Quella sinistra europea che non vuole vedere (né capire)

Non vi è differenza tra negare agli ebrei i diritti individuali, come fa l’antisemitismo, e negare agli ebrei il diritto di definire e gestire se stessi come collettivo, come fa l’antisionismo

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Durante lo scorso fine settimana la Gran Bretagna si è trovata in subbuglio: non era più possibile nascondere la vergogna, l’antisemitismo ha rialzato la testa e l’ha fatto dentro ai bastioni della sinistra.

Non che fossero mancati chiari segnali, ma evidentemente è più comodo vivere rifiutandosi di vedere la realtà. Ad esempio il fatto che Ken Livingstone, l’ex sindaco di Londra ora sospeso dal partito laburista perché al centro dell’attuale trambusto, avesse ufficialmente ospitato il predicatore islamico antisemita Yusuf al-Qaradawi. Alcuni musulmani lo avevano messo in guardia spiegando che una scelta di questo genere avrebbe incoraggiato altri estremisti islamici. Ma lui non si è smosso di un centimetro. Al-Qaradawi, gli spiegarono, è un antisemita e un sostenitore di Hitler, ma lui non se n’è curato. Perché, dunque, stupirsi se ora Livingstone va avanti sulla stessa strada?

L’ondata oggi in corso è iniziata quando a febbraio Alex Chalmers, allora presidente del Club laburista dell’Università di Oxford, si è dimesso in segno di protesta a causa dei segnali antisemiti che avevano iniziato ad emergere tra i soci del sodalizio. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata la decisione del club di sostenere la cosiddetta “settimana contro l’apartheid israeliano”, producendo ulteriore sostegno a Hamas e nuovi docenti pronti a propagare la retorica anti-ebraica.

L’allora sindaco di Londra Ken Livingstone con il chierico islamista Yusuf al-Qaradawi nel 2004

L’allora sindaco di Londra Ken Livingstone con il predicatore islamista Yusuf al-Qaradawi nel 2004

Ma tutto questo non arrivava sui titoli di prima pagina e gli editoriali di giornali come il Guardian, quando hanno iniziato a occuparsene, hanno cercato barcamenarsi nella distinzione fra ciò che considerano antisemitismo e ciò che considerano anti-sionismo, ovviamente intendendo quest’ultimo come perfettamente legittimo. Ma proprio qui sta la prova che gran parte della sinistra britannica (europea?), nella sua attuale incarnazione, vive nella negazione della realtà. Nella realtà, infatti, non vi è alcuna differenza tra negare agli ebrei i diritti individuali, che è la base dell’antisemitismo, e negare agli ebrei il diritto di definire se stessi come un collettivo, che è il fondamento dell’anti-sionismo. E non vi è alcuna differenza tra demonizzare e calunniare singoli ebrei, e demonizzare e calunniare lo stato ebraico.

Naturalmente bisogna distinguere fra le legittime critiche alle politiche messe in atto da questo o quel governo israeliano, e la negazione del diritto di Israele ad esistere; così come occorre distinguere fra critica e demonizzazione. Ma gran parte della sinistra incontra grosse difficoltà a operare queste distinzioni, se mai ci prova, e infatti è da tempo che ha superato ogni limite in materia. E non si venga a parlare di occupazione quando i sostenitori dell’attuale retorica anti-sionista e anti-semita non si schierano contro gli insediamenti, ma a favore di Hamas e Hezbollah.

E non stiamo parlando di frange estremiste: stiamo parlando della storia dell’attuale leader del partito laburista britannico, Jeremy Corbyn, che allo stato attuale incontra qualche difficoltà a gestire la crisi antisemita che affligge il suo partito, e che continua a sostenere di essere contro ogni forma di razzismo, antisemitismo compreso, mentre non ha mai ritrattato la sua simpatia pubblicamente dichiarata per Hamas e Hezbollah, due organizzazioni votate all’annientamento degli ebrei.

Jeremy Corbyn ad una manifestazione "anti-sionista"

Jeremy Corbyn (al centro) ad una manifestazione “anti-sionista”

Ma tutto dipende da quello che fa Israele, potrebbero obiettare alcuni membri della sinistra europea. Vero, solo che non si tratta dell’Israele reale bensì dell’Israele fittizio che loro stessi hanno deciso di rappresentare: una “comunità che assassina i bambini”, ha scritto Mark Steel sull’Independent. Se Israele è questo, certo che allora non ha diritto di esistere. Ma Israele non è questo. Questa è una classica calunnia del sangue che riecheggia quelle medioevali sugli ebrei assassini di bambini. Tanto per dire, nel primo anno dell’invasione anglo-americana dell’Iraq sono morti più bambini, in termini assoluti e relativi, che durante tutti gli anni del conflitto arabo-israeliano. Ma Steel e i pari suoi preferiscono dipingere di Israele come un “assassino di bambini”, continuando candidamente a sostenere che il loro anti-sionismo non è antisemitismo.

E si pensi alla prestigiosa rivista medica britannica The Lancet, che ha offerto un pulpito a dichiarati antisemiti mascherati da attivisti per i diritti umani, nonostante il loro materiale provenisse dall’antisemita di estrema destra David Duke.

La notizia buona è che, se non altro, si è avviato un dibattito in cui si sentono anche voci lucide e coraggiose. Ma è solo l’inizio. Non è affatto certo se la sinistra britannica riuscirà a capire che demonizzare Israele in modo sistematico e pregiudiziale e negare agli ebrei, e solo agli ebrei, il diritto di definire se stessi come collettivo dotato del diritto all’autodeterminazione nazionale, costituisce la base su cui germoglia e cresce il rinnovato antisemitismo. Questa consapevolezza è ancora lontana dall’essere assimilata e dunque la strada che la sinistra ha da fare su questo tema appare ancora lunga e problematica.

(Da: YnetNews, 2.5.16)