Quei paesi arabi che predicano bene

Se i ricchi paesi arabi volessero risolvere le difficoltà dei palestinesi, potrebbero farlo facilmente.

Da un articolo di Ze'ev Schiff

image_665La vista di lavoratori palestinesi della striscia di Gaza che si accalcano al valico di Erez per cercare di passare in Israele a guadagnarsi una giornata di lavoro per mantenere le loro famiglie è deprimente e inquietante. A quanto pare, tuttavia, vi sono poche possibilità che la loro situazione possa migliorare nell’attuale situazione politico-economica. Israele non può rinunciare ai controlli di sicurezza finché i gruppi terroristici palestinesi non cessano di organizzare attentati attraverso i valichi di ingresso. Anche se Israele permettesse l’ingresso a qualche altro migliaio di pendolari nel proprio territorio, ed anche se si ritirasse dalla Philadelphi Route (al confine fra striscia di Gaza ed Egitto), le possibilità di un vistoso mutamento nella condizione dei lavoratori palestinesi sono assai scarse.
D’altra parte, se non cambia la situazione degli abitanti della striscia di Gaza, il disagio e la disperazione aumenteranno. E i lanci di mortai e missili Qassam su Israele non faranno che peggiorare la loro situazione. In altre parole, lo stato di cose attuale è pessimo per i palestinesi e spaventoso per Israele. Ed è disastroso per lo chance della pace.
Questo quadro così negativo, che in parte passa sui nostri schermi televisivi, viene visto anche da masse di telespettatori nei paesi arabi. La maggior parte degli arabi considerano il disagio dei palestinesi della striscia di Gaza come una questione che deve essere risolta esclusivamente da Israele.
Alcuni leader ufficiali palestinesi si sono espressi contro l’idea che le aree sgomberate a Gush Katif vengano usate per aiutare migliaia di palestinesi che hanno perduto la casa nel corso delle guerre: temono che Israele voglia usare questa mossa come una scusa per cavarsela di fronte alla pretesa del “diritto al ritorno” dei profughi palestinesi. Accettano che l’assistenza venga elargita soltanto all’interno dei campi profughi, senza assolutamente spostare la gente da lì.
Invece i disagi della striscia di Gaza dovrebbero essere visti come un problema non soltanto israelo-palestinese, ma come un problema che riguarda direttamente anche i paesi arabi. Il paradosso è che dal 1993, quando i palestinesi e gli israeliani hanno avviato il processo di intese e accordi, la maggior parte dei paesi arabi ha sempre guardato a questi eventi, comprese la difficile situazione degli abitanti della striscia di Gaza, come se stessero guardando un film. Unica eccezione l’allora re Hussein di Giordania e, oggi, suo figlio re Abdullah. Per aumentare le chance di un compromesso con Israele, Abdullah ha cercato di modificare la proposta saudita e quella della Lega Araba, premendo per un riconoscimento di Israele anche prima della soluzione del conflitto con i palestinesi. Ma si è imbattuto in una rigida e cinica opposizione da parte degli altri paesi arabi, e la sua proposta è caduta. E intanto le prediche a Israele da parte dei paesi arabi continuano come sempre.
Se i ricchi paesi arabi volessero davvero risolvere gran parte delle difficoltà della striscia di Gaza, e quelle di altri loro “fratelli” palestinesi, potrebbero farlo molto facilmente. Secondo le stime degli economisti, solo l’ultimo aumento dei prezzi del petrolio ha aggiunto più di 50 miliardi di dollari ai loro conti bancari. Potrebbe esservi uno spettacolare cambiamento per il meglio del conflitto israelo-palestinese. Il punto è che i paesi arabi non mantengono nemmeno le promesse minime di aiuto all’Autorità Palestinese. Vogliono piuttosto che altri paesi, come il Giappone, gli Stati Uniti e i paesi europei, aumentino le loro donazioni.
Il disinteresse per le miserie palestinesi da parte dei paesi arabi non fa che allargare il vuoto in cui cercano di inserirsi gli iraniani e gli estremisti di Al Qaeda. Ma in ultima analisi, anche i paesi arabi finiranno col pagarne il prezzo.
Evidentemente non ha tutti i torti chi che sostiene che vi sono governanti arabi che hanno interesse a mantenere aperto il conflitto israelo-palestinese per deviare l’attenzione delle loro masse dai loro gravi ritardi interni.

(Da: Ha’aretz, 15.04.05)

Nella foto in alto: la recente riunione della Lega Araba, ad Algeri, che ha bocciato la proposta giordana.

Vedi anche:
L’amaro destino dei profughi per nascita

http://israele.net/prec_website/analisi/02093pro.html