“Quell’infame assassino non è mio prigioniero personale”

Nobile lettera della donna la cui famiglia fu massacrata dal terrorista che Israele ha accettato di scarcerare

image_2167“E’ molto difficile, per me, essere qui oggi. Ma sono qui, nonostante la difficoltà. I rapimenti di ostaggi causano dolore e tormento continui per tutti coloro che ne sono coinvolti”.
Ha esordito così Smadar Haran in una conferenza stampa tenuta domenica, mentre il governo israeliano votava sulla proposta di scarcerare Samir Kuntar, il terrorista che nel 1979 assassinò suo marito e le sue due bambine, in cambio della restituzione dei due soldati israeliani sequestrati su territorio israeliano 718 giorni fa e da allora tenuti in ostaggio in Libano da terroristi Hezbollah.
“La cinica tattica del segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah – ha continuato Haran – è quella di usare le sue vittime per provocare divisione, per lacerare l’opinione pubblica e usare i mass-media israeliani come megafono per le sue manipolazioni. Per questo motivo ho deciso di non rispondere. Non intendo farmi usare da loro. Ciò non fa che alzare il prezzo che l’altra parte pretende”.
La signora Haran ha poi continuato: “Io non ho il monopolio del dolore, della sofferenza o della giustizia. Questa per me è una prova orribile e cerco di raccogliere tutte le mie forze per reggerla. Venendo qui, mi sono fermata sulle tombe dei miei famigliari. Il mio cuore si spezza al pensiero che il loro assassino sta per essere scarcerato. Questo per me è un giorno veramente triste e doloroso”.

Durante la riunione del governo di domenica, il ministro della sicurezza interna Avi Dichter ha mostrato una lettera scritta da Smadar Haran nella quale la donna dice che non intende opporsi al rilascio di Kuntar.
“Il vile, infame omicida Samir Kuntar – scrive la Haran – non è e non è mai stato un mio prigioniero privato. Kuntar è detenuto dallo Stato di Israele, che lo ha condannato a cinque ergastoli per i suoi spregevoli crimini. Ora la sua sorte deve essere decisa in funzione delle necessità di sicurezza di Israele e del rispetto dei valori morali, secondo gli interessi del popolo d’Israele, oggi e in futuro. Vi chiedo di non tener conto del mio dolore personale nel momento in cui dovete deliberare, nonostante il suo significato e le sue implicazioni. Io non posso ignorare il dolore e la sofferenza delle famiglie Goldwasser e Regev – conclude la Haran – né il debito morale che ho con tutti coloro che si sono adoperati per la mia sicurezza. Ho riflettuto a lungo su questo tema e, per quanto possa essere dura, non mi opporrò a qualunque decisione verrà presa dal governo. Indipendentemente da quanto potrà essere dura, la mia coscienza è in pace”.

(Da: YnetNews, 29.06.08)

Nella foto in alto: Smadar Haran