Quattro o cinque cose da sapere, in attesa dei risultati elettorali

Ecco perché è difficile prevedere l’esito del voto e quasi impossibile sapere come sarà il futuro governo

Mentre gli israeliani si recano alle urne per eleggere la 20esima Knesset, si può intanto affermare che…

I margini sono troppo stretti per azzardare previsioni. Negli ultimi sondaggi prima dell’inizio delle operazioni di voto i margini di vantaggio fra i favoriti rimanevano molto limitati. Il Likud, partito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, risulta in svantaggio rispetto all’Unione Sionista di centro-sinistra di Isaac Herzog di alcuni punti percentuale e dunque potrebbe risultare secondo con 20-22 seggi contro i 24-26 dell’Unione Sionista. Altri sondaggi rilevano un vantaggio di soli 2 seggi (23 a 25). Netanyahu è stato danneggiato da carovita, crisi degli alloggi e gestione dei rapporti con gli Stati Uniti. Il leader dell’opposizione Herzog lo ha attaccato su questi punti deboli, ma soffre di quella che viene percepita come una carenza di carisma che gli ha impedito di decollare nei sondaggi. Cosa ancora più importante, né il Likud né l’Unione Sionista sembrano destinati a ottenere più di un quarto dei 120 seggi della Knesset. Chiunque vorrà diventare primo ministro dovrà mettere insieme una coalizione di maggioranza. Ecco perché…

Il vincitore di martedì potrebbe non essere il partito con il maggior numero di voti. Le elezioni israeliane non sono una gara a due, ma una gara fra una dozzina di concorrenti. Il vincitore non è necessariamente il partito con il maggior numero di voti, ma quello che riesce a raccogliere attorno a sé abbastanza formazioni minori da costituire una coalizione di governo. Nel 2009 Netanyahu divenne primo ministro anche se il Likud era arrivato secondo alle elezioni. Sono almeno undici le liste che si ritiene possano superare la soglia d’ingresso del 3,25%: si va dalla Lista Araba Comune all’estrema sinistra sionista del Meretz, dagli ultra-ortodossi sefarditi di Shas al partito filo-coloni Bayit Yehudi. Circa la metà di questi partiti sono di destra o religiosi, alleati tradizionali del Likud. L’altra metà è composta da partiti di sinistra, di centro o arabo-israeliani.

Solitamente la notte delle elezioni riserva sorprese. I sondaggi sono stati abbastanza stabili da un paio di mesi, ma questo non significa che sappiamo quale sarà il risultato di mercoledì mattina. Secondo alcuni sondaggi, alla vigilia del voto un quarto degli elettori era ancora indeciso. Le volte scorse molti di questi elettori indecisi si sono spostati verso un partito che alla fine è andato molto meglio del previsto. Nel 2013 quel partito è stato Yesh Atid, a cui i sondaggi attribuivano 12 o 13 seggi e alla fine ne ottenne 19. Nel 2009 era stata la volta di Kadima, anch’esso un partito di centro, che ottenne 28 seggi mentre i sondaggi gliene attribuivano 23: si qualificò primo partito, ma finì ugualmente all’opposizione. Nel 2006 si era avuto l’exploit del semi-sconosciuto partito dei pensionati che prese 7 seggi da voti per lo più di protesta. Se quest’anno gli elettori hanno in serbo un’analoga sorpresa, potrebbero catapultare in primo piano una forza inaspettata complicando ulteriormente l’impalcatura dell’eventuale coalizione sia di Herzog che di Netanyahu.

La lista araba potrebbe fare il botto. La legge dello scorso anno che ha innalzato la soglia d’ingresso a 3,25% ha costretto i quattro partiti arabi – dall’islamista Ta’al al comunista arabo-ebraico Hadash – a unirsi in una Lista Comune che nei sondaggi si è rivelata subito una grossa forza politica capace di galvanizzare il voto degli arabi israeliani, posizionandosi al terzo posto con un numero di seggi che potrebbe arrivare a 13 o 15. La Lista Araba Comune ha promesso di restare comunque all’opposizione, ma potrebbe indirettamente influenzare la formazione del governo impedendo alla destra da raccogliere la necessaria maggioranza di 61 seggi. Questo scenario potrebbe spingere Unione Sionista e Likud a creare un governo di unità nazionale, il che renderebbe la Lista Araba Comune il maggiore partito d’opposizione (sempre che riesca a restare unita una volta passate le elezioni).

Solo tra qualche settimana sapremo chi sarà il prossimo primo ministro. Le elezioni di martedì danno vita al nuovo parlamento israeliano, ma sono solo un passaggio nella formazione del nuovo governo. Il Presidente d’Israele conferirà l’incarico al leader del partito che vanta il maggiore blocco di formazioni alleate. Il premier incaricato ha fino a due mesi di tempo per formare una coalizione di maggioranza: un processo spesso travagliato e imprevedibile in cui vengono stretti accordi e distribuiti con il bilancino cariche e dicasteri. Nel 2013, le elezioni del 22 gennaio hanno prodotto una coalizione solo a metà marzo benché la lista congiunta Likud-Beytenu di Netanyahu-Lieberman avesse vinto con ampio margine. Vari osservatori prevedono un reincarico a Netanyahu perché il blocco di destra potrebbe ancora ottenere la maggioranza dei seggi anche se il Likud arrivasse secondo. Ma con un paio di partiti che non si sbilanciano su quale candidato sosterranno come primo ministro, è impossibile sapere come andrà a finire la sfida.

(Da: Times of Israel, 17.3.15)

 

Elezioni israeliane 2015 per immagini
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