Quel che non va in Barghouti

? paradossale che coloro che dicono che Israele non deve interferire nella scelta del leader dei palestinesi, sono pronti a incornare Barghouti come il loro legittimo rappresentante.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_451Se c’è qualcuno più responsabile di Yasser Arafat per l’inutile guerra terroristica costata la vita a migliaia di israeliani e palestinesi, questi è proprio Marwan Barghouti, che oltretutto rivendica con orgoglio di esserne stato uno degli artefici.
Come ebbe a spiegare lo stesso Barghouti in un’intervista al quotidiano arabo edito a Londra Al-Hayat esattamente un anno dopo l’inizio della campagna terroristica, “Sapevo che la fine del mese di settembre [2000] sarebbe stata l’ultima opportunità prima dell’esplosione, ma quando Sharon arrivò alla moschea di Al Aqsa quello fu il momento più adatto per lo scoppio dell’intifada… Ciò voleva dire [un’opportunità per] dare fuoco all’intera regione, giacché la questione di Al Aqsa incendia e infiamma la sensibilità delle masse. C’era chi si opponeva al conflitto – continua Barghouti – Allo stesso io vedevo in quella situazione un’occasione storica per infiammare il conflitto… Dopo che Sharon se ne fu andato, restai nella zona per due ore a parlare con altre ben note persone… di come la gente avrebbe reagito in tutte le città e i villaggi e non solo a Gerusalemme. Prendemmo contatto con tutte le fazioni”.
In altri termini, la cosiddetta intifada non è semplicemente “scoppiata”. Venne fatta scoppiare attraverso uno sforzo considerevole e premeditato, in gran parte svolto da Barghouti.
Benché adesso, dopo che è morto, si inizi a capire che fu Arafat stesso a fondare quelle Brigate Martiri di Al Aqsa che hanno fatto a gara con altri gruppi su quanti attentatori suicidi riuscissero a mandre nelle città israeliane, finora poco è emerso su un collegamento diretto fra Arafat e specifici attentati terroristici. Ben diversa è la posizione di Barghouti. La sua imputazione davanti a un tribunale civile israeliano lo accusava di coinvolgimento diretto in 33 diversi attacchi, ivi compresi attentati suicidi, imboscate stradali e altri tentativi di assassinio. La corte ha trovato prove sufficienti di colpevolezza per cinque omicidi in tre diversi attentati, per i quali è stato condannato a cinque ergastoli. Lo stesso Barghouti in tribunale si è riconosciuto colpevole di almeno alcuni di questi attentati.
Per qualcuno tutto questo non ha nulla a che vedere con l’eventuale candidatura di Barghouti alla presidenza dell’Autorità Palestinese, giacché in fondo non spetta a Israele decidere chi debba essere il nuovo leader dei palestinesi. Se la maggioranza dei palestinesi vuole Barghouti come leader, perché mai gli israeliani dovrebbero mettersi in mezzo? Perché mai dovrebbero insistere a tenerlo in carcere?
Il motivo attiene sia a una questione di diritto che a una questione di dignità nazionale. Se i palestinesi vogliono eleggere dei leader terroristi di Hamas o Fatah, è loro diritto farlo. E non ne mancano certo, nonostante l’efficace campagna israeliana per eliminarli. Altro è sostenere che Israele dovrebbe attivamente facilitare tale scelta ignorando una sentenza del proprio sistema giudiziario e ogni più elementare nozione di giustizia.
È paradossale che molti di coloro che dicono che Israele non deve interferire nella scelta del leader palestinese, sono pronti a incornare Barghouti come il solo e legittimo rappresentante dei palestinesi, soprattutto quando quella “legittimità” si fonda più che altro sull’aver ammazzato israeliani. La nostra massima aspirazione per il dopo-Arafat deve proprio essere qualcuno che ha cercato di essere più Arafat di Arafat? Noi speriamo che i palestinesi aspirino a qualcosa di meglio, ma certamente non dobbiamo aiutarli ad aspirare a qualcosa di peggio.

(Da: Jerusalem Post, 24.11.04)

Vedi anche:
Barghouti sfida l’autorita’ di Arafat (18.12.2000)

http://israele.net/prec_website/analisi/18120bar.html