Quando si tratta di sicurezza, Israele fa sul serio

Questo il messaggio più importante del raid contro gli armamenti siriani diretti a Hezbollah.

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_3655Scrive Efraim Halevy, su Yediot Aharonot: «L’Iran considera la Siria uno stato cliente. Ma più si fanno estremiste le dichiarazioni bellicose iraniane, più Tehran diventa dipendente dal regime di Assad e lega ad esso la propria sorte. Per l’Iran, non c’è modo di tirarsi indietro, così come non c’è modo di tirarsi indietro per il suo alleato libanese, Hezbollah. Ogni giorno in più di feroci combattimenti della Guardia Rivoluzionaria e delle unità della Forza Al-Quds, insieme ai miliziani Hezbollah, contro i vari gruppi dell’opposizione siriana, riduce la possibilità che gli iraniani possano mantenere la loro testa di ponte in Siria dopo la caduta di Bashar Al-Assad. L’Iran sta combattendo per il futuro della sua posizione in Medio Oriente a spese della popolazione siriana». Secondo l’editorialista, la forte presenza di Iran e Hezbollah in Siria contrasta con gli interessi «di tutti i paesi che confinano con la Siria» e con gi interessi dell’Arabia Saudita, degli stati del Golfo, dell’Egitto, degli Stati Uniti, della Russia e dell’Europa. E conclude: «Solo quando si allenterà la morsa iraniana su Damasco, potrà vedere la luce un’alba nuova e promettente in Medio Oriente».
(Da: Yediot Aharonot, 4.2.13)

Scrive Dan Margalit, su Yisrael Hayom: «La parte importante delle dichiarazioni rilasciate a Monaco dal ministro della difesa Ehud Barak non è tanto la corposa allusione al fatto che effettivamente il raid sulla Siria l’abbia fatto l’aviazione israeliana, quanto il fatto che il mondo deve prendere in parola quel che dice Israele. Barak ha sottolineato la questione fondamentale: Israele fa sul serio». L’editorialista nota che «le nazioni ostili vorrebbero vedere il cappio stringersi attorno al collo di Israele», e continua: «La lotta contro il flusso di armi siriane verso Hezbollah riguarda il concetto di credibilità non meno che le minacce concrete contro le possibilità di manovra delle forze israeliane, e particolarmente delle forze aeree, a difesa della frontiera settentrionale». L’editorialista non prende sul serio la notizia, diffusa dal Sunday Times, secondo cui Israele starebbe pensando di creare una zona cuscinetto in territorio siriano al di là della linea dagli Accordi di Separazione delle Forze del 1974. «Quasi tutti – scrive – hanno capito che il Golan assolve per l’appunto a questo scopo, anche se continuano a denunciare come particolarmente problematica la presenza di Israele su quelle alture. Ma il problema, per la credibilità politico-militare, è che il nemico può sempre metterla alla prova. Basta che Assad faccia impacchettare un po’ di queste armi “con valenza strategica”, o qualunque altro ordigno che impensierisca seriamente Israele, e il governo israeliano si ritrova a dover ponderare giorno e notte se, in quelle determinate circostanze, debba mantenere l’impegno e attaccare i convogli, dovendo contemporaneamente fare i conti con l’ostilità politica di paesi come la Turchia. Ogni volta che accade, ogni volta che Israele decide per il raid, la situazione tende a farsi più instabile. Tuttavia Israele non può abbassare la guardia: se non dimostra la massima credibilità nel bloccare il flusso di pericolosi armamenti siriani in Libano,finisce col compromettere la sua forza deterrente anche su altri fronti. In breve: sono raid rumorosi, ma necessari».
(Da: Israel HaYom, 4.2.13)

Scrive Merav Betito, su YnetNews: «Dunque pare che un attacco in Siria abbia effettivamente avuto luogo, e forse anzi “diversi attacchi su un certo numero di obiettivi militari”. L’accostamento delle parole “armi chimiche” e “Hezbollah” è la formula che scatena negli ebrei d’Israele tutto uno spettro di antiche paure che alimentano la fobia nazionale, e che potrebbero portare a un disastro vero se non si fa attenzione a non incendiare la fragile regione in cui viviamo. Ma non occorrono le tragiche esperienze del passato per capire che bisogna applicare la semplice logica. Partiamo dalla Siria, un paese dilaniato da uno sciagurato dittatore che è ancora al potere grazie all’omertà della comunità internazionale. L’ultima cosa di cui ha bisogno ora Assad junior sono dei jet israeliani che penetrano nel suo spazio aereo e interferiscono con il suo sforzo di sconfiggere i ribelli. E Hezbollah? Per quelli che tendono a scordarlo, va ricordato che Hezbollah è il braccio operativo degli iraniani e dei siriani: è un’organizzazione terroristica che trae il suo odio e le sue capacità offensive dall’indefesso duo Assad-Ahmadinejad. Ma il criminale di Tehran deve vedersela con gli ispettori delle Nazioni Unite, con una corsa agli armamenti, con sanzioni globali e con almeno tre o quattro capi di stato occidentali che controllano ogni sua mossa». Conclude l’editorialista: «I leader dell’odierna Israele devono guidare il paese senza inutili isterismi. Il raid, che vi sia stato o meno, ha già raggiunto il suo obiettivo più importante: ha dato una chiara indicazione delle reali capacità militari di Israele».
(YnetNews, 4.2.13)