aver commesso il reato, venne processato in Israele ed espulso in Australia dopo essere stato giudicato insano di mente. Ma che non fosse né ebreo né israeliano, e che non abbia agito affatto su mandato di Israele, sono fatti che non vengono praticamente mai menzionati negli ambienti palestinesi. Come ha segnalato su Twitter Gal Berger di Radio Israel, anche un libro di storia per l’undicesimo anno di studi delle scuole dell’Autorità Palestinese, riveduto per il 2016 e vagliato da rappresentanti dell’Unione Europea, indica il piromane della moschea Al Aqsa come un “estremista ebreo”.

Una schermata del sito ufficiale di Hamas il 21 agosto 2016. La grafica mostra la moschea di Al Aqsa in fiamme nel 1969 con al scritta: “La nostra Aqsa. Non dimenticheremo”

21 agosto 2016, schermata del sito ufficiale di Hamas. La grafica mostra la moschea di Al Aqsa in fiamme nel 1969, con la scritta: “La nostra Aqsa. Non dimenticheremo”

Anche l’emittente ufficiale di Hamas, Al Aqsa TV, in un pezzo dedicato al 47esimo anniversario dell’incendio doloso ha definito Rohan un “estremista ebreo”, aggiungendo che il suo reato faceva parte di “un complotto dell’occupazione sionista che prendeva di mira la moschea”. Il servizio di Al Aqsa TV stabilisce inoltre un collegamento esplicito fra l’incendio doloso del 1969 e le recenti accuse palestinesi contro “estremisti israeliani” che, a loro dire, vogliono “attaccare” la moschea. Il reportage accusa poi le autorità israeliane di proteggere gli ebrei, che eseguirebbero non meglio precisati “rituali talmudici” sul Monte del Tempio, nonché di scavare una minacciosa rete di tunnel sotterranei sotto la moschea e di pianificare una suddivisione della Al Aqsa tra ebrei e musulmani (dove non si capisce se per Al Aqsa si intende la moschea o tutta la spianata sul Monte del Tempio). In realtà, come è noto, la polizia israeliana fa rigorosamente osservare la norma dell’attuale status quo secondo cui gli ebrei possono visitare il complesso (senza entrare nella moschea vera e propria), ma non pregare.

Dal canto suo, l’agenzia statale turca Anadolu, pur rilevando il fatto che Rohan era un turista,  annovera comunque il suo incendio doloso fra le presunte “aggressioni” israeliane al complesso monumentale. Il reportage cita fra gli altri Ekrema Sabri, un ex predicatore nella mosche Al-Aqsa che accusò falsamente le autorità israeliane d’aver cercato di impedire ai palestinesi di spegnere l’incendio tagliando la fornitura di acqua.

(Da: Times of Israel, israele.net, 21.8.16)