Quel colpo di bianchetto sul nome di Hamas

Sebbene procedurale e temporanea, la cancellazione dalla lista europea dei gruppi terroristi ha regalato a Hamas una vittoria contro le forze moderate palestinesi

Editoriale del Jerusalem Post

Con tempismo impeccabile, la Corte dell’Unione Europea ha corretto un’illegittimità amministrativa circa l’inserimento di Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche proprio lo stesso giorno in cui il Parlamento Europeo approvava una risoluzione per il riconoscimento “in linea di principio” di uno stato palestinese.

I palestinesi hanno accolto entrambi gli eventi con premature espressioni di giubilo come dimostrazioni della crescente accettazione della loro posizione da parte della comunità internazionale, ignorando la dichiarazione in cui la stessa Corte europea dice che la cancellazione di Hamas è solo una questione procedurale che non avrà alcun effetto pratico. La Corte spiega infatti che la sua decisione “non implica alcuna valutazione nel merito della questione della classificazione di Hamas come gruppo terroristico”. La decisione era necessaria, afferma la Corte, perché la designazione da parte dell’Unione Europea si basava solo su notizie di stampa e non sugli elementi richiesti dalle procedure comunitarie. La cancellazione è in realtà sospesa per tre mesi durante i quali le autorità nazionali potranno impugnare la sentenza presentando prove appropriate della natura terroristica di Hamas in modo che l’organizzazione fondamentalista palestinese possa riprendere il suo giusto posto nella lista nera. Durante questo periodo i beni di Hamas rimarranno congelati dall’Unione Europea. Un certo numero di paesi europei ha già cominciato a fornire le prove adeguate.

Cionondimeno, in un mondo quotidianamente in lotta su quasi tutti i continenti contro il flagello del terrorismo, l’improvvisa volontà della Corte europea di rimettere ordine nei suoi atti circa una delle organizzazioni terroristiche più famose del mondo ha l’effetto in pratica di avallare il terrorismo e promuoverne la diffusione.

Probabilmente la Corte dovrebbe essere lodata per la sua diligenza in fatto di precisione giuridica, ma perché ripulire l’immagine di Hamas rispondendo proprio adesso al suo ricorso di quattro anni fa contro l’inserimento nella lista nera? E’ verso questi esiti che muove l’offensiva diplomatica palestinese (davvero offensiva): non verso l’indipendenza, ma verso la minimizzazione del terrorismo? C’è qualche giudice della Corte europea che ha davvero bisogno di maggiori prove che Hamas è un’organizzazione terroristica? I giudici non sono a conoscenza del fatto che solo di recente Hamas ha bombardato la popolazione civile israeliana con più di 4.000 razzi? E che nel farlo ha usato la propria popolazione come scudi umani? E che lo scorso giugno i suoi agenti hanno rapito e ucciso a sangue freddo tre adolescenti israeliani? E che un altro terrorista celebrato da Hamas come “santo martire” è morto mentre assassinava cinque persone in una sinagoga lo scorso novembre? Occorre ricordare che la decisione originaria di mettere Hamas sulla lista nera era stata presa nel 2003 dopo che Hamas aveva rivendicato l’uccisione di 23 civili innocenti in un attentato contro un autobus nel quartiere Shmuel Hanavi di Gerusalemme?

Gaza, 22 agosto 2014

Gaza, 22 agosto 2014

Ovviamente gli israeliani non sono influenzati dalla confusione morale dell’Europa in materia di Hamas. Come ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu commentando la decisione della Corte, “l’onere della prova spetta all’Unione Europea e ci aspettiamo che rimettano immediatamente Hamas nella lista in cui tutti si rendono conto che deve stare. Hamas è un’organizzazione terroristica assassina il cui statuto afferma esplicitamente l’obiettivo di distruggere Israele e gli ebrei. Noi continueremo a combatterla con forza e determinazione affinché non possa mai realizzare questi suoi obiettivi”.

Ma la lotta sarà più dura, per Israele, se la decisione della Corte dovesse indicare un’inversione di rotta nella consolidata politica dell’Europa. Vi sono soggetti all’interno dell’Unione Europea che si domandano se l’Europa debba continuare a sostenere la politica dell’Occidente che si rifiuta di trattare con Hamas finché questa non riconosce Israele, abbandona il terrorismo e rispetta gli accordi finora sottoscritti fra israemiani a palestinesi. In effetti un numero crescente di politici, funzionari e rappresentanti europei appare motivato da sentimenti anti-israeliani di dubbia matrice e da una fede ingenua, ancorché “politicamente corretta”, nell’assoluta buona volontà dei palestinesi nonostante le abbondanti dimostrazioni di istigazione alla violenza e di attacchi terroristici.

Come ha detto Ronald S. Lauder, presidente del Congresso Mondiale Ebraico, la cancellazione “ha regalato a Hamas una grande vittoria morale rafforzandola contro le forze più moderate nei territori palestinesi. Ed è particolarmente paradossale – ha aggiunto Lauder – che proprio oggi, quando non solo paesi occidentali come il Canada e gli Stati Uniti, ma anche paesi arabi moderati come l’Egitto e la Giordania considerano Hamas un gruppo terroristico, non la consideri più tale l’Unione Europea”.

Il corso imboccato dall’Autorità Palestinese per ottenere l’indipendenza rischia di confermare sempre più che si possono conseguire obiettivi politici mediante il terrorismo. Ma non ci sono rettifiche procedurali, né mosse unilaterali, né dichiarazioni propagandistiche che possano porre fine e un conflitto che puo’ essere risolto soltanto attraverso il negoziato diretto fra le parti.

(Da: Jerusalem Post, 18.12.14)